Sentenza n. 50 del 2002

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SENTENZA N. 50

ANNO 2002

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare RUPERTO, Presidente

- Massimo VARI

- Riccardo CHIEPPA

- Gustavo ZAGREBELSKY

- Valerio ONIDA

- Carlo MEZZANOTTE

- Fernanda CONTRI

- Guido NEPPI MODONA

- Piero Alberto CAPOTOSTI

- Annibale MARINI

- Franco BILE

- Giovanni Maria FLICK

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sorto a seguito della delibera del 17 giugno 1999 della Camera dei deputati relativa alla insindacabilità delle opinioni espresse dall’on. Maurizio Gasparri nei confronti del dott. Guido Lo Forte ed altri, promosso con ricorso del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma, notificato il 24 novembre 2000, depositato in Cancelleria il 6 dicembre 2000 ed iscritto al n. 59 del registro conflitti 2000.

Visto l’atto di costituzione della Camera dei deputati;

udito nell’udienza pubblica del 4 dicembre 2001 il Giudice relatore Giovanni Maria Flick;

udito l’avvocato Massimo Luciani per la Camera dei deputati.

Ritenuto in fatto

1.- Nel corso di un procedimento penale promosso nei confronti dell’on. Maurizio Gasparri per il reato di diffamazione aggravata commesso ai danni di alcuni magistrati della procura della Repubblica di Palermo, in relazione a dichiarazioni rilasciate da esso ad una agenzia giornalistica il 31 luglio 1998, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma ha promosso conflitto di attribuzione nei confronti della Camera dei deputati, in relazione alla delibera adottata dalla stessa Camera il 17 giugno 1999, con la quale l’Assemblea aveva dichiarato che i fatti per i quali era in corso il procedimento penale concernevano opinioni espresse da un membro del Parlamento nell’esercizio delle sue funzioni e come tali insindacabili a norma dell’art. 68, primo comma, della Costituzione.

Dopo aver affermato la propria legittimazione a sollevare conflitto, il ricorrente sottolinea come debba ritenersi principio pacifico, alla luce della giurisprudenza costituzionale, quello secondo il quale il parlamentare, al di fuori delle proprie funzioni, incontra gli stessi limiti espressivi degli altri cittadini, giacchè la prerogativa di cui all’art. 68, primo comma, Cost., non coprirebbe tutta l’attività politica, ma soltanto quella legata da nesso funzionale all’esercizio delle attribuzioni proprie della funzione parlamentare. In particolare, il ricorrente richiama le sentenze n. 10 e n. 11 del 2000, nelle quali questa Corte ha avuto modo di affermare che, nel normale svolgimento della vita democratica e del dibattito politico, le opinioni che il parlamentare esprime fuori dai compiti e dalle attività tipiche delle assemblee, rappresentano esercizio della libertà di manifestazione del pensiero comune a tutti i consociati. Ad esse, dunque, non può estendersi, senza snaturarla, una immunità che la Costituzione ha voluto riservare alle opinioni espresse nell’esercizio delle funzioni, in deroga al principio generale di legalità e giustiziabilità dei diritti. Nel caso di specie - conclude il ricorrente - le dichiarazioni dell’on. Gasparri, rese esclusivamente ad organi di stampa, non sarebbero in alcun modo ricollegabili alla funzione parlamentare svolta da esso, anche se rilasciate nell’ambito di un vivace dibattito politico. Da qui la lamentata arbitrarietà del potere esercitato dalla Camera in modo lesivo delle attribuzioni del giudice ricorrente.

2.- La Corte, con ordinanza n. 480 del 2000, ha dichiarato ammissibile il conflitto, fissando il termine per i conseguenti adempimenti in rito, tutti puntualmente soddisfatti.

3.- Nel giudizio si é costituita la Camera dei deputati chiedendo dichiararsi che spetta ad essa "affermare l’insindacabilità, ai sensi dell’art. 68, comma 1, Cost., delle opinioni espresse dall’on. Maurizio Gasparri nei confronti del dott. Guido Lo Forte, in occasione di dichiarazioni rilasciate alla stampa e diffuse dall’agenzia giornalistica ANSA in data 31 luglio 1998".

