Ordinanza n. 163 del 2002

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ORDINANZA N.163

ANNO 2002

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare RUPERTO, Presidente

- Massimo VARI

- Riccardo CHIEPPA

- Valerio ONIDA

- Carlo MEZZANOTTE

- Fernanda CONTRI

- Guido NEPPI MODONA

- Piero Alberto CAPOTOSTI

- Annibale MARINI

- Franco BILE

- Giovanni Maria FLICK

- Francesco AMIRANTE

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 8, secondo comma, del regio decreto-legge 27 novembre 1933, n. 1578 (Ordinamento delle professioni di avvocato e di procuratore), convertito, con modificazioni, nella legge 22 gennaio 1934, n. 36, promosso con ordinanza emessa il 21 dicembre 2000 dal Tribunale di Trento - sezione distaccata di Borgo Valsugana - nel procedimento civile vertente tra l'Albergo "Al Bivio" s.a.s. e Doff Sotta Maria ed altre, iscritta al n. 283 del registro ordinanze 2001 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 17, prima serie speciale, dell’anno 2001.

Visti l'atto di costituzione di Gadenz Luca, nonchè quello di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 30 gennaio 2002 il Giudice relatore Riccardo Chieppa.

Ritenuto che, nel corso di un giudizio di usucapione - instaurato da una società con atto di citazione sottoscritto come difensore dal dott. Luca Gadenz, praticante avvocato abilitato al patrocinio ed iscritto nel registro speciale dei praticanti tenuto dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Venezia -, il Tribunale di Trento, sezione distaccata di Borgo Valsugana, ha sollevato, con ordinanza decisa il 21 dicembre 2000 e depositata il 20 febbraio 2001, questione di legittimità costituzionale dell’art. 8, secondo comma, del regio decreto-legge 27 novembre 1933, n. 1578 (Ordinamento delle professioni di avvocato e di procuratore), convertito, con modificazioni, nella legge 22 gennaio 1934, n. 36;

che, secondo l’anzidetta ordinanza, la norma denunciata, stabilendo che i praticanti abilitati al patrocinio possono esercitare la loro attività soltanto davanti ai tribunali del distretto, nel quale é compreso l’ordine circondariale che ha la tenuta del registro, si porrebbe in contrasto con l’art. 3 della Costituzione per la ingiustificata disparità di trattamento creata tra avvocati e praticanti abilitati; la differenza tra le due figure professionali se può, secondo il giudice rimettente, giustificare che l’attività di questi ultimi sia qualitativamente limitata alla trattazione delle cause c.d. ex pretorili e temporalmente circoscritta alla durata di sei anni, non sarebbe, invece, idonea a giustificare la limitazione territoriale della medesima attività; ciò soprattutto a seguito dell’entrata in vigore della legge 24 febbraio 1997, n. 27 (Soppressione dell’albo dei procuratori legali e norme in materia di esercizio della professione forense) che ha parificato la figura dei procuratori legali a quella degli avvocati, eliminando il preesistente vincolo territoriale previsto a carico dei primi, nonchè dell’art. 16 della legge 21 dicembre 1999, n. 526 (Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee - legge comunitaria 1999) che ha abrogato l’obbligo di residenza nella città ove ha sede l’ordine di appartenenza;

che la predetta restrizione territoriale non potrebbe neanche essere spiegata, continua il giudice rimettente, alla luce della necessità di consentire un controllo da parte del professionista, presso il quale viene svolta la pratica forense, ovvero da parte del Consiglio dell’ordine di appartenenza;

che la possibilità di ottenere l’abilitazione al patrocinio dimostra che il controllo dell’avvocato non costituirebbe un dato indefettibile, potendo, in ogni modo, essere, di fatto, esercitato anche rispetto all’attività svolta dal praticante al di fuori del distretto; la vigilanza del Consiglio dell’ordine, sempre secondo il giudice a quo, potrebbe anch’essa estendersi alla predetta attività, servendosi di eventuali segnalazioni provenienti dagli altri Consigli o direttamente dalle autorità giurisdizionali interessate;

che la rilevanza della questione di legittimità costituzionale sollevata deriverebbe, osserva il giudice a quo, dal fatto che: a) il praticante avvocato é iscritto nel registro speciale tenuto dal Consiglio dell’ordine presso il Tribunale di Venezia, mentre il Tribunale adìto fa parte del distretto della Corte d’appello di Trento; b) gli atti processuali sottoscritti da procuratore esercitante extra districtum sarebbero, secondo un costante orientamento giurisprudenziale, insanabilmente nulli;

che é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sollevata venga dichiarata infondata;

che si é costituito il dott. Luca Gadenz, patrocinatore nel giudizio a quo, il quale, in via preliminare, afferma di avere un interesse personale all’esito del giudizio di costituzionalità, destinato ad incidere sulla sua posizione professionale, sotto il profilo disciplinare e penale; nel merito chiede l’accoglimento della questione sollevata, riportandosi alle argomentazioni contenute nell’ordinanza di rimessione, rilevando, inoltre, la incompatibilità con il c.d. diritto di stabilimento, che regola le attività economiche nell’ambito della Unione europea, di qualunque sbarramento territoriale, il quale, tra l’altro, creerebbe situazioni "di disparità casuale legata alla confinazione territoriale";

che il dott. Gadenz ha depositato, nella imminenza della camera di consiglio, una memoria integrativa, nella quale si sostiene la propria legittimazione e si insiste per la irragionevolezza del vincolo territoriale, che, peraltro, sarebbe stato eliminato.

