Ordinanza n. 56 del 2002

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ORDINANZA N. 56

ANNO 2002

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare RUPERTO, Presidente

- Massimo VARI

- Riccardo CHIEPPA

- Valerio ONIDA

- Carlo MEZZANOTTE

- Fernanda CONTRI

- Guido NEPPI MODONA

- Piero Alberto CAPOTOSTI

- Annibale MARINI

- Franco BILE

- Giovanni Maria FLICK

- Francesco AMIRANTE

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 11, commi 16 e 18, della legge 24 dicembre 1993, n. 537 (Interventi correttivi di finanza pubblica), promosso con ordinanza emessa il 16 febbraio 2000 dalla Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione Trentino-Alto Adige, sede di Trento, sul ricorso proposto da Scatena Paolo contro Azienda provinciale per i Servizi Sanitari di Trento ed altro, iscritta al n. 745 del registro ordinanze 2000 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 49, prima serie speciale, dell’anno 2000.

Visti l’atto di costituzione di Scatena Paolo nonchè l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 29 gennaio 2002 il Giudice relatore Francesco Amirante;

uditi l’avvocato Mario Fedrizzi per Scatena Paolo e l’Avvocato dello Stato Giorgio D’Amato per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto che nel corso di un giudizio promosso da un ex primario ospedaliero avverso il provvedimento di liquidazione provvisoria del trattamento di pensione la Corte dei conti, sezione giurisdizionale per il Trentino-Alto Adige, sede di Trento, ha sollevato, in riferimento agli articoli 3 e 38 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 11, commi 16 e 18, della legge 24 dicembre 1993, n. 537 (Interventi correttivi di finanza pubblica);

che il ricorrente nel giudizio principale, collocato in pensione (di anzianità) a seguito dell’annullamento, disposto con sentenza definitiva del Consiglio di Stato, della delibera di assunzione in qualità di primario, si é visto liquidare il trattamento provvisorio di pensione con la riduzione dell’undici per cento prevista – per il caso di conseguimento della pensione di anzianità prima del raggiungimento della soglia dei trentacinque anni di cui alle leggi vigenti – dalla norma impugnata e dall’art. 1, commi 26 e 27, della legge 8 agosto 1995, n. 335;

che la norma impugnata, infatti, nell’ottica della progressiva eliminazione dell’istituto della pensione di anzianità, stabilisce, con effetto dal 1° gennaio 1994, che coloro i quali conseguono detta pensione con un’anzianità contributiva inferiore ai trentacinque anni, a meno che non si tratti di cessazione dal servizio per invalidità, subiscano una riduzione del trattamento economico in proporzione al numero di anni mancanti al raggiungimento del predetto requisito, secondo quanto indicato dalla tabella A allegata alla legge n. 537 del 1993;

che l’impugnato art. 11 va collegato con le successive norme intervenute sul punto, ossia i commi 27 e 32 dell’art. 1 della legge n. 335 del 1995, i quali dispongono che, nella fase transitoria, la pensione di anzianità può ancora essere conseguita, purchè in presenza di determinati requisiti contributivi, con applicazione delle riduzioni percentuali di cui alla tabella D allegata a quest’ultima legge;

che il menzionato art. 1, comma 32, dispone che le precedenti disposizioni in materia di pensione di anzianità (scilicet più favorevoli) continuano a trovare applicazione in una serie ben identificata di casi;

che il complesso normativo richiamato non risolve – a detta della Corte dei conti – il problema dell’applicabilità delle riduzioni in questione nei casi in cui non ne venga stabilita espressamente l’esclusione; nel giudizio pendente, infatti, il ricorrente si é collocato in pensione non di propria spontanea volontà, bensì a seguito dell’annullamento del proprio atto di assunzione;

