Ordinanza n. 103 del 2002

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ORDINANZA N. 103

ANNO 2002

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Massimo VARI, Presidente

- Riccardo CHIEPPA

- Gustavo ZAGREBELSKY

- Valerio ONIDA

- Carlo MEZZANOTTE

- Fernanda CONTRI

- Guido NEPPI MODONA

- Piero Alberto CAPOTOSTI

- Annibale MARINI

- Franco BILE

- Giovanni Maria FLICK

- Francesco AMIRANTE

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2, 3, 4, 8, 11 e 45 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 (Istituzione dell’imposta regionale sulle attività produttive, revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dell’Irpef e istituzione di una addizionale regionale a tale imposta, nonchè riordino della disciplina dei tributi locali), promosso con ordinanza emessa il 23 maggio 2000 e depositata il 19 dicembre 2000 dalla Commissione tributaria provinciale di Milano, iscritta al n. 495 del registro ordinanze 2001 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 26, prima serie speciale, dell’anno 2001; nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 3, commi 143 e 144, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), e degli artt. 1 e seguenti del decreto legislativo n. 446 del 1997, promossi con ordinanze emesse il 25 luglio 2000 (3 ordinanze) e depositate il 19 dicembre 2000 dalla Commissione tributaria provinciale di Milano, rispettivamente iscritte ai nn. 496, 497 e 498 del registro ordinanze 2001 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 26, prima serie speciale, dell’anno 2001; nel giudizio di legittimità costituzionale del decreto legislativo n. 446 del 1997 e del decreto del Ministro delle finanze 5 maggio 1998 (Condizioni in base alle quali fissare l’entità della riduzione dell’acconto dovuto ai fini dell’imposta regionale sulle attività produttive e quelle per la determinazione dell’imposta dovuta all’esercizio in corso al 1° gennaio 1998, ai sensi dell’art. 45, commi 3 e 4, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446), promosso con ordinanza emessa il 30 settembre 2000 e depositata il 9 ottobre 2000 dalla Commissione tributaria provinciale di Firenze, iscritta al n. 641 del registro ordinanze 2001 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 35, prima serie speciale, dell’anno 2001; nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 1, comma 2, 3, comma 1, lettera c), 5, commi 1 e 2, ultima parte, 11, comma 1, lettera c), 36, comma 3, e 45, comma 3, del decreto legislativo n. 446 del 1997, come modificato dal decreto legislativo 10 aprile 1998, n. 137, e dal decreto legislativo 19 novembre 1998, n. 422, promosso con ordinanza emessa il 25 novembre 1999 e depositata il 25 novembre 1999 dalla Commissione tributaria provinciale di Milano, iscritta al n. 709 del registro ordinanze 2001 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 38, prima serie speciale, dell’anno 2001; nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2, 3, 4, 36 e 45 del decreto legislativo n. 446 del 1997 nonchè dell’intero decreto legislativo n. 446 del 1997, promossi con ordinanze emesse il 4 aprile 2001 ed il 13 dicembre 2000 ed entrambe depositate il 4 aprile 2001 dalla Commissione tributaria provinciale di Treviso, iscritte ai nn. 872 e 873 del registro ordinanze 2001 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 43, prima serie speciale, dell’anno 2001; nel giudizio di legittimità costituzionale del decreto legislativo n. 446 del 1997, promosso con ordinanza emessa e depositata il 25 ottobre 2000 dalla Commissione tributaria provinciale di Isernia, iscritta al n. 911 del registro ordinanze 2001 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 45, prima serie speciale, dell’anno 2001.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 27 febbraio 2002 il Giudice relatore Annibale Marini.