La Camera resistente rileva che le opinioni censurate in sede penale sono legate da un inscindibile nesso funzionale ad atti tipici del mandato parlamentare. Si riscontrerebbe, infatti, piena rispondenza di sostanza tra le contestate dichiarazioni extra moenia e l’interrogazione 3/01907 del 28 gennaio 1998, nella quale l’on. Gasparri era intervenuto con ampia esposizione sui rapporti tra la procura di Palermo ed i ROS dei Carabinieri. Erano coincidenti, in particolare, le affermazioni sulla ingerenza della procura nei confronti dei ROS, motivate dalle indagini da questi svolte nei confronti di alcuni magistrati di quell’ufficio; quelle sulla voluta fuga di notizie allo scopo di favorire pericolosi latitanti; quelle sugli indebiti contatti tra quell’ufficio di procura e personaggi della politica. Il nesso funzionale sarebbe, dunque, innegabile: non solo il complesso delle affermazioni, ma addirittura le singole doglianze espresse dal parlamentare circa l’opinato indebito comportamento della procura di Palermo sarebbero, infatti, interamente presenti nell’atto tipico. D’altra parte - sottolinea la Camera - l’interrogazione del 28 gennaio 1998 era stata nella sostanza già anticipata nella interrogazione 3RI/01758 del 2 dicembre 1997, mentre l’interessamento allo specifico tema é ulteriormente avvalorato da altri atti tipici compiuti dallo stesso parlamentare, rammentandosi, al riguardo, l’interrogazione 3/RI/03212 del 12 gennaio 1999, nonchè l’illustrazione della stessa svolta dall’on. Gasparri nella seduta del 13 gennaio 1999.

Nel passare in rassegna la giurisprudenza costituzionale in tema di immunità ex art. 68, primo comma, Cost., la Camera, distinguendo la semplice attività politica da quella "politica parlamentare", ritiene che si possano avere tre tipi di opinioni di parlamentari manifestate extra moenia, che debbono ricevere trattamenti diversi: a) opinioni del tutto estranee alla sfera politica; b) opinioni connesse alla sfera della politica, ma estranee alla politica parlamentare; c) opinioni connesse alla politica parlamentare. Soltanto queste ultime devono godere della copertura assicurata dall’art. 68, primo comma, Cost., giacchè é circostanza del tutto accidentale - e dunque inidonea a fondare un regime deteriore - il fatto che esse siano state manifestate extra anzichè intra moenia. L’area coperta dalla insindacabilità non sarebbe quindi determinata arbitrariamente, ma verrebbe ad essere definita oggettivamente sulla scorta della ricostruzione dei contenuti (obiettivi, appunto) della politica parlamentare, pur sottolineandosi come una soluzione siffatta appaia evolutiva rispetto ai più rigorosi approdi cui é pervenuta la giurisprudenza di questa Corte. Tuttavia, segnala ancora la Camera, le più recenti pronunce (si citano le sentenze n. 320 e n. 321 del 2000) avrebbero operato alcuni "preziosi e meditati aggiustamenti interpretativi": in particolare, si rileva come l’essenza stessa della moderna democrazia parlamentare verrebbe fraintesa, se il controllo di "corrispondenza sostanziale" - postulato da questa Corte - si limitasse ad un mero riscontro delle parole o dei concetti; il confine del potere rappresentativo - sostiene, infatti, la Camera - é segnato "non già dal generico contesto politico, ma dal contesto parlamentare, per come definito dalla rappresentanza stessa". Considerato, dunque, che le dichiarazioni contestate all’on. Gasparri avrebbero trovato conferma e corrispondenza in uno specifico atto di sindacato ispettivo e in altri corrispondenti atti ed interventi dello stesso parlamentare; e rilevata la formale correttezza della deliberazione della Camera ed il rispetto delle relative regole procedimentali: ne deriverebbe che la stessa "Camera ha scrupolosamente e precisamente apprezzato la consistenza politico-parlamentare delle opinioni dell’on. Gasparri, valutando le ragioni del "nesso funzionale" che le legavano all’esercizio del mandato parlamentare".

