Ordinanza n. 80 del 2002

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ORDINANZA N. 80

ANNO 2002

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare RUPERTO, Presidente

- Massimo VARI

- Riccardo CHIEPPA

- Valerio ONIDA

- Carlo MEZZANOTTE

- Fernanda CONTRI

- Guido NEPPI MODONA

- Piero Alberto CAPOTOSTI

- Annibale MARINI

- Franco BILE

- Giovanni Maria FLICK

- Francesco AMIRANTE

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale degli articoli 1, comma 2, 2, 3 e 4 della legge della Regione Piemonte 3 gennaio 1997, n. 4 (Regolamentazione dell'esercizio dell'attività libero-professionale dei medici veterinari dipendenti dal servizio sanitario nazionale (SSN), promossi con due ordinanze emesse il 10 maggio 2000 dal Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, rispettivamente iscritte ai nn. 522 e 523 del registro ordinanze 2000 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 40, prima serie speciale, dell'anno 2000.

Visti gli atti di costituzione di L. B. ed altri, di G. Z. e della Regione Piemonte;

udito nella camera di consiglio del 30 gennaio 2002 il Giudice relatore Piero Alberto Capotosti.

Ritenuto che il Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, nel corso di due giudizi aventi rispettivamente ad oggetto l’annullamento della nota con cui l’Azienda sanitaria regionale n. 16 di Mondovì ha chiesto ad alcuni medici veterinari da essa dipendenti informazioni sulla loro attività libero-professionale, nonchè dell’atto con cui l’Azienda sanitaria regionale del Piemonte n. 8 di Chieri ha intimato ad un medico veterinario da essa dipendente la chiusura del suo ambulatorio privato, con due ordinanze del 10 maggio 2000, depositate il successivo 26 maggio 2000, di contenuto in larga misura coincidente, ha sollevato questione di legittimità costituzionale: nel primo giudizio, degli articoli 1, comma 2, 2, 3 e 4 della legge della Regione Piemonte 3 gennaio 1997, n. 4 (Regolamentazione dell'esercizio dell'attività libero-professionale dei medici veterinari dipendenti dal servizio sanitario nazionale (SSN) e, nel secondo giudizio, dell’art. 2 della stessa legge, in riferimento agli articoli 3, 4, 35, 117 e 120 della Costituzione;

che, secondo i rimettenti, le norme impugnate disciplinano la libera professione dei medici veterinari del Servizio sanitario nazionale (Ssn) con modalità tali da impedirne sostanzialmente l’esercizio, in violazione del principio di ragionevolezza, del diritto costituzionale al lavoro, dei principi della legislazione statale che regolano la materia e del diritto dei cittadini di esercitare la loro professione in ogni parte del territorio nazionale;

che, a loro avviso, l’art. 2 della legge, stabilendo il divieto di svolgere, nel territorio dell’azienda sanitaria di appartenenza, la libera professione relativamente agli "animali d’affezione", violerebbe gli articoli 4 e 35 della Costituzione, in quanto realizza "un grave affievolimento delle facoltà professionali del veterinario senza raccordarsi funzionalmente a specifiche esigenze della struttura sanitaria pubblica", sovrapponendo il criterio territoriale a quello della potenziale situazione di conflitto, il quale richiederebbe di "procedere alla individuazione in concreto delle situazioni pregiudizievoli per i fini istituzionali del Servizio sanitario nazionale";

che l’art. 3 della legge regionale, prevedendo il divieto di svolgere attività libero-professionale in riferimento agli "animali da reddito", salvo il caso di "carenza di veterinari libero-professionisti", determinerebbe una sostanziale soppressione della facoltà di esercitare la libera professione, in mancanza di un "ponderato collegamento con le esigenze del servizio sanitario pubblico", ed identico risultato sarebbe realizzato anche dal successivo art. 4, il quale estende la disciplina degli artt. 2 e 3 all’attività veterinaria avente ad oggetto il "cavallo sportivo";

che, secondo i rimettenti, l’art. 1, comma 2, della legge regionale in oggetto sarebbe viziato a causa della sua connessione con la disciplina stabilita dai precedenti artt. 2 e 3;

che le norme impugnate, ad avviso del Tar, si porrebbero altresì in contrasto con l’art. 3 della Costituzione, in quanto, benchè riconoscano il diritto a svolgere attività libero-professionale, recano una disciplina che sostanzialmente lo vanifica, stabilendo altresì l’art. 2 della legge regionale un limite territoriale al suo esercizio che recherebbe vulnus all’art. 120 della Costituzione;

che, infine, secondo i giudici a quibus, tutte le norme censurate violerebbero l’art. 117 della Costituzione, poichè si porrebbero in contrasto con i principi fondamentali stabiliti nella materia dalla legislazione statale, la quale prevederebbe il diritto dei medici veterinari a svolgere attività libero-professionale, che risulterebbe invece compromessa dalla legge regionale, senza che le limitazioni siano giustificate da "alcun ragionevole raccordo con le esigenze della struttura pubblica";

che in entrambi i giudizi si é costituita la Regione Piemonte, in persona del Presidente della Giunta regionale, convenuta in entrambi i processi principali, chiedendo che le questioni di costituzionalità siano dichiarate inammissibili e comunque infondate;

che, a suo avviso, le disposizioni impugnate mirano a garantire la funzionalità del servizio e non violerebbero i principi stabiliti dalla legislazione dello Stato che, per ragioni di interesse pubblico, ha limitato la facoltà dei dirigenti sanitari del Ssn di esercitare attività libero-professionale;

che, secondo la Regione Piemonte, i limiti all’esercizio dell’attività libero-professionale stabiliti dalle norme censurate sarebbero ragionevolmente ispirati dall’intento di tutelare interessi di rango costituzionale e di garantire la funzionalità del servizio pubblico sanitario;

che nei predetti giudizi si sono costituiti i ricorrenti nei processi principali, i quali, con argomentazioni sostanzialmente coincidenti, hanno chiesto l’accoglimento delle questioni, sostenendo che la legge regionale non sarebbe giustificata da "ragioni direttamente connesse alla primaria esigenza di garantire un efficiente servizio sanitario pubblico";

che, a loro avviso, le disposizioni impugnate si porrebbero in contrasto con i "principi fondamentali in materia, quali si desumono dalla legislazione statale" e violerebbero l’art. 117 della Costituzione anche nel testo modificato dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, in quanto "non sembra sostanzialmente mutata la disciplina dei limiti della potestà legislativa" regionale.

Considerato che i giudizi hanno ad oggetto le medesime disposizioni di legge in riferimento agli stessi parametri costituzionali e, quindi, vanno riuniti per essere decisi congiuntamente;

che le norme regionali impugnate sono state censurate dal Tar per il Piemonte in riferimento agli artt. 3, 4, 35, 117 e 120 della Costituzione;

che, successivamente ad entrambe le ordinanze di rimessione, é entrata in vigore la legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al Titolo V della parte seconda della Costituzione), che tra l’altro, agli art. 3 e 6, ha sostituito il testo degli artt. 117 e 120 della Costituzione;

che la sopravvenuta modificazione di due delle norme invocate come parametro di giudizio, impone la restituzione degli atti ai giudici rimettenti, affinchè essi riesaminino, sotto ogni profilo, i termini della questione alla luce dell’intervenuto mutamento del quadro normativo (ordinanze n. 9 del 2002, n. 416 del 2001, n. 397 del 2001).

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

ordina la restituzione degli atti al Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'1 marzo 2002.

Cesare RUPERTO, Presidente

Piero Alberto CAPOTOSTI, Redattore

Depositata in Cancelleria il 21 marzo 2002.