Ordinanza n. 55 del 2002

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ORDINANZA N. 55

ANNO 2002

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare RUPERTO, Presidente

- Massimo VARI  

- Riccardo CHIEPPA

- Valerio ONIDA

- Carlo MEZZANOTTE

- Fernanda CONTRI

- Guido NEPPI MODONA

- Piero Alberto CAPOTOSTI

- Annibale MARINI

- Franco BILE

- Giovanni Maria FLICK

- Francesco AMIRANTE

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 3, 19, lettera a), e 21, lettera f), della legge della regione Lombardia, riapprovata il 28 luglio 1999, recante "Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 16 agosto 1993, n. 26 ‘Norme per la protezione della fauna selvatica e per la tutela dell’equilibrio ambientale e disciplina dell’attività venatoria’", promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, notificato il 13 agosto 1999, depositato in Cancelleria il 20 successivo ed iscritto al n. 32 del registro ricorsi 1999.

Visto l’atto di costituzione della Regione Lombardia;

udito nell’udienza pubblica del 29 gennaio 2002 il Giudice relatore Fernanda Contri;

uditi l’avvocato dello Stato Luigi Criscuoli per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Massimo Luciani per la Regione Lombardia.

Ritenuto che, con ricorso regolarmente notificato e depositato, il Presidente del Consiglio dei ministri ha sollevato in via principale, in riferimento agli artt. 4, comma 1, e 21, comma 3, della legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio), ed in riferimento ai principi enunciati dalle sentenze della Corte costituzionale n. 168 e n. 169 del 1999, questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 3, 19, lettera a), e 21, lettera f), della delibera legislativa n. 155-bis, recante "Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 16 agosto 1993 n. 26 ‘Norme per la protezione della fauna selvatica e per la tutela dell’equilibrio ambientale e disciplina dell’attività venatoria’", riapprovata a maggioranza assoluta dal Consiglio regionale della Lombardia nella seduta del 28 luglio 1999;

che, ad avviso del ricorrente, l’impugnata delibera legislativa, pur modificata in sede di riapprovazione in accoglimento di alcuni rilievi formulati con l’atto di rinvio governativo del 16 giugno 1999, contiene tuttora disposizioni lesive di principi della legge quadro n. 157 del 1992 ed invasivi delle competenze dello Stato;

che, nel ricorso, il Governo formula in particolare tre censure, la prima delle quali riguarda l’art. 1, comma 3, della delibera impugnata, che prevede l’aggiunta, all’art. 10 della legge regionale n. 26 del 1993, di un comma 3-bis, che consente al Presidente della giunta regionale di autorizzare associazioni, previo parere dell’Istituto nazionale per la fauna selvatica e dell’Osservatorio regionale degli habitat naturali e delle popolazioni faunistiche, "a realizzare impianti esclusivamente dedicati al censimento ed alla produzione di stime sulla consistenza dei flussi di fauna migratoria, favorendo altresì la formazione didattica, culturale e informativa, nonchè la valorizzazione delle tradizioni locali, secondo le modalità stabilite dalle singole autorizzazioni, che dovranno stabilirne la durata e le modalità di gestione, nel rispetto dei limiti di cui all’art. 4 della legge 157/1992", lamentandosi la violazione dell’art. 4, comma 1, della legge n. 157 del 1992, "che elenca dettagliatamente i soggetti che possono essere autorizzati alla cattura di uccelli a scopo di studio e ricerca scientifica, precisando che le regioni, su parere dell’INFS, possono autorizzare all’uopo esclusivamente gli istituti scientifici delle università e del CNR e i musei di storia naturale";

che il Presidente del Consiglio censura poi l’art. 1, comma 19, lettera a) dell’impugnata delibera, che prevede la sostituzione del comma 2 dell’art. 40 della legge regionale n. 26 del 1993 con il seguente: "La regione, nella predisposizione del calendario venatorio regionale, in relazione alle specie di cui all’art. 18, comma 1, della legge n. 157/92 e non comprese nell’allegato II della direttiva 79/409/CEE, attua le disposizioni contenute nell’art. 1, comma 4, della legge 157/92";

che, ad avviso del ricorrente, il quale invoca le sentenze della Corte costituzionale n. 168 e n. 169 del 1999, "la previsione dell'attuazione delle disposizioni contenute nell'art.1 comma 4 della legge 157/922", implicherebbe "il potere di porre in essere le deroghe comunitarie, il che non compete alle Regioni";