4.- Con successive memorie, la Camera ha riaffermato l’esistenza del nesso funzionale fra le dichiarazioni oggetto di contestazione e gli atti parlamentari tipici già oggetto di disamina, deducendo, nell’ultima memoria, anche la inammissibilità del conflitto, in quanto le ragioni di fatto e di diritto sarebbero state evidenziate nel ricorso in modo lacunoso, attraverso mere citazioni di giurisprudenza e senza riferimenti al caso di specie.

Considerato in diritto

1.- Il conflitto di attribuzioni promosso dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma nei confronti della Camera dei deputati – dichiarato ammissibile in sede di delibazione con ordinanza n. 480 del 2000 – investe la deliberazione adottata dall’Assemblea, nella seduta del 17 giugno 1999, su conforme proposta formulata dalla Giunta per le autorizzazioni a procedere. Con essa, la Camera ha ritenuto che i fatti per i quali é in corso procedimento penale nei confronti del deputato Maurizio Gasparri - per il reato di diffamazione aggravata a mezzo della stampa in danno del dott. Guido Lo Forte, procuratore aggiunto della Repubblica presso il Tribunale di Palermo - concernono opinioni espresse dal medesimo parlamentare nell’esercizio delle sue funzioni, ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione.

Nel corso di una dichiarazione resa ad una agenzia di stampa il 31 luglio 1998, il deputato Gasparri avrebbe, secondo l’imputazione elevata a suo carico, offeso l’onore e la reputazione del predetto magistrato, affermando - con riferimento ad una polemica relativa ad asserite indagini della procura di Palermo, nei confronti del comandante dei reparti operativi speciali dei Carabinieri - che la risposta all’interrogativo perchè quella procura volesse "devastare i ROS dei Carabinieri", doveva essere richiesta "al numero due della procura, dott. Lo Forte"; aggiungendo che l’archiviazione di tale vicenda, da parte della procura di Caltanissetta, "pare che non abbia dissolto i dubbi e addirittura lo stesso magistrato avrebbe ammesso alcuni suoi comportamenti illeciti". Nella medesima dichiarazione alla agenzia di stampa, l’on. Gasparri si domandava anche "come mai nessuno si sia meravigliato che l’on. Folena abbia annunciato l’arresto di Provenzano e successivamente … Vendola abbia confermato … chi dà queste notizie a Folena e a Vendola?"; ipotizzando che così si volesse lanciare "un avvertimento affinchè Provenzano possa sottrarsi ancora una volta all’arresto". Concludeva affermando: "basta con le buffonate della sinistra, con i summit Caselli – PDS, con l’attacco a Mori e al ROS: si faccia finalmente la lotta alla mafia".

La Giunta per le autorizzazioni a procedere della Camera dei deputati, nella relazione che accompagnava la proposta, poi accolta dall’Assemblea, ha sottolineato come l’opinione unanime emersa nel corso del dibattito fosse stata nel senso che le espressioni pronunciate dal parlamentare rappresentassero, all’evidenza, un giudizio ed una critica di natura sostanzialmente politica su fatti e circostanze che, all’epoca, erano al centro dell’attenzione della opinione pubblica nonchè del dibattito politico-parlamentare. Sicchè veniva reputata sussistente nella specie la clausola di immunità sancita dall’art. 68, primo comma, Cost., malgrado l’"assenza di un collegamento specifico con atti o documenti parlamentari", che comunque doveva reputarsi implicito, "attesa l’ampiezza e la diffusione che ebbe a suo tempo la discussione tanto sugli organi di stampa quanto, in generale, nel dibattito politico".

Tali conclusioni sono contestate dalla autorità giudiziaria confliggente, in particolare facendo leva sui rigorosi confini entro i quali – secondo la giurisprudenza di questa Corte – può ritenersi operante l’immunità rivendicata dalla Camera, qualora – come si pretende essere avvenuto nel caso in esame - venga in considerazione l’attività politica svolta dal parlamentare al di fuori del compimento di atti tipici di esercizio della funzione, cui l’immunità stessa si raccorda. Dal canto suo, la Camera resistente – oltre ad aver eccepito, nella memoria depositata in prossimità della udienza, l’inammissibilità del conflitto, in quanto il ricorso che lo ha promosso non conterrebbe una "sufficiente indicazione delle "ragioni" del conflitto" medesimo – ha rilevato, ex adverso, che le dichiarazioni dell’on. Gasparri, contestate in sede giudiziale, sarebbero legate "da un inscindibile nesso funzionale" a numerose affermazioni del medesimo parlamentare, rinvenibili in atti tipici del suo mandato; al punto che la corrispondenza tra quanto affermato intra moenia e quanto affermato extra moenia, sarebbe nella specie "addirittura puntuale e formale": con la conseguenza di rendere palesemente inconsistenti le "pretese" avanzate dal ricorrente.

