Ordinanza n. 417/2001

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ORDINANZA N.417

ANNO 2001

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare RUPERTO, Presidente

- Massimo VARI

- Riccardo CHIEPPA

- Gustavo ZAGREBELSKY

- Valerio ONIDA

- Carlo MEZZANOTTE

- Fernanda CONTRI

- Guido NEPPI MODONA

- Piero Alberto CAPOTOSTI

- Annibale MARINI

- Franco BILE

- Giovanni Maria FLICK

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 60, primo comma, lettera f), d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi), promosso con ordinanza emessa il 2 gennaio 2001 dalla Commissione tributaria regionale di Bari sul ricorso proposto da De Salve Biagio contro l’Ufficio Imposte dirette di Maglie ed altra, iscritta al n. 257 del registro ordinanze 2001 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 15, prima serie speciale, dell’anno 2001.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 7 novembre 2001 il Giudice relatore Annibale Marini.

Ritenuto che, con ordinanza del 2 gennaio 2001, la Commissione tributaria regionale di Bari, nel corso di un giudizio d’appello, avente ad oggetto una controversia sulla validità della notificazione degli avvisi di accertamento, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 60, primo comma, lettera f), del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi), nella parte in cui, senza prevedere alcuna forma di notizia della notificazione o dell’atto, dispone la inapplicabilità dell’art. 142 del codice di procedura civile, anche nell’ipotesi di notificazione di atti a cittadini italiani residenti all’estero i quali, regolarmente iscritti all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (AIRE), sono di residenza conosciuta o facilmente conoscibile usando la ordinaria diligenza;

che, come si legge nell’ordinanza di rimessione, gli avvisi di accertamento erano stati notificati - avendo il destinatario trasferito la propria residenza all’estero e pur risultando il medesimo regolarmente iscritto all’AIRE - ai sensi del primo comma, lettera e), dell’art. 60 del d.P.R. n. 600 del 1973, presso il suo domicilio fiscale e, non essendo stata ivi rinvenuta nè l’abitazione nè l’ufficio nè l’azienda dello stesso, mediante affissione dell’avviso del deposito prescritto dall’art. 140 cod. proc. civ. nell’albo del comune;

che, stante il mancato pagamento dei tributi indicati negli atti sopra menzionati, erano stati successivamente notificati a mani del contribuente avvisi di mora, oggetto di tempestiva impugnativa di fronte alla competente Commissione tributaria provinciale, che la aveva rigettata;

che, interposto appello dal contribuente, la Commissione tributaria regionale sollevava, di ufficio, questione di legittimità costituzionale del citato art. 60, primo comma, lettera f), del d.P.R. n. 600 del 1973, ritenendo irragionevole e lesiva del diritto di difesa la norma censurata nella parte in cui, senza prevedere alcuna forma di notizia della notificazione o dell’atto, esclude l’applicabilità dell’art. 142 del cod. proc. civ., anche nel caso in cui la residenza estera del contribuente risulti dalla sua iscrizione all’AIRE e sia quindi conosciuta o facilmente conoscibile usando l’ordinaria diligenza;

che il rimettente, dato per acquisito che l’appellante nel giudizio a quo non aveva avuto alcuna effettiva conoscenza degli avvisi di accertamento e pur dichiarando di non ignorare l’orientamento della Corte costituzionale secondo cui le deroghe apportate dall’art. 60 del d.P.R. n. 600 del 1973 al codice di procedura civile sono dirette ad agevolare la Amministrazione finanziaria, esonerandola dall’onere di ricerche al di fuori del domicilio fiscale (sentenza n. 189 del 1974; ordinanza n. 511 del 1989), rileva che, a partire dalla entrata in vigore della legge 27 ottobre 1988, n. 470 (Anagrafe e censimento degli italiani all’estero), istitutiva dell’AIRE, l’indirizzo estero dei cittadini iscritti ad essa risulta facilmente conoscibile;

che, per tale motivo, sempre ad avviso del rimettente, non sussiste alcuna ragione che, "senza che sia prevista altra forma di notizia dell’atto e/o della notificazione, giustifichi l’inapplicabilità dell’art. 142 del cod. proc. civ.";

che, richiamando altra pronunzia di questa Corte, la Commissione tributaria regionale di Bari nota come il diritto di difesa del destinatario di un atto non può ridursi "ad una garanzia di conoscibilità puramente teorica dell’atto notificatogli" e come "funzione propria della notificazione é quella di portare l’atto a conoscenza del destinatario, al fine di consentire l’instaurazione del contraddittorio e l’effettivo esercizio del diritto di difesa" (sentenza n. 346 del 1998);