Ritenuto che, con ordinanza del 23 maggio 2000, depositata il 19 dicembre 2000, la Commissione tributaria provinciale di Milano ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 23, 53 e 76 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2, 3, 4, 8 e 11 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 (Istituzione dell’imposta regionale sulle attività produttive, revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dell’Irpef e istituzione di una addizionale regionale a tale imposta, nonchè riordino della disciplina dei tributi locali), "nella parte in cui non si discriminano i lavoratori autonomi dagli imprenditori e viceversa, discriminano i lavoratori autonomi dai dipendenti", nonchè, nella sola parte motiva dell’ordinanza, dell’art. 45 del medesimo decreto legislativo;

che le norme denunciate violerebbero il principio di eguaglianza e, precludendo la deducibilità delle spese sostenute per dipendenti e collaboratori e di quelle per interessi passivi, sarebbero anche in contrasto con il principio di capacità contributiva garantito dall’art. 53 Cost.;

che l’art. 45 violerebbe il principio di riserva di legge in materia tributaria, rimettendo all’autorità amministrativa la determinazione dell’acconto di imposta;

che, con altre tre ordinanze, di contenuto analogo, emesse il 25 luglio 2000 e depositate il 19 dicembre 2000, la medesima Commissione tributaria provinciale di Milano ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 23, 35, 53 e 76 Cost., questione di legittimità costituzionale dell’art. 3, commi 143 e 144, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), "e per l’effetto degli artt. 1 e segg. del D. Lgs.vo 15-12-1997 n. 446";

che il giudice rimettente, in aggiunta ai profili evocati nella precedente ordinanza, assume che le norme denunciate, colpendo il valore aggiunto prodotto dal contribuente senza alcun riferimento al risultato economico dell’attività svolta, determinerebbero una "oggettivizzazione" del prelievo fiscale tale da violare il principio di capacità contributiva e penalizzare l’attività lavorativa autonoma, con conseguente violazione dell’art. 35 Cost.;

che, inoltre, l’aumento del carico tributario gravante sui soggetti produttori di reddito di lavoro autonomo, conseguente all’introduzione dell’Imposta regionale sulle attività produttive (IRAP), si porrebbe in contrasto con il criterio direttivo, contenuto nella legge delega, rappresentato dalla finalità di ridurre il costo del lavoro e il prelievo complessivo che grava sui redditi di lavoro autonomo, rendendo palese la violazione dell’art. 76 Cost.;

che, con ordinanza del 30 settembre 2000, depositata il 9 ottobre 2000, la Commissione tributaria provinciale di Firenze ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 23, 35, 53 e 77 Cost., questione di legittimità costituzionale del decreto legislativo n. 446 del 1997 "e per quanto occorrer possa del D.M. 5/5/98 emanato ai sensi dell’art. 45 c. 3 e 4 del predetto decreto legislativo", sulla base di considerazioni in larga parte coincidenti con quelle svolte nelle altre ordinanze di rimessione;

che, secondo il rimettente, la normativa denunciata contrasterebbe poi con gli evocati parametri costituzionali anche nella parte in cui non consente la deduzione dell’imposta dalla base imponibile ai fini delle imposte sui redditi;

che, con ordinanza emessa e depositata il 25 novembre 1999, la Commissione tributaria provinciale di Milano ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 23 e 53 Cost., questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, comma 2, 3, comma 1, lettera c), 5, commi 1 e 2, ultima parte, 11, comma 1, lettera c), 36, comma 3, e 45, comma 3, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, come modificato dal decreto legislativo 10 aprile 1998, n. 137, e dal decreto legislativo 19 novembre 1998, n. 422;

che il rimettente, in aggiunta ai profili già considerati nelle altre ordinanze di rimessione, assume che l’art. 36 del decreto legislativo si porrebbe in contrasto con gli artt. 3 e 53 Cost. nel prevedere che l’IRAP, gravante su una sola categoria di contribuenti, sostituisca il contributo al servizio sanitario nazionale che precedentemente colpiva tutte le persone fisiche;

