Ordinanza n. 8 del 2002

 CONSULTA ONLINE 

ORDINANZA N. 8

ANNO 2002

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Massimo VARI, Presidente

- Riccardo CHIEPPA

- Gustavo ZAGREBELSKY

- Valerio ONIDA

- Carlo MEZZANOTTE

- Fernanda CONTRI

- Guido NEPPI MODONA

- Piero Alberto CAPOTOSTI

- Annibale MARINI

- Franco BILE

- Giovanni Maria FLICK

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 663-bis del codice penale, come modificato dall’art. 47 del decreto legislativo 31 dicembre 1999, n. 507 (Depenalizzazione dei reati minori e riforma del sistema sanzionatorio, ai sensi dell’articolo 1 della legge 25 giugno 1999, n. 205), in riferimento al combinato disposto degli artt. 5 della legge 8 febbraio 1948, n. 47 (Disposizioni sulla stampa), e 45 della legge 3 febbraio 1963, n. 69 (Ordinamento della professione di giornalista), promosso con ordinanza emessa il 9 marzo 2001 dal Giudice di pace di Pistoia nel procedimento civile V. B. contro Prefetto di Pistoia, iscritta al n. 326 del registro ordinanze 2001 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 18, prima serie speciale, dell’anno 2001.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 21 novembre 2001 il Giudice relatore Giovanni Maria Flick.

Ritenuto che, nel corso di un giudizio di opposizione ad ordinanza-ingiunzione, il Giudice di pace di Pistoia ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 4, 18 e 21 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 663-bis del codice penale, come modificato dall’art. 47 del decreto legislativo 31 dicembre 1999, n. 507 (Depenalizzazione dei reati minori e riforma del sistema sanzionatorio, ai sensi dell’articolo 1 della legge 25 giugno 1999, n. 205), in riferimento al combinato disposto degli artt. 5 della legge 8 febbraio 1948, n. 47 (Disposizioni sulla stampa), e 45 della legge 3 febbraio 1963, n. 69 (Ordinamento della professione di giornalista);

che il rimettente deduce di essere investito dell’opposizione proposta avverso un "provvedimento sanzionatorio" della Prefettura di Pistoia, con il quale era stato ingiunto alla ricorrente il pagamento della somma di lire duecentomila per violazione dell’art. 663-bis cod. pen. (illecito depenalizzato dall’art. 47 del d.lgs. n. 507 del 1999), avendo distribuito stampati denominati "Risorgimento Liberale" "senza le prescritte autorizzazioni";

che nell’atto di opposizione la ricorrente aveva eccepito l’illegittimità costituzionale del citato art. 663-bis cod. pen., in riferimento al combinato disposto dell’art. 5 della legge n. 47 del 1948 e dell’art. 45 della legge n. 69 del 1963, "per contrasto con i principi … degli artt. 3, 4, 18 e 21 Cost.": "censure" che il giudice a quo assume "rilevanti al fine del decidere e non manifestamente infondate";

che é intervenuto nel giudizio di costituzionalità il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, il quale ha chiesto che la questione sia dichiarata inammissibile o comunque infondata.

Considerato che il giudice a quo, nel porre il quesito di costituzionalità sopra riferito, omette di descrivere in modo compiuto la fattispecie sottoposta al suo giudizio, limitandosi ad un fugace accenno all’oggetto della violazione amministrativa contestata all’opponente;

che nell’ordinanza di rimessione non risultano inoltre specificate in alcun modo le ragioni che inducono il giudice a quo a dubitare della legittimità costituzionale delle norme impugnate;

che il conseguente, assoluto difetto di motivazione, tanto in ordine alla rilevanza che alla non manifesta infondatezza della questione, non può essere sanato dal mero rinvio per relationem ad un atto di causa (nella specie, il ricorso introduttivo del giudizio), poichè — per costante giurisprudenza di questa Corte — il giudice rimettente deve rendere esplicite le ragioni che lo portano a censurare, sul piano della legittimità costituzionale, norme delle quali si ritiene chiamato a fare applicazione; e tale necessaria motivazione deve essere autosufficiente, per permettere la verifica dell’avvenuto apprezzamento, da parte dello stesso giudice, dei predetti profili di rilevanza e non manifesta infondatezza (cfr., ex plurimis, sentenze n. 310 del 2000 e n. 242 del 1999; ordinanze n. 556 e n. 232 del 2000);

che la questione deve essere dichiarata, pertanto, manifestamente inammissibile.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, della norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 663-bis del codice penale, come modificato dall’art. 47 del decreto legislativo 31 dicembre 1999, n. 507 (Depenalizzazione dei reati minori e riforma del sistema sanzionatorio, ai sensi dell’articolo 1 della legge 25 giugno 1999, n. 205), in riferimento al combinato disposto degli artt. 5 della legge 8 febbraio 1948, n. 47 (Disposizioni sulla stampa), e 45 della legge 3 febbraio 1963, n. 69 (Ordinamento della professione di giornalista), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 4, 18 e 21 della Costituzione, dal Giudice di pace di Pistoia con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 gennaio 2002.

Massimo VARI, Presidente

Giovanni Maria FLICK, Redattore

Depositata in Cancelleria il 30 gennaio 2002.