che, secondo quanto rilevato dal rimettente, mentre il codice di procedura civile appresta idonee garanzie di effettiva conoscibilità dell’atto notificato al cittadino iscritto all’AIRE, questi, per gli accertamenti tributari, se privo di qualsiasi legame con la madre patria, pur avendo una residenza estera facilmente conoscibile, viene irragionevolmente parificato ai destinatari assolutamente irreperibili;

che l’irragionevolezza di tale disciplina, conclude il rimettente, é riconosciuta da una circolare emessa dalla stessa Amministrazione finanziaria con la quale, rilevata l’esigenza di assicurare ai soggetti non residenti nel territorio dello Stato una conoscenza effettiva degli atti tributari loro diretti, si dispone che gli uffici che abbiano emanato l’atto ne diano comunicazione, tramite la posta ordinaria, al destinatario al suo indirizzo estero reperibile presso l’AIRE o comunque conosciuto dalla Amministrazione stessa (circolare n. 16 del 27 gennaio 2000);

che, con atto del 28 aprile 2001, é intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dalla Avvocatura generale dello Stato, concludendo per la inammissibilità o, comunque, per la infondatezza della questione;

che, ad avviso della Avvocatura, la questione sarebbe in primo luogo inammissibile per difetto di motivazione sulla rilevanza, avendo l’ordinanza omesso di chiarire se, al momento della notifica degli avvisi di accertamento, il contribuente fosse o meno iscritto all’AIRE;

che, secondo la interveniente difesa, la questione sarebbe, comunque, infondata, in quanto, anche successivamente alla istituzione dell’AIRE, non sarebbero venute meno le peculiari esigenze della Amministrazione finanziaria in materia di notificazione degli atti, già in passato evidenziate dalla Corte costituzionale e non potendosi, da ultimo, trascurare che l’art. 60 del d.P.R. n. 600 del 1973, consentendo al contribuente trasferitosi all’estero l’elezione di domicilio, assicurerebbe una idonea conoscibilità degli atti tributari che lo riguardano.

Considerato che il rimettente ritiene l’art. 60, primo comma, lettera f), del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi), in contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione nella parte in cui, senza che sia prevista alcuna forma di notizia della notificazione o dell’atto, dispone la inapplicabilità dell’art. 142 del codice di procedura civile – per il cittadino italiano che ha trasferito all’estero la propria residenza - anche nel caso in cui la residenza di quest’ultimo sia conosciuta o facilmente conoscibile con l’ordinaria diligenza per essere il medesimo iscritto alla Anagrafe degli italiani residenti all’estero (AIRE);

che, in realtà, la censurata illegittimità delle modalità di notificazione é il risultato di un articolato disposto normativo, costituito:

- dall’art. 58, primo comma, del d.P.R. n. 600 del 1973, a tenore del quale, "agli effetti della applicazione delle imposte sui redditi, ogni soggetto si intende domiciliato in un comune dello Stato";

- dall’art. 58, secondo comma, dello stesso d.P.R., che, mentre per le persone fisiche residenti nello Stato individua quale domicilio fiscale il comune nella cui anagrafe sono iscritte, per quelle non residenti, indica quale domicilio fiscale il comune, necessariamente ricompreso nel territorio dello Stato, ove si é prodotto il reddito soggetto a tassazione ovvero il reddito più elevato;

- dall’art. 60, primo comma, lettera c), dello stesso d.P.R., il quale dispone che, salvo il caso di consegna a mani proprie del destinatario, la notificazione degli atti tributari deve avvenire "nel domicilio fiscale del destinatario";

- dall’art. 60, primo comma, lettera e), dello stesso d.P.R., che, per l’ipotesi in cui nel comune dove deve essere eseguita la notificazione non vi sia nè la abitazione nè l’ufficio nè l’azienda del contribuente, dispone che l’avviso del deposito prescritto dall’art. 140 del cod. proc. civ. sia affisso nell’albo del comune stesso e la notificazione ai fini della decorrenza del termine per ricorrere si abbia per eseguita nell’ottavo giorno successivo a quello di affissione;

che, tale essendo il quadro normativo, il rimettente, nel sollevare la questione in esclusivo riferimento all’art. 60, primo comma, lettera f), del citato decreto presidenziale, viene in effetti a censurare una norma alla quale non é ascrivibile il vizio di costituzionalità da lui lamentato;

che l’erronea indicazione della norma censurata comporta, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, la manifesta inammissibilità della questione sollevata (cfr. sentenza n. 361 del 1998 e ordinanza n. 56 del 1999).

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi avanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 60, primo comma, lettera f), del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dalla Commissione tributaria regionale di Bari con l’ordinanza di cui in epigrafe.

Cosi deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 3 dicembre 2001.

Cesare RUPERTO, Presidente

Annibale MARINI, Redattore

Depositata in Cancelleria il 18 dicembre 2001.