Ordinanza n. 384/2001

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ORDINANZA N.384

ANNO 2001

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Fernando SANTOSUOSSO, Presidente

- Massimo VARI         

- Riccardo CHIEPPA             

- Gustavo ZAGREBELSKY              

- Valerio ONIDA                    

- Carlo MEZZANOTTE                     

- Fernanda CONTRI               

- Guido NEPPI MODONA                

- Piero Alberto CAPOTOSTI             

- Annibale MARINI               

- Franco BILE             

- Giovanni Maria FLICK                    

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 3, del decreto-legge 2 marzo 1987, n. 57 (Disposizioni urgenti per i ricercatori universitari e per l'attuazione del disposto di cui all'art. 29, comma 2, della legge 29 gennaio 1986, n. 23, nonchè in materia di conferimento di supplenze al personale non docente della scuola), convertito, con modificazioni, nella legge 22 aprile 1987, n. 158, promossi con due ordinanze emesse il 27 settembre 2000 dal Tribunale amministrativo regionale per la Puglia - sezione staccata di Lecce - sui ricorsi proposti da De Mauro Antonio e da De Vitiis Salvatore contro l'Università degli Studi di Lecce, iscritte ai nn. 117 e 118 del registro ordinanze 2001 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 8, prima serie speciale, dell'anno 2001.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 26 settembre 2001 il Giudice relatore Riccardo Chieppa.

Ritenuto che con due ordinanze di identico contenuto (r.o. nn. 117 e 118 del 2001), emesse in data 27 settembre 2000, nel corso di altrettanti procedimenti originati dai ricorsi proposti innanzi al Tribunale amministrativo regionale della Puglia - sezione staccata di Lecce - da due soggetti iscritti all’Albo degli avvocati presso la Corte d’appello di Lecce nei confronti dei decreti con i quali il Magnifico Rettore della locale università, che li aveva nominati ricercatori universitari presso la Facoltà di giurisprudenza per un triennio, a decorrere dal 1° settembre 2000, nel determinare l’intera retribuzione, aveva implicitamente respinto l’istanza prodotta dai ricorrenti intesa alla instaurazione di un rapporto a tempo parziale al fine di poter proseguire l’attività forense -, il predetto Collegio ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 3, del decreto-legge 2 marzo 1987, n. 57 (Disposizioni urgenti per i ricercatori universitari e per l'attuazione del disposto di cui all'art. 29, comma 2, della legge 29 gennaio 1986, n. 23, nonchè in materia di conferimento di supplenze al personale non docente della scuola), convertito, con modificazioni, nella legge 22 aprile 1987, n. 158;

che detta norma vieta ai ricercatori universitari, sino al superamento del giudizio di conferma, lo svolgimento di attività libero-professionali, consentite, invece, ai ricercatori confermati;

che, ad avviso del Collegio rimettente, detta limitazione integrerebbe una ingiustificata disparità di trattamento rispetto alla posizione del ricercatore confermato, nonchè alle altre posizioni funzionali del personale docente dell’università, in contrasto con l’art. 3 della Costituzione, oltre a determinare un vulnus ai principi consacrati nell’art. 97 della Carta costituzionale;

che nelle ordinanze si rileva, al riguardo, che la legge 23 dicembre 1996, n. 662, consentendo il tempo parziale per tutti i rapporti di impiego con la pubblica amministrazione, ha ammesso la possibilità in via generale di esercizio di attività libero professionale, fatte salve le eccezioni espressamente previste da norme speciali;

che, pertanto, la sopravvivenza nel sistema della disposizione impugnata, in quanto norma speciale e di settore, appare al giudice rimettente fuori discussione;

che, peraltro, premesso che, secondo la ratio legis desumibile dalla legge n. 662 del 1996 (art. 1, comma 57), il ricercatore universitario non confermato non opera nell’ambito dei compiti di sicurezza dello Stato, nè involge nella sua attività interessi e funzioni dello Stato rientranti tra quelle indicate nella stessa legge citata, il Tar lamenta la irragionevolezza di un trattamento differenziato e deteriore riservato ai ricercatori universitari non confermati, anche in considerazione della eccezionalità di tale limitazione all’accesso a tempo parziale rispetto ai principi generali che regolano le incompatibilità del personale docente dell’università, ed avuto riguardo altresì alla sostanziale omogeneità delle funzioni svolte dal ricercatore non confermato rispetto a quello confermato;

che nei giudizi introdotti con le anzidette ordinanze é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per la inammissibilità o la infondatezza della questione sollevata, ponendo in rilievo, sotto il primo profilo, la mera enunciazione del contrasto della norma impugnata con l’art. 97 della Costituzione, e la genericità dell’affermazione, addotta dal Collegio rimettente a sostegno della denunciata disparità di trattamento, della sostanziale omogeneità delle funzioni svolte dal ricercatore non ancora confermato rispetto a quello confermato;

che, nel merito, l’Avvocatura sottolinea la diversa posizione organica di attesa di conferma in ruolo o di avvenuta conferma, che caratterizza le figure poste a raffronto, e che, si osserva nelle memorie, non é priva di conseguenze sul piano delle funzioni, solo ai ricercatori confermati riferendosi le disposizioni del secondo comma dell’art. 32 del d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, integrate dall’art. 12 della legge 19 novembre 1990, n. 341, nè sarebbe arbitraria la scelta del legislatore di richiedere ai ricercatori, fino al superamento del giudizio di conferma, di operare a tempo pieno nella prospettiva della migliore e più completa formazione professionale finalizzata al definitivo inserimento nella organizzazione universitaria.

Considerato che, avuto riguardo alla identità delle questioni sollevate con le due ordinanze, i relativi giudizi vanno riuniti per essere decisi con un unico provvedimento;

che risultano diverse la posizione organica e di status, ed, in parte, di funzioni del ricercatore universitario non confermato rispetto a quello confermato (v. artt. 31, 32, secondo comma, 33, e 34, settimo comma, del d.P.R. 11 luglio 1980 n. 