che, con due ordinanze di contenuto analogo, emesse il 13 dicembre 2000 ed il 4 aprile 2001 ed entrambe depositate il 4 aprile 2001, la Commissione tributaria provinciale di Treviso ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 23, 53 e 76 Cost., questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2, 3, 4, 36 e 45 del decreto legislativo n. 446 del 1997, nonchè dell’intero decreto legislativo nel suo complesso, sulla base di considerazioni sostanzialmente identiche a quelle svolte nelle altre ordinanze di rimessione;

che, con ordinanza emessa e depositata il 25 ottobre 2000, la Commissione tributaria provinciale di Isernia ha a sua volta sollevato, in riferimento agli artt. 3, 53, 76 e 23 della Costituzione e sotto profili del tutto analoghi a quelli individuati dagli altri rimettenti, questione di legittimità costituzionale del "decreto istitutivo dell’IRAP";

che in tutti i giudizi, ad eccezione di quest’ultimo, é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, concludendo nel senso dell’inammissibilità o infondatezza delle questioni, con espresso richiamo alle difese svolte in riferimento ad analoghe questioni già sollevate da altri giudici.

Considerato che tutti i giudizi hanno ad oggetto, sotto profili e con riferimento a parametri in larga parte coincidenti, questioni di legittimità costituzionale di singole norme del decreto legislativo 19 dicembre 1997, n. 446 (Istituzione dell’imposta regionale sulle attività produttive, revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dell’Irpef e istituzione di una addizionale regionale a tale imposta, nonchè riordino della disciplina dei tributi locali), ovvero dell’intero testo normativo o delle relative norme di delega, e vanno pertanto riuniti, stante l’evidente connessione, per essere congiuntamente decisi;

che va preliminarmente dichiarata la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale del decreto del Ministro delle finanze del 5 maggio 1998, sollevata, sia pure in maniera eventuale ("e per quanto occorrer possa"), dalla Commissione tributaria provinciale di Firenze, trattandosi di normativa di rango non legislativo e in quanto tale sottratta al sindacato di legittimità costituzionale di questa Corte;

che, sempre in via preliminare, va dichiarata, in conformità alla costante giurisprudenza di questa Corte, la manifesta inammissibilità delle questioni sollevate, con riferimento all’intero decreto legislativo n. 446 del 1997, dalla Commissione tributaria provinciale di Milano, con le tre ordinanze del 25 luglio 2000, dalla Commissione tributaria provinciale di Firenze, dalla Commissione tributaria provinciale di Treviso, con entrambe le ordinanze, e dalla Commissione tributaria provinciale di Isernia e ciò in quanto il rimettente – salvo il caso in cui argomenti che il vulnus derivi da un intero corpo normativo – é tenuto ad individuare, a pena appunto di inammissibilità, la norma o la parte di essa la cui presenza nell’ordinamento determinerebbe la lamentata lesione della Costituzione (sentenza n. 156 del 2001; ordinanze n. 286 del 2001, n. 208 del 2000 e n. 185 del 1996);

che va altresì dichiarata la manifesta inammissibilità della questione, sollevata dalla Commissione tributaria provinciale di Milano, con l’ordinanza depositata il 25 novembre 1999, e dalla Commissione tributaria provinciale di Treviso, con entrambe le ordinanze, riguardante l’art. 1 del decreto legislativo, nella parte in cui prevede l’indeducibilità dell’IRAP dalla base imponibile delle imposte sui redditi, trattandosi di questione attinente al regime giuridico ed alla fase applicativa delle imposte sui redditi e perciò irrilevante nei giudizi a quibus, aventi ad oggetto controversie in tema di rimborso dell’acconto IRAP (sentenza n. 156 del 2001, ordinanza n. 286 del 2001);

che é manifestamente inammissibile anche la questione di legittimità costituzionale del medesimo art. 1 del decreto legislativo, sollevata dalla Commissione tributaria provinciale di Milano, con l’ordinanza emessa il 23 maggio 2000, sotto il diverso profilo della asserita contraddittorietà tra la qualificazione dell’imposta come reale, contenuta nel suddetto art. 1, e la indeducibilità delle spese sostenute per interessi e collaboratori e quelle relative agli interessi passivi, essendo siffatta questione riferibile, con ogni evidenza, non alla norma denunciata ma alle diverse norme che prevedono l’indeducibilità degli oneri indicati dal rimettente;