che la terza censura investe l’art. 1, comma 21, lettera f), a norma del quale "la caccia é vietata sui valichi montani interessati dalle rotte di migrazione dell’avifauna per una distanza di mille metri dagli stessi; i valichi sono individuati dalle province, sentito l’INFS, e comunque nel comparto di maggior tutela della zona faunistica delle Alpi e devono essere indicati nei piani di cui agli artt. 12 e 14 nei calendari venatori", il quale, secondo il ricorrente, violerebbe l’art. 21, comma 3, della legge 157 del 1992, che vieta la caccia, "puramente e semplicemente", "su tutti i valichi montani interessati dalle rotte di migrazione dell’avifauna, per una distanza di mille metri dagli stessi", deducendosi nel ricorso che la disposizione censurata "mantiene una limitazione territoriale stabilendo che i valichi possono essere individuati nel comparto di maggior tutela della zona faunistica delle Alpi, che é una piccolissima porzione del territorio", interessata solo marginalmente dalle rotte di migrazione;

che nel giudizio davanti a questa Corte si é costituita la Regione Lombardia per chiedere il rigetto del ricorso del Presidente del Consiglio;

che, nel merito della prima censura, la difesa della Regione deduce che l’art. 1, comma 3, dell’impugnata delibera legislativa "non autorizza affatto soggetti diversi rispetto a quelli indicati tassativamente dalla normativa statale alla cattura di uccelli a scopo di studio e ricerca ... bensì si limita ad introdurre la facoltà in capo al Presidente della Giunta regionale di autorizzare la realizzazione di impianti finalizzati al censimento e alla produzione di stime sulla consistenza dei flussi migratori a scopi didattici, culturali ed informativi", nel rispetto dei limiti di cui all’art. 4 della legge n. 157 del 1992;

che, per quanto riguarda la lamentata violazione della riserva statale in tema di deroghe al regime di protezione stabilito dalla direttiva 79/409/CEE, la resistente obietta che il censurato art. 1, comma 19, lettera a), "lungi dall’attribuire alla Regione poteri di deroga rispetto alla disciplina ordinaria di protezione della fauna ex art. 9 della direttiva 79/409/CEE, si limita anzi a confermare l’obbligo della Regione di tenere conto, nella predisposizione del calendario venatorio regionale, di quanto prescritto dall’art. 1, comma 4, della legge n. 157 del 1992", nella parte in cui "sancisce, quale principio generale, l’obbligo di dare attuazione alle direttive CEE 79/409, 85/411 e 91/244 e relativi allegati, in materia di conservazione degli uccelli selvatici", senza, peraltro, ribadisce la difesa della Regione resistente, stabilire alcunchè a proposito del potere di deroga;

che, quanto alla terza censura, concernente l’art. 1, comma 21, lettera f), dell’impugnata delibera legislativa, la Regione Lombardia osserva che essa si basa "su di una lettura frettolosa e fuorviante", avendo in realtà la disposizione censurata inteso introdurre "un vincolo tale da impedire che le Province, nell’esercizio del proprio potere di individuazione dei valichi montani interessati dalle rotte migratorie a cui si estende il divieto di caccia, manchino di includervi quelli siti nel comparto di maggior tutela della zona faunistica delle Alpi", lasciando così "aperta la possibilità che le Province individuino valichi montani caratterizzati da divieto assoluto di caccia anche al di fuori di quel comparto" e preoccupandosi "di stabilire un limite minimo ai poteri provinciali proprio a tutela di quel divieto di caccia";

che in data 11 luglio 2001 l’Avvocatura generale dello Stato ha depositato atto di rinuncia a due motivi del ricorso, riguardanti l’art. 1, comma 3, e l’art. 1, comma 21, lettera f), della delibera impugnata;

che in data 15 gennaio 2002 l’Avvocatura generale dello Stato ha depositato atto di rinuncia anche all’altro motivo di ricorso, riguardante l’art. 1, comma 19, lettera a), della delibera impugnata, dichiarando, pertanto, di rinunciare all’intero ricorso;

che in data 25 gennaio 2002 la Regione Lombardia ha depositato atto di accettazione alla rinuncia, contestualmente allegando la deliberazione del 27 dicembre 2001, con la quale la Giunta, preso atto della rinuncia parziale al ricorso del Presidente del Consiglio espressa con atto depositato l'11 luglio 2001, ha autorizzato la difesa a porre in essere i conseguenti adempimenti anche con riferimento all'ipotesi in cui, nell'imminenza dell'udienza, venisse depositata o notificata rinuncia al superstite motivo di ricorso.

Considerato che, ai sensi dell’art. 27, ultimo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, la rinuncia al ricorso, seguita dall’accettazione della controparte, produce l’effetto di estinguere il processo.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara estinto il processo.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 27 febbraio 2002.

Cesare RUPERTO, Presidente

Fernanda CONTRI, Redattore

Depositata in Cancelleria il 15 marzo 2002.