2.- L’eccezione di inammissibilità del conflitto, sollevata dalla difesa della Camera dei deputati, non può essere accolta. La Camera resistente ritiene, infatti, che nell’atto introduttivo del conflitto non sarebbero state adeguatamente puntualizzate le ragioni di fatto e di diritto poste a base della denuncia: sicchè risulterebbero nella specie carenti i requisiti necessari per consentire l’esame del merito, alla luce dei principi affermati al riguardo da questa Corte nella sentenza n. 363 del 2001. In particolare – sottolinea la Camera – le argomentazioni del ricorrente si ridurrebbero alla elencazione di una serie di precedenti giurisprudenziali, utili – secondo la prospettiva coltivata dallo stesso ricorrente – a consentire una "astratta determinazione del concetto di attività parlamentare e della nozione di nesso funzionale". Nessun argomento, però, verrebbe speso per dimostrare la "mancanza, nella specie, e cioé nel caso concreto, di tale nesso funzionale, anche attraverso il necessario esame dell’attività (in particolare, di sindacato ispettivo) svolta dall’on. Gasparri".

Tali rilievi non sono fondati. Da un lato, infatti, appare incontestabile la congruità della motivazione che accompagna e sostiene il provvedimento giurisdizionale con il quale il conflitto é stato proposto, considerato che l’enucleazione del "fatto", dell’oggetto e del tema della vindicatio, in uno con gli argomenti giuridici posti a fondamento della lamentata menomazione, risultano del tutto congrui e perciò stesso idonei a suscitare l’esame del merito. Sotto altro profilo, poi, si rivela del tutto impropria la censura relativa all’omesso esame – da parte del ricorrente - della attività di sindacato ispettivo svolta dall’on. Gasparri, posto che nella relazione della Giunta per le autorizzazioni a procedere (la cui proposta é stata pedissequamente recepita dall’Assemblea) si dava atto della "assenza di un collegamento specifico con atti o documenti parlamentari", proprio in riferimento alle dichiarazioni rese dal parlamentare alla agenzia di stampa e per le quali pendeva procedimento penale.

3.- Nel merito, il ricorso non é fondato.

Trattandosi di valutare la contestata sussistenza della prerogativa della immunità in rapporto a dichiarazioni rese da un deputato ad una agenzia di stampa, e perciò rilasciate al di fuori dell’esercizio delle funzioni parlamentari tipiche, il problema si risolve nello stabilire se – ciò non di meno – quelle dichiarazioni siano identificabili come espressione della attività parlamentare, e quindi possano ritenersi iscritte nel panorama delle "opinioni" per le quali opera la richiamata garanzia costituzionale della irresponsabilità.

In proposito, questa Corte – come gli stessi confliggenti hanno rammentato, sia pure secondo prospettive evidentemente diversificate – ha più volte affermato che, ai fini della accennata identificazione, non basta la semplice comunanza di argomenti, oggetto di attività parlamentari tipiche e di dichiarazioni fatte al di fuori di esse; nè basta la riconducibilità di queste ultime dichiarazioni ad un medesimo "contesto politico" (v., fra le molte, le sentenze n. 56 e n. 58 del 2000). Occorre, invece, che la dichiarazione possa essere qualificata come espressione di attività parlamentare; il che normalmente accade se ed in quanto sussista una sostanziale corrispondenza di contenuti tra le dichiarazioni rese al di fuori dell’esercizio delle attività parlamentari tipiche svolte in Parlamento, e le opinioni già espresse nell’ambito di queste ultime. La sostanziale corrispondenza di contenuti finisce, quindi, per costituire "il criterio che consente di identificare le dichiarazioni rese al di fuori di quelle attività e ciononostante riconducibili o inerenti alla funzione parlamentare, distinguendole così da quelle che ricadono nel diritto comune a tutti i cittadini e proteggendole tramite la speciale garanzia dell’art. 68, primo comma, della Costituzione, senza con ciò determinare situazioni ingiustificate di privilegio personale" (v. sentenze n. 320 e n. 321 del 2000 ed altre ivi richiamate).

