Ordinanza n. 107 del 2002

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ORDINANZA N. 107

ANNO 2002

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare RUPERTO, Presidente

- Massimo VARI

- Riccardo CHIEPPA

- Gustavo ZAGREBELSKY

- Valerio ONIDA

- Carlo MEZZANOTTE

- Fernanda CONTRI

- Guido NEPPI MODONA

- Piero Alberto CAPOTOSTI

- Franco BILE

- Giovanni Maria FLICK

- Francesco AMIRANTE

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 81, comma 9, ultimo periodo, della legge 23 dicembre 1998, n. 448 (Misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo – legge finanziaria 1999) promosso con ordinanza emessa il 18 maggio 2000 dal Tribunale di Parma nel procedimento civile vertente tra il Consorzio Installatori Riparatori Impianti Elettrici ed Elettronici e l’INPS ed altro, iscritta al n. 436 del registro ordinanze 2000 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 30, prima serie speciale, dell’anno 2000.

Visti l’atto di costituzione dell’INPS nonchè l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 15 gennaio 2002 il Giudice relatore Fernanda Contri;

udito l’avvocato Fabio Fonzo per l’INPS e l’avvocato della Stato Giuseppe Stipo per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto che il Tribunale di Parma, in funzione di giudice del lavoro, con ordinanza del 18 maggio 2000, ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., dell’art. 81, comma 9, ultimo periodo, della legge 23 dicembre 1998, n. 449 (rectius: n. 448) (Misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo – legge finanziaria 1999), nella parte in cui prevede che sulle somme da rimborsare da parte degli enti impositori e versate a seguito di condono previdenziale, a seconda dell’esito del contenzioso, "non sono comunque dovuti interessi";

che il rimettente é investito dell'esame di un ricorso promosso dal Consorzio Installatori Riparatori Impianti Elettrici ed Elettronici (CIRIEE) – Soc. coop. a r.l. contro l’INPS e contro l’INAIL, rivolto ad ottenere la restituzione dei contributi e premi indebitamente versati nell’erroneo presupposto di essere tenuto a corrispondere i maggiori contributi e premi propri del settore industria;

che il giudice, con sentenza non definitiva del 29 marzo 2000, n. 454, dopo aver dichiarato che il consorzio ricorrente va inquadrato, ai fini delle agevolazioni contributive, fra le imprese artigiane previste dalla legge, condannava gli istituti convenuti alla restituzione dei contributi e premi indebitamente versati a seguito della domanda di condono contributivo in data 30 aprile 1993;

che la condanna al pagamento delle somme di cui alla citata sentenza fa riferimento al solo capitale e non anche agli interessi pure richiesti dal consorzio ricorrente, non avendo il giudice pronunciato sugli accessori del credito impugnato in quanto l’art. 81, comma 9, ultimo periodo, della legge 23 dicembre 1998, n. 448 stabilisce che, in materia di condono previdenziale, "sulle eventuali somme da rimborsare da parte degli enti impositori, a seguito degli esiti del contenzioso, non sono comunque dovuti interessi";

che, secondo il giudice a quo, la rilevanza della questione sollevata discenderebbe dalla circostanza che il consorzio ricorrente ha chiesto la corresponsione degli interessi e la domanda dovrebbe essere respinta, avendo la norma impugnata escluso la debenza di una qualsiasi somma a titolo di interessi sui rimborsi di contributi versati a seguito di condono, e di accertamento negativo dell’obbligo contributivo;

che al giudice rimettente la disciplina impugnata appare in contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., in quanto gravemente e ingiustificatamente discriminatoria non solo rispetto alla disciplina generale della restituzione di contributi previdenziali indebitamente versati, ma anche rispetto alla disciplina generale dell’indebito oggettivo, ex art. 2033 c.c., da considerarsi come primario tertium comparationis;

che la violazione dei su richiamati parametri costituzionali deriverebbe dall’ingiustificata esclusione degli interessi legali che dovrebbero decorrere dalla data della domanda amministrativa nell’ipotesi di tardiva restituzione, da parte dell’INPS, di contributi previdenziali indebitamente versati;

