Ordinanza n. 48 del 2002

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ORDINANZA N. 48

ANNO 2002

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare RUPERTO, Presidente

- Massimo VARI

- Riccardo CHIEPPA

- Gustavo ZAGREBELSKY

- Valerio ONIDA

- Carlo MEZZANOTTE

- Fernanda CONTRI

- Guido NEPPI MODONA

- Piero Alberto CAPOTOSTI

- Annibale MARINI

- Franco BILE

- Francesco AMIRANTE

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale del combinato disposto degli articoli 409, comma 5, del codice di procedura penale e 27, commi 1 e 2, del decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 448 (Approvazione delle disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni), promosso, nell'ambito di un procedimento penale, con ordinanza emessa il 30 giugno 2000 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale per i minorenni di L'Aquila con ordinanza iscritta al n. 580 del registro ordinanze 2000 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 43, prima serie speciale, dell'anno 2000.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 13 febbraio 2002 il Giudice relatore Guido Neppi Modona.

Ritenuto che il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale per i minorenni di L'Aquila ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 31, secondo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 409, comma 5, del codice di procedura penale e 27, commi 1 e 2, del decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 448 (Approvazione delle disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni), "nella parte in cui non consente al p.m. di richiedere al giudice per le indagini preliminari presso il tribunale per i minorenni la sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto e al giudice per le indagini preliminari di fissare udienza in camera di consiglio per valutare la ricorrenza o no di quel beneficio, nel caso di archiviazione non accolta";

che il rimettente premette che, a seguito di richiesta di archiviazione del pubblico ministero, era stata fissata d'ufficio udienza ai sensi dell'art. 409, commi 2 e 3, cod. proc. pen., nel corso della quale era stata respinta, in quanto avanzata in una sede impropria e in difetto di "preventiva richiesta" del pubblico ministero, l'istanza del difensore di proscioglimento per irrilevanza del fatto;

che all'esito della procedura camerale il giudice per le indagini preliminari aveva ordinato al pubblico ministero, ex art. 409, comma 5, cod. proc. pen., di formulare l'imputazione ai fini della successiva fissazione dell'udienza preliminare;

che, a seguito di detto provvedimento, il pubblico ministero presentava al giudice per le indagini preliminari richiesta di proscioglimento per irrilevanza del fatto ex art. 27, comma 1, del d.P.R. n. 448 del 1988 e in subordine, in quanto "vincolato all'esercizio dell'azione penale", chiedeva di sollevare questione di legittimità costituzionale;

che il rimettente ritiene di non potere accogliere la richiesta principale avanzata dal pubblico ministero in quanto, una volta che il giudice per le indagini preliminari, dando impulso ex officio alla procedura che condurrà alla fissazione dell'udienza preliminare, abbia ordinato al pubblico ministero di formulare l'imputazione, questi deve ottemperare all'ordine e non può avanzare richieste alternative;

che, peraltro, il provvedimento del giudice ha posto fine alla fase delle indagini preliminari, così che non può comunque trovare applicazione la procedura di cui al comma 1 dell'art. 27 del d.P.R. n. 448 del 1988, in quanto tale norma prevede espressamente che la richiesta di sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto sia formulata "durante le indagini preliminari";

che il "mancato coordinamento" fra gli artt. 409, comma 5, cod. proc. pen. e 27 del d.P.R. n. 448 del 1988 determinerebbe l'impossibilità di definire anticipatamente il procedimento e costringerebbe necessariamente il minorenne ad "affrontare l'udienza preliminare", essendo ormai possibile pronunciare nei suoi confronti sentenza di proscioglimento per irrilevanza del fatto solo dopo che avrà assunto la qualità di imputato;

che ad avviso del rimettente tale disciplina viola in primo luogo l'art. 3 Cost., perchè determinerebbe una irragionevole disparità di trattamento tra i soggetti nei cui confronti il pubblico ministero ha presentato richiesta di archiviazione, poi non accolta, e quelli che, pur trovandosi nella medesima condizione sostanziale, in assenza di una precedente richiesta di archiviazione possono beneficiare del proscioglimento per irrilevanza del fatto nel corso delle indagini preliminari;

