Ordinanza n. 130 del 2002

 CONSULTA ONLINE 

ORDINANZA N.130

ANNO 2002

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Massimo VARI, Presidente

- Riccardo CHIEPPA

- Gustavo ZAGREBELSKY

- Valerio ONIDA

- Carlo MEZZANOTTE

- Guido NEPPI MODONA

- Piero Alberto CAPOTOSTI

- Annibale MARINI

- Franco BILE

- Giovanni Maria FLICK

- Francesco AMIRANTE

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 13, numero 2 (recte: comma 2), della legge 22 luglio 1997, n. 276 (Disposizioni per la definizione del contenzioso civile pendente: nomina di giudici onorari aggregati e istituzione delle sezioni stralcio nei tribunali ordinari), in relazione all’art. 292 del codice di procedura civile, promosso con ordinanza emessa il 21 novembre 2000 dal Tribunale di Roma nel procedimento civile D’Ortenzi Giuseppe contro Artipoli Andrea, iscritta al n. 317 del registro ordinanze 2001 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 18, prima serie speciale, dell’anno 2001.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 13 marzo 2002 il Giudice relatore Annibale Marini.

Ritenuto che il Tribunale di Roma, con ordinanza del 21 novembre 2000, ha sollevato, in riferimento agli artt. 24, secondo comma, 101, secondo comma, e 111, primo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 13, numero 2 (recte: comma 2), della legge 22 luglio 1997, n. 276 (Disposizioni per la definizione del contenzioso civile pendente: nomina di giudici onorari aggregati e istituzione delle sezioni stralcio nei tribunali ordinari), - in relazione al disposto dell’art. 292 del codice di procedura civile - nella parte in cui non prevede la notificazione (recte: comunicazione) al convenuto contumace del provvedimento che dispone la convocazione delle parti per l’esperimento del tentativo di conciliazione;

che, secondo il giudice a quo, stante la mancata previsione, nella elencazione tassativa degli atti da comunicare al contumace, contenuta nell’art. 292 del codice di procedura civile, del provvedimento di cui alla norma censurata, quest’ultima dovrebbe essere interpretata come riguardante le sole "parti costituite";

che, così interpretata, la norma risulterebbe, tuttavia, lesiva sia del principio del giusto processo sancito dall’art. 111 della Costituzione che di quello, ad esso connesso, di legalità di cui all’art. 101, secondo comma, della Costituzione, non potendo il giudice esperire il previsto tentativo di conciliazione a causa della mancata comunicazione al contumace del provvedimento di convocazione delle parti;

che sarebbe, altresì, violato l’art. 24, secondo comma, della Costituzione essendo il contumace privato, per effetto della mancata comunicazione di cui sopra, del potere di avvalersi di un mezzo processuale il cui esperimento potrebbe consentire una definizione immediata del contenzioso;

che é intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dalla Avvocatura generale dello Stato, il quale ha concluso per la declaratoria di infondatezza della questione;

che, in particolare, la difesa pubblica osserva che correttamente l’art. 292 del codice di procedura civile non prevede l’obbligo di notificare (recte: comunicare) al contumace l’ordinanza con cui é disposto il tentativo di conciliazione, dato che le garanzie apprestate al contumace concernono solamente o atti suscettibili di mutare l’ambito del processo, quali domande nuove o riconvenzionali, ovvero atti istruttori che possano concretamente influire sul convincimento del giudice o sulla decisione della causa (interrogatorio o giuramento);

che, secondo l’interveniente, il contumace (tale per sua scelta) potrebbe comunque, attraverso un accesso alla Cancelleria del giudice procedente, conoscere la data fissata per l’esperimento del tentativo di conciliazione, obbligatoriamente previsto dall’art. 13, comma 2, della legge n. 279 del 1997;

che, comunque, il tentativo di conciliazione non sarebbe un mezzo di difesa della parte processuale, essendo, invece, finalizzato alla soddisfazione del generale interesse alla composizione delle liti ed allo smaltimento del contenzioso arretrato.

Considerato che la questione di costituzionalità sollevata dal Tribunale di Roma riguarda l’art. 13, comma 2, della legge 22 luglio 1997, n. 276 (Disposizioni per la definizione del contenzioso civile pendente: nomina di giudici onorari aggregati e istituzione delle sezioni stralcio nei tribunali ordinari), nella parte in cui - nei giudizi civili di competenza delle sezioni stralcio, già rimessi al collegio ai sensi dell’art. 189 del codice di procedura civile alla data di entrata in funzione delle medesime, ma non ancora assunti in decisione - non consentirebbe la notificazione (recte: comunicazione) al convenuto contumace del provvedimento con il quale il giudice istruttore designato per la prosecuzione del giudizio convoca le parti dinanzi a sè per l’esperimento del tentativo di conciliazione;

che il giudice a quo ritiene che la norma censurata sia ostativa della possibilità di procedere alla comunicazione al contumace del provvedimento di convocazione delle parti per l’esperimento del tentativo di conciliazione;

che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, dinanzi ad una scelta interpretativa suscettibile di determinare un contrasto fra la norma censurata e la Costituzione, l’interprete deve cercarne una diversa che eviti il supposto conflitto (cfr. sentenza n. 242 del 1999; ordinanze n. 3 del 2002 e n. 158 del 2000), dato che le leggi non si dichiarano costituzionalmente illegittime perchè é possibile darne interpretazioni incostituzionali, ma perchè é impossibile darne di costituzionali (cfr., fra le molte, sentenza n. 200 del 1999);

che, ad avviso del rimettente, una interpretazione della norma censurata nel senso che la convocazione delle parti per l’esperimento del tentativo di conciliazione debba essere comunicata anche al contumace, pur conforme a Costituzione oltre che alla lettera della norma, sarebbe tuttavia preclusa dalla mancata inclusione di tale atto nell’elencazione tassativa di quelli che, a norma dell’art. 292 del codice di procedura civile, devono essere comunicati al contumace;

che il supposto impedimento alla suddetta interpretazione é, invece, inesistente in quanto l’art. 292 del codice di procedura civile, attesa la sua anteriorità alla norma censurata, non avrebbe potuto evidentemente riferirsi a quest’ultima;

che risulta, invece, del tutto conforme ai principi che regolano la successione delle leggi nel tempo ritenere l’art. 292 cod. proc. civ. tacitamente modificato dalla norma impugnata con la previsione di un ulteriore atto da comunicare al contumace, rappresentato dal provvedimento di convocazione delle parti per l’esperimento del tentativo di conciliazione;

che, pertanto, la questione va dichiarata manifestamente infondata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 89, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 13, comma 2, della legge 22 luglio 1997, n. 276 (Disposizioni per la definizione del contenzioso civile pendente: nomina di giudici onorari aggregati e istituzione delle sezioni stralcio nei tribunali ordinari), sollevata, in riferimento agli artt. 24, secondo comma, 101, secondo comma, e 111, primo comma, della Costituzione dal Tribunale di Roma, con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'11 aprile 2002.

Massimo VARI, Presidente

Annibale MARINI, Redattore

Depositata in Cancelleria il 22 aprile 2002.