che, sul punto, il Tribunale di Parma richiama la sent. n. 417 del 1998 di questa Corte, nella quale, in materia di contributi indebitamente versati all’INPS da artigiani, da restituire senza corresponsione di interessi a norma dell’art. 7, ultimo comma, legge n. 463 del 1959, si é affermato che "il vulnus recato al principio di eguaglianza dalla disciplina impugnata deriva non già dall’esclusione degli interessi legali, bensì dall’esclusione totale di interessi, che la disciplina impugnata non riconosce neppure in misura ridotta";

che si é costituito in giudizio l'INPS per chiedere che la questione sollevata sia dichiarata inammissibile o, in ogni caso, infondata;

che, ad avviso dell'INPS, per poter affermare la rilevanza della dedotta questione di legittimità costituzionale, l'ordinanza di rimessione doveva dar conto della ricorrenza, nel caso di specie, dei presupposti di fatto previsti dal predetto art. 81, comma 9, e cioé, in particolare, della corretta e tempestiva apposizione della clausola di riserva da parte della società istante, al momento in cui la stessa presentò all'INPS la domanda di condono previdenziale;

che, dunque, la norma ricavabile dall’art. 81, comma 9, della legge 23 dicembre 1998, n. 448 non riguarderebbe ogni caso di condono previdenziale, ma solo quella particolare fattispecie caratterizzata dall’apposizione di una clausola di riserva di ripetizione all’esito del giudizio instaurato o istaurando;

che, nel merito, a giudizio dell'INPS, la questione sarebbe in ogni caso infondata, in quanto la prevista esclusione degli interessi, ad opera della norma impugnata, sarebbe frutto di discrezionalità legislativa non trasmodante in irrazionalità, contemperando diverse esigenze giuridicamente rilevanti, una delle quali é rappresentata dall'equilibrio finanziario e organizzativo degli enti;

che é intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, contestando, in particolare, che vi sia quell’omogeneità di situazioni da regolare legislativamente in modo uniforme e coerente, che consentirebbe, ai fini della applicazione del principio di eguaglianza, l’utilizzazione, come tertium comparationis, delle norme che riguardano altre ipotesi di somme versate indebitamente a titolo di contributi previdenziali;

che, a giudizio della difesa erariale, il mancato riconoscimento degli interessi sulle somme eventualmente da ripetere agli esiti del contenzioso risponderebbe a criteri di equità e sarebbe coerente sotto il profilo logico-giuridico, in quanto non si comprenderebbe quale utilità possa avere l’ente creditore nel ricevere a tacitazione della sua pretesa una somma ridotta rispetto a quella che sarebbe dovuta in mancanza di condono, se poi la somma deve essere restituita con l’aggiunta dei frutti e degli interessi legali dalla domanda di restituzione dell’indebito.

Considerato che il giudice a quo dubita – in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione - della legittimità costituzionale dell’art. 81, comma 9, ultimo periodo, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, nella parte in cui prevede che sulle somme da rimborsare da parte degli enti impositori e versate a seguito di condono previdenziale, a seconda dell’esito del contenzioso, "non sono comunque dovuti interessi";

che l’art. 81, comma 9, della legge 23 dicembre 1998, n. 448 esclude la corresponsione di interessi per l’ipotesi del rimborso di somme indebitamente versate a seguito di condono previdenziale, facendo riferimento alla clausola di riserva di ripetizione apposta alla domanda di condono;

che l’ordinanza di rimessione non contiene alcuna indicazione sull’apposizione o meno della suddetta clausola da parte della società istante, omettendo qualsiasi indagine in ordine alla possibile applicazione della norma anche in assenza di siffatto presupposto;

che la motivazione sulla rilevanza della questione sollevata appare insufficiente a causa della inadeguata descrizione della fattispecie concreta, non consentendo a questa Corte il necessario controllo sulla sussistenza di tale condizione di proponibilità;

che, pertanto, la questione deve essere dichiarata manifestamente inammissibile.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 81, comma 9, ultimo periodo, della legge 23 dicembre 1998, n. 448 (Misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo – legge finanziaria 1999), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal Tribunale di Parma, con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 aprile 2002.

Cesare RUPERTO, Presidente

Fernanda CONTRI, Redattore

Depositata in Cancelleria il 12 aprile 2002.