che, ad avviso del giudice a quo, stante la formulazione tassativa contenuta nell’art. 1, comma 32, della legge n. 335 del 1995, la riduzione di cui alla norma impugnata dev’essere applicata anche nel caso del ricorrente, benchè il pensionamento sia avvenuto per fatti indipendenti dalla volontà del medesimo; e ciò in quanto non possono essere aggiunte in via di interpretazione altre fattispecie di esclusione non previste dalla norma;

che tale lettura del sistema, pur essendo l’unica tecnicamente possibile, appare al rimettente in contrasto con gli invocati parametri costituzionali;

che da un lato, infatti, ricondurre al medesimo trattamento i lavoratori che optano per il pensionamento anticipato di anzianità e quelli che, viceversa, si trovano in pensione contro la propria volontà, appare lesivo del principio di eguaglianza, trattandosi di situazioni difformi; dall’altro, la penalizzazione rappresentata dal decurtamento della pensione può determinare la compressione delle esigenze vitali dell’interessato, con violazione anche dell’art. 38 della Carta fondamentale;

che la Corte dei conti, quindi, sollecita l’emissione di una pronuncia che dichiari l’illegittimità costituzionale della norma impugnata nella parte in cui dispone la riduzione, "anche per il personale involontariamente collocato a riposo ante tempus per motivi diversi da quelli indicati nel comma 32 dell’art. 1 della l. n. 335/1995, del trattamento pensionistico in proporzione agli anni mancanti al raggiungimento dell’anzianità contributiva di trentacinque anni";

che si é costituito in giudizio il medico ricorrente, sollecitando l’accoglimento della prospettata questione;

che é intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la prospettata questione venga dichiarata inammissibile o infondata.

Considerato che la questione di legittimità costituzionale proposta dal giudice remittente si centra essenzialmente sulla mancata estensione delle norme che consentono di fruire del pensionamento anticipato di anzianità, senza incorrere in decurtazioni del trattamento pensionistico, a tutti i casi nei quali il collocamento a riposo non é riconducibile ad una libera scelta dell’interessato;

che alla predetta ipotesi sarebbe da ricondurre, nella ricostruzione operata dal giudice a quo, anche la fattispecie oggetto del giudizio principale, nella quale il medico ricorrente si é visto annullare il proprio atto di nomina con sentenza definitiva del giudice amministrativo, optando per il pensionamento soltanto in virtù di detta situazione sopravvenuta;

che la Corte remittente, peraltro, omette completamente di considerare che, proprio in conseguenza dell’intervenuto annullamento dell’atto di nomina a primario ospedaliero, la controversia attualmente pendente non ha ad oggetto un pensionamento derivante dalla cessazione di un rapporto di lavoro validamente instaurato, bensì il diverso caso di un pensionamento derivante dal venir meno di un rapporto contrattuale di fatto ricadente nell’ambito di applicazione dell’art. 2126 cod. civ., norma pacificamente valevole anche per il pubblico impiego (ordinanza n. 12 del 1994);

che il giudice remittente, perciò, non ha in alcun modo ottemperato all’obbligo di motivazione circa il profilo preliminare della riconducibilità della cessazione di un rapporto di fatto alla diversa fattispecie del pensionamento susseguente alla conclusione di un rapporto di lavoro validamente instaurato, presupposto indispensabile per l’eventuale pronuncia additiva sollecitata nei confronti di questa Corte;

che tale carenza di motivazione sul requisito preliminare della rilevanza si traduce in manifesta inammissibilità della sollevata questione.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 11, commi 16 e 18, della legge 24 dicembre 1993, n. 537 (Interventi correttivi di finanza pubblica), sollevata, in riferimento agli articoli 3 e 38 della Costituzione, dalla Corte dei conti, sezione giurisdizionale per il Trentino-Alto Adige, sede di Trento, con l’ordinanza di cui in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 27 febbraio 2002.

Cesare RUPERTO, Presidente

Francesco AMIRANTE, Redattore

Depositata in Cancelleria il 15 marzo 2002.