che sarebbe violato anche l'art. 31, secondo comma, Cost., perchè la mera richiesta di archiviazione, e cioé un'attività inizialmente rivolta a favore del minorenne, darebbe invece origine a una "situazione altamente pregiudizievole", lesiva delle "esigenze di recupero e di massima riduzione dell'intervento penale", nonchè delle esigenze educative del minore, preminenti su quelle retributive, in quanto comporterebbe "la privazione di una fase del procedimento, l'impossibilità di avere un particolare beneficio, l'assunzione della qualità di imputato, la conseguente iscrizione nei c.d. carichi pendenti, l'impatto con il processo (non più con il procedimento) penale";

che é intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo alla Corte di dichiarare infondata la questione in quanto le situazioni poste a confronto dal rimettente non sono tra loro omologabili e non sussiste alcuna irragionevole compressione delle esigenze di tutela del minore.

Considerato che il rimettente, dopo avere rigettato, nella sua qualità di giudice per le indagini preliminari del tribunale per i minorenni, una richiesta di archiviazione del pubblico ministero, ed avere ordinato all'organo dell'accusa di formulare l'imputazione a norma dell'art. 409, comma 5, cod. proc. pen., lamenta di trovarsi nell'impossibilità di accogliere la richiesta, successivamente presentata dal pubblico ministero, di sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto, sia perchè il pubblico ministero deve limitarsi ad ottemperare all'ordine del giudice, sia perchè l'art. 27, comma 1, del d.P.R. 22 settembre 1988, n. 448, prevede espressamente che la richiesta di pronunciare tale sentenza venga formulata nel corso delle indagini preliminari, che ad avviso del rimettente sarebbero ormai concluse;

che il giudice a quo ravvisa in questa preclusione la violazione dell'art. 3 Cost., a cagione della irragionevole disparità di trattamento che si determinerebbe quando la richiesta della sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto sia preceduta da una richiesta di archiviazione non accolta, nonchè dell'art. 31, secondo comma, Cost., in quanto l'indagato minorenne, non potendo essere prosciolto per irrilevanza del fatto immediatamente, ma solo nel corso dell'udienza preliminare, dopo avere assunto la qualità di imputato, verrebbe privato della possibilità di una anticipata e più rapida definizione del procedimento penale nel corso delle indagini preliminari, in contrasto con l'esigenza di privilegiare le esigenze educative del minore;

che le preoccupazioni del rimettente appaiono prive di rilievo costituzionale, in quanto l'uscita anticipata del minorenne dal processo é comunque assicurata, ed in tempi brevi, dalla possibilità, a norma degli artt. 27, comma 4, e 32, comma 1, del d.P.R. n. 448 del 1988, di pronunciare, anche d'ufficio, sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto nell'udienza preliminare; udienza, tra l'altro, più garantita della camera di consiglio prevista dal comma 2 dell'art. 27, essendo celebrata da un giudice collegiale, con la presenza necessaria del pubblico ministero e del difensore;

che la disciplina censurata - che ha trovato applicazione in un contesto in cui é stato lo stesso rimettente a respingere l'iniziale richiesta di archiviazione formulata dal pubblico ministero, dando impulso d'ufficio alla procedura volta alla fissazione dell'udienza preliminare - rientra nella sfera delle scelte discrezionali del legislatore in materia di distribuzione delle competenze tra giudice per le indagini preliminari e giudice dell'udienza preliminare, non suscettibili di essere sindacate in riferimento agli artt. 3 e 31, secondo comma, Cost., semprechè non risultino esercitate arbitrariamente;

che la questione deve pertanto essere dichiarata manifestamente infondata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 409, comma 5, del codice di procedura penale e dell'art. 27, commi 1 e 2, del d.P.R. 22 settembre 1988, n. 448 (Approvazione delle disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 31, secondo comma, della Costituzione, dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale per i minorenni di L'Aquila, con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 25 febbraio 2002.

Cesare RUPERTO, Presidente

Guido NEPPI MODONA, Redattore

Depositata in Cancelleria il 6 marzo 2002.