che é del pari manifestamente inammissibile, per difetto di rilevanza, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 45 del decreto legislativo, sollevata, in riferimento all’art. 23 Cost., dalla Commissione tributaria provinciale di Milano, con le ordinanze emesse il 25 novembre 1999 ed il 23 maggio 2000, e dalla Commissione tributaria provinciale di Treviso, con entrambe le ordinanze, atteso che l’eventuale caducazione della norma denunciata comporterebbe il venir meno della possibilità di riduzione dell’acconto ma non certo la restituzione dell’acconto già versato, costituente l’oggetto dei giudizi a quibus;

che va altresì dichiarata la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. "5 primo e secondo comma ultima parte" del decreto legislativo, sollevata dalla Commissione tributaria provinciale di Milano con l’ordinanza emessa il 25 novembre 1999, risultando impossibile l’individuazione della norma denunciata, in quanto l’art. 5 é composto da un unico comma nè d’altro canto é dato desumere dalla motivazione a quale diversa norma il rimettente intenda riferirsi;

che le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 2, 3, 4, 8, 11 e 36 del decreto legislativo n. 446 del 1997 sollevate, in riferimento agli artt. 3, 53 e 76 Cost., dalla Commissione tributaria provinciale di Milano, con le ordinanze emesse il 25 novembre 1999 ed il 23 maggio 2000, e dalla Commissione tributaria provinciale di Treviso, con entrambe le ordinanze, sono in tutto identiche a quelle già dichiarate da questa Corte non fondate, con la sentenza n. 156 del 2001, e manifestamente infondate, con l’ordinanza n. 286 del 2001;

che in tali pronunce si osserva che le norme denunciate, nell’individuare, non irragionevolmente, quale indice di capacità contributiva il valore aggiunto prodotto dalle attività autonomamente organizzate, non si pongono in contrasto con l’art. 53 Cost., alla luce della costante giurisprudenza di questa Corte "secondo la quale rientra nella discrezionalità del legislatore, con il solo limite della non arbitrarietà, la determinazione dei singoli fatti espressivi della capacità contributiva che, quale idoneità del soggetto all’obbligazione di imposta, può essere desunta da qualsiasi indice che sia rivelatore di ricchezza e non solamente dal reddito individuale (sentenze n. 111 del 1997, n. 21 del 1996, n. 143 del 1995, n. 159 del 1985)";

che é altresì "pienamente conforme ai principi di eguaglianza e di capacità contributiva" l’assoggettamento all’imposta in esame del valore aggiunto prodotto da ogni tipo di attività autonomamente organizzata, sia essa di carattere imprenditoriale o professionale, "identica essendo, in entrambi i casi, l’idoneità alla contribuzione ricollegabile alla nuova ricchezza prodotta";

che nessuna ingiustificata disparità di trattamento può d’altro canto ravvisarsi nella inclusione tra i soggetti passivi dell’imposta dei lavoratori autonomi, in quanto esercenti attività autonomamente organizzate, e non anche dei lavoratori dipendenti, "la cui attività é per definizione priva del connotato rappresentato dall’autonoma organizzazione";

che l’assunto secondo cui l’onere derivante dall’IRAP sia, per i lavoratori autonomi, maggiore di quello da cui erano precedentemente gravati per effetto dei tributi e contributi soppressi dall’art. 36 del decreto legislativo é apodittico ed indimostrato;

che la circostanza, infine, che i contributi per il servizio sanitario nazionale siano stati soppressi a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 446 del 1997 e che il servizio sanitario sia ora finanziato anche dalla nuova imposta non esclude che il prelievo operato dall’IRAP si inquadri nella fiscalità generale e che nessuna identificazione sia perciò richiesta tra i soggetti passivi dell’imposta ed i beneficiari dei servizi pubblici al cui finanziamento il gettito é, in parte, destinato;