Tale condizione appare soddisfatta nel caso di specie. Come infatti emerge dalla documentazione prodotta dalla difesa della Camera dei deputati, l’on. Gasparri presentò, il 28 gennaio 1998, una diffusa interrogazione al Presidente del Consiglio dei ministri ed ai ministri dell’interno, della difesa e della giustizia, avente ad oggetto indiscrezioni, polemiche ed accuse riguardanti "… rappresentanti istituzionali della procura della Repubblica di Palermo ed … esponenti istituzionali dell’Arma dei carabinieri e del reparto Ros". In tale atto di sindacato ispettivo, il parlamentare formulava, sia pure con le forme tipiche della interrogazione parlamentare, una serie di quesiti "dubitativi" circa varie irregolarità che avrebbero caratterizzato talune indagini, in particolare "sul caso De Donno - Lo Forte - Siino", e sulle indiscrezioni su atti giudiziari propalate dalla stampa; tanto che, a dire dell’interrogante, attraverso quelle indiscrezioni pareva si lasciassero "trapelare spezzoni di verità per agevolare, da una parte, indagati eccellenti e per colpire, dall’altra, investigatori ed esponenti istituzionali, alcuni dei quali, addirittura, assassinati dalla mafia e colpevoli, a volte, unicamente di aver svolto indagini a 360 gradi". L’interrogante sottolineava, inoltre, la singolarità del fatto che quelle indagini fossero svolte dalla procura di Palermo, malgrado le stesse prefigurassero "l’assunzione da parte di un magistrato di quella procura della posizione di parte offesa o di indagato"; e segnalava al riguardo la necessità di iniziative volte a regolarizzare la situazione, al fine di fugare "ogni dubbio su possibili tentativi di insabbiamento o, peggio, di accanimento nei confronti di quegli investigatori che fanno solo il loro dovere con autonomia". Esso domandava infine: sia di conoscere quali fossero stati i temi trattati dal procuratore della Repubblica di Palermo negli incontri avuti con il Presidente del Consiglio, con il ministro dell’interno ed il comandante generale dell’Arma dei carabinieri; sia quali iniziative si intendesse assumere "a favore dell’Arma dei carabinieri, che, nelle ultime settimane, a causa di una campagna di stampa alimentata da indiscrezioni su verbali giudiziari, é stata fatta oggetto di pesanti valutazioni e sospetti, tali da metterne in dubbio la fedeltà allo Stato e la lealtà nei confronti delle altre istituzioni, soprattutto la magistratura".

Il contenuto del diffuso atto parlamentare presenta, dunque, non soltanto aspetti di sostanziale corrispondenza, ma addirittura – e sui profili maggiormente qualificanti – espressioni di pressochè totale identità, rispetto alle dichiarazioni rese alla agenzia di stampa nel luglio di quello stesso anno, allorchè la polemica e le iniziative parlamentari – come é confermato anche dalla successiva interrogazione del 19 gennaio 1999, ove si torna a parlare del ROS e del suo comandante e con un espresso riferimento al "numero due della procura di Palermo, il dottor Lo Forte" - erano ben lungi dall’essere sopite.

Tanto basta, quindi, a rendere pienamente legittima la deliberazione assunta dalla Camera dei deputati in ordine alla insindacabilità, ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione, delle opinioni espresse dall’on. Gasparri a una agenzia di stampa il 31 luglio 1998; e conseguentemente a risolvere in favore della stessa Camera il conflitto di attribuzione proposto dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara che spetta alla Camera dei deputati affermare l’insindacabilità, ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione, delle dichiarazioni espresse dal deputato Maurizio Gasparri, secondo quanto deliberato dall’Assemblea della Camera in data 17 giugno 1999.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 27 febbraio 2002.

Cesare RUPERTO, Presidente

Giovanni Maria FLICK, Redattore

Depositata in Cancelleria il 15 marzo 2002.