Considerato che preliminarmente deve essere dichiarata la inammissibilità della costituzione del dott. Gadenz, che non era parte nel giudizio a quo, ma semplice difensore della società attrice in base a procura con conferimento di ius postulandi avanti al Tribunale di Trento;

che l’ordinanza di rimessione é basata sull’erroneo presupposto della esigenza - sul piano costituzionale - di identità di trattamento, per quanto riguarda l’ambito territoriale dell’attività avanti ad organi giurisdizionali (tribunali del distretto nel quale é compreso l’ordine circondariale, che ha la tenuta del registro in cui é iscritto il praticante), tra praticante avvocato e avvocato;

che la scelta limitativa per i praticanti rientra nella discrezionalità del legislatore, che si basa su una valutazione - nè manifestamente irragionevole nè palesemente arbitraria - collegata alla differenza di status del praticante, semplice laureato in giurisprudenza, iscritto in un registro speciale, svolgente temporaneamente la pratica prevista dall’ordinamento professionale (r.d.l. 27 novembre 1933, n. 1578), ed ammesso, con limitazioni, ad esercitare il patrocinio, in attesa di sostenere e superare gli esami per l’abilitazione all’esercizio professionale (art. 33, quinto comma, della Costituzione);

che il conseguimento dell’abilitazione professionale, collegato all’iscrizione nell’albo professionale, attribuisce la qualificazione piena e permanente per l’attività di avvocato, mentre il periodo di pratica forense é, per quanto riguarda l’esercizio del patrocinio, limitato nell’attività professionale e nel tempo (dopo un anno di iscrizione nel registro e per non più di sei anni: art. 8 del r.d.l. n. 1578 del 1933; art. 10 della legge 27 giugno 1988, n. 242, recante "Modifiche alla disciplina degli esami di procuratore legale") ed é sottoposto ad una particolare vigilanza del Consiglio dell’ordine di appartenenza (art. 14, lettera c, del r.d.l. n. 1578 del 1933) e a speciali adempimenti - attinenti alla frequenza di uno studio di avvocato e all’esercizio del patrocinio (art. 17, numero 5, del r.d.l. n. 1578 del 1933; artt. 8 e 10 del r.d. 22 gennaio 1934, n. 37 recante "Norme integrative e di attuazione del r.d.l. 27 novembre 1933, n. 1578 sull’ordinamento della professione di avvocato e di procuratore"; d.P.R. 10 aprile 1990, n. 101, recante "Regolamento relativo alla pratica forense per l’ammissione all’esame di procuratore legale") - collegati a poteri del Consiglio dell’ordine presso il quale sono iscritti per la pratica e il patrocinio provvisorio (art. 4 del d.P.R. n. 101 del 1990);

che é opportuno sottolineare che non si afferma - sempre sul piano costituzionale - che la scelta effettuata dal legislatore sia obbligata, potendo il tirocinio e l’abilitazione provvisoria (anche per gli effetti sui procedimenti giurisdizionali) essere diversamente modulati dal legislatore stesso, per quanto riguarda l’attività e l’ambito territoriale in cui operano i praticanti avvocati ammessi al patrocinio, sempre nei limiti della ragionevolezza e del rispetto delle esigenze del tirocinio e della tutela degli utenti della professione;

che, inoltre, il legislatore ha continuato (art. 7 della legge 16 dicembre 1999, n. 479 recante "Modifiche alle disposizioni sul procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica e altre modifiche al codice di procedura penale. Modifiche al codice penale e all'ordinamento giudiziario. Disposizioni in materia di contenzioso civile pendente, di indennità spettanti al giudice di pace e di esercizio della professione forense" e art. 246 del d.lgs. 19 febbraio 1998, n. 51 recante "Norme in materia di istituzione del giudice unico di primo grado", con affermazione dell’applicazione "fino a quando non sarà attuata la complessiva riforma della professione forense") a fare riferimento - pur con variazione della tipologia degli affari in cui é ammessa l'attività professionale dei praticanti - alla norma denunciata, anche dopo la intervenuta unificazione delle professioni e degli albi dei procuratori legali e degli avvocati (legge 24 febbraio 1997, n. 27);

che detta legge del 1997 non ha innovato sulla posizione dei praticanti ammessi al patrocinio, se non nel senso che la loro attività resta di tirocinio propedeutico e di formazione rispetto all’unica professione ormai esistente, sono, cioé, praticanti avvocati, titolari di uno status abilitativo provvisorio, limitato e temporaneo, giustificato (cfr. sentenze n. 5 del 1999; n. 127 del 1985; ordinanza n. 75 del 1999) da apprezzabili esigenze di tirocinio; status ben differente rispetto a chi ha ottenuto "l’abilitazione all’esercizio professionale" all'esito di un esame di Stato e all'iscrizione nell’albo di avvocato;

che di conseguenza il praticante avvocato, che in Italia esercita provvisoriamente il limitato patrocinio (in vista degli esami da affrontare) in base all’ordinamento nazionale della professione di avvocato, non può essere, neppure, comparato con l’avvocato proveniente da altro Stato comunitario ed invocare l’incompatibilità di sbarramenti territoriali con il c.d. diritto di stabilimento;

che, pertanto, la questione risulta manifestamente infondata in relazione all'indicato parametro dell'art. 3 della Costituzione.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi avanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 8, secondo comma, del regio decreto-legge 27 novembre 1933, n. 1578 (Ordinamento delle professioni di avvocato e di procuratore), convertito, con modificazioni, nella legge 22 gennaio 1934, n. 36, sollevata, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, dal Tribunale di Trento - sezione distaccata di Borgo Valsugana - con ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 aprile 2002.

Cesare RUPERTO, Presidente

Riccardo CHIEPPA, Redattore

Depositata in Cancelleria il 7 maggio 2002.