che le questioni sollevate vanno, perciò, dichiarate manifestamente infondate;

che sulla base delle medesime considerazioni sopra svolte risulta altresì manifesta l’infondatezza anche della questione di legittimità costituzionale della norma di delega di cui all’art. 3, commi 143 e 144, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, nella parte in cui prevede l’istituzione dell’imposta regionale sulle attività produttive "equiparando l’esercizio di attività di lavoro autonomo con l’esercizio di attività di impresa", sollevata, in riferimento agli artt. 3, 35 e 53 Cost., dalla Commissione tributaria provinciale di Milano, con le tre ordinanze emesse il 25 luglio 2000.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi innanzi alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

1) dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzione del decreto del Ministro delle finanze 5 maggio 1998 (Condizioni in base alle quali fissare l’entità della riduzione dell’acconto dovuto ai fini dell’imposta regionale sulle attività produttive e quelle per la determinazione dell’imposta dovuta all’esercizio in corso al 1° gennaio 1998, ai sensi dell’art. 45, commi 3 e 4, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446), sollevata, in riferimento all’art. 23 della Costituzione, dalla Commissione tributaria provinciale di Firenze con l’ordinanza in epigrafe;

2) dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 (Istituzione dell’imposta regionale sulle attività produttive, revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dell’Irpef e istituzione di una addizionale regionale a tale imposta, nonchè riordino della disciplina dei tributi locali), sollevate dalla Commissione tributaria provinciale di Milano, con le tre ordinanze emesse il 25 luglio 2000, in riferimento agli artt. 3, 23, 35, 53 e 76 della Costituzione, dalla Commissione tributaria provinciale di Firenze, in riferimento agli artt. 3, 23, 35, 53 e 77 della Costituzione, dalla Commissione tributaria provinciale di Treviso, con entrambe le ordinanze, e dalla Commissione tributaria provinciale di Isernia, in riferimento agli artt. 3, 23, 53 e 76 della Costituzione;

3) dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, sollevate, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, dalla Commissione tributaria provinciale di Milano, con l’ordinanza emessa il 25 novembre 1999, e dalla Commissione tributaria provinciale di Treviso, con entrambe le ordinanze in epigrafe, e, in riferimento all’art. 53 della Costituzione, dalla Commissione tributaria provinciale di Milano, con l’ordinanza emessa il 23 maggio 2000;

4) dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 45 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, sollevata, in riferimento all’art. 23 della Costituzione, dalla Commissione tributaria provinciale di Milano, con le ordinanze emesse il 25 novembre 1999 ed il 23 maggio 2000, e dalla Commissione tributaria provinciale di Treviso, con entrambe le ordinanze in epigrafe;

5) dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. "5 primo e secondo comma ultima parte" del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 23 e 53 della Costituzione, dalla Commissione tributaria provinciale di Milano con l’ordinanza emessa il 25 novembre 1999;

6) dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 2, 3, 4, 8 e 11 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 53 e 76 della Costituzione, dalla Commissione tributaria provinciale di Milano, con l’ordinanza emessa il 23 maggio 2000; della questione di legittimità costituzionale dell’art. 3, commi 143 e 144, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 35 e 53 della Costituzione, dalla Commissione tributaria provinciale di Milano, con le ordinanze emesse il 25 luglio 2000; della questione di legittimità costituzionale degli artt. 3, comma 1, lettera c), e 36, comma 3, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 53 della Costituzione, dalla Commissione tributaria provinciale di Milano, con l’ordinanza emessa il 25 novembre 1999; della questione di legittimità costituzionale degli artt. 2, 3, 4 e 36 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 53 e 76 della Costituzione, dalla Commissione tributaria provinciale di Treviso, con entrambe le ordinanze in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'8 aprile 2002.

Massimo VARI, Presidente

Annibale MARINI, Redattore

Depositata in Cancelleria il 10 aprile 2002.