Ordinanza n. 73 del 2002

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ORDINANZA N. 73

ANNO 2002

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare RUPERTO, Presidente

- Massimo VARI

- Riccardo CHIEPPA

- Gustavo ZAGREBELSKY

- Valerio ONIDA

- Carlo MEZZANOTTE

- Fernanda CONTRI

- Guido NEPPI MODONA

- Piero Alberto CAPOTOSTI

- Annibale MARINI

- Franco BILE

- Francesco AMIRANTE

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 1 della legge della Regione Lazio 20 marzo 1995, n. 9 (Legge regionale 2 maggio 1980, n. 30 e successive modificazioni ed integrazioni. Variazione tariffa), e dell’art. 1 della legge della Regione Lazio 20 marzo 1995, n. 10 (Modificazioni ed integrazione alla legge regionale approvata nella seduta del 1° febbraio 1995, concernente: "Legge regionale 2 maggio 1980, n. 30 e successive modificazioni ed integrazioni. Variazione tariffa"), promosso con ordinanza emessa il 12 aprile 2001 dal Tribunale di Roma, iscritta al n. 597 del registro ordinanze 2001 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 33, prima serie speciale, dell’anno 2001.

Visto l’atto di costituzione della Regione Lazio;

udito nella camera di consiglio del 13 febbraio 2002 il Giudice relatore Valerio Onida.

Ritenuto che il Tribunale di Roma, nel corso di un procedimento civile promosso da titolari di aziende faunistico-venatorie per restituzione di somme pagate in eccedenza rispetto al dovuto a titolo di tassa di concessione regionale, con ordinanza emessa il 12 aprile 2001, pervenuta nella cancelleria di questa Corte il 21 giugno 2001, ha sollevato, in riferimento agli articoli 117 e 119 della Costituzione e in relazione all’art. 4, comma 5, della legge 14 giugno 1990, n. 158 (recte: all’art. 3, comma 5, della legge 16 maggio 1970, n. 281, come sostituito dall'art. 4, comma 1, della legge 14 giugno 1990, n. 158), questione di legittimità costituzionale dell’art. 1 della legge della Regione Lazio 20 marzo 1995, n. 9 (Legge regionale 2 maggio 1980, n. 30 e successive modificazioni ed integrazioni. Variazione tariffa), e dell’art. 1 della legge della Regione Lazio 20 marzo 1995, n. 10 (Modificazioni ed integrazione alla legge regionale approvata nella seduta del 1° febbraio 1995, concernente: "Legge regionale 2 maggio 1980, n. 30 e successive modificazioni ed integrazioni. Variazione tariffa");

che le norme censurate prevedono, con effetto dal 1° gennaio 1995, il raddoppio degli importi in vigore al 31 dicembre 1994 delle tasse sulle concessioni regionali, previsti nella tariffa allegata alla legge regionale 2 maggio 1980, n. 30, e successive modificazioni;

che, ad avviso del giudice a quo, in base alla legislazione statale (art. 3, comma 5, della legge n. 281 del 1970) le leggi regionali che aumentano le tasse sulle concessioni regionali debbono intervenire entro il 31 ottobre di ciascun anno e fare riferimento, in caso di superamento della soglia, ordinariamente stabilita, del venti per cento, all’aumento disposto dallo Stato per le tasse sulle concessioni governative con riguardo agli importi dovuti per le medesime concessioni per l’anno precedente: sicchè, decorso il termine del 31 ottobre di ogni anno senza che sia stato disposto alcun aumento corrispondente agli aumenti previsti per le concessioni statali, le Regioni non potrebbero, essendosi ormai consumato il loro potere, disporre un aumento superiore al limite ordinario del venti per cento;

che, avendo il legislatore regionale omesso di stabilire per il 1993, entro il 31 ottobre 1992, aumenti corrispondenti a quelli disposti, per le tasse sulle concessioni governative, dall’art. 10 del decreto legge 11 luglio 1992, n. 333 (convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1992, n. 359), ed essendosi in tal modo esaurito il relativo potere, l’aumento del cento per cento degli importi delle tasse sulle concessioni regionali, previsto dalle disposizioni denunciate, si porrebbe in contrasto con l’art. 117 della Costituzione, per violazione del limite dei principi fondamentali stabiliti dalla legge dello Stato, e con l’art. 119 della Costituzione, giacchè in materia tributaria le Regioni potrebbero legiferare solo nei limiti previsti dalle leggi della Repubblica, con competenza meramente attuativa;

che nel giudizio dinanzi alla Corte si é costituita la Regione Lazio, concludendo, preliminarmente, nel senso dell’inammissibilità della questione per difetto di motivazione sulla rilevanza; e sostenendone, nel merito, l’infondatezza, perchè sollevata in base ad una interpretazione erronea dell’attuale contesto normativo;

che, in particolare, ad avviso della Regione non vi sarebbe alcun discostamento dalla legislazione statale, perchè questa – come starebbero a dimostrare il d.lgs. 22 giugno 1991, n. 230, e il d.lgs. 23 gennaio 1992, n. 31 – già prevederebbe la giuridica possibilità di incrementare del cento per cento l’importo della tassa di concessione regionale.

Considerato che la questione di legittimità costituzionale é prospettata dal Tribunale di Roma in relazione, per un verso, all’affermato superamento del limite dei principi fondamentali che emergono dalla legislazione statale nella materia delle tasse sulle concessioni regionali, e, per l’altro, all’ambito della competenza legislativa delle Regioni in materia tributaria, che sarebbe meramente attuativa, invocandosi come parametri gli articoli 117 e 119 della Costituzione;

che, successivamente all’emanazione dell’ordinanza di rimessione, é entrata in vigore la legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), i cui articoli 3 e 5 hanno sostituito l’intero testo degli articoli 117 e 119 della Costituzione;

che, pertanto, in via del tutto preliminare, stante il mutamento delle norme costituzionali invocate come parametri di giudizio, si rende necessario disporre la restituzione degli atti al giudice remittente per un nuovo esame della questione (v., da ultimo, ordinanze n. 9, n. 13, n. 14 e n. 26 del 2002).

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

ordina la restituzione degli atti al Tribunale di Roma.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 28 febbraio 2002.

Cesare RUPERTO, Presidente

Valerio ONIDA, Redattore

Depositata in Cancelleria il 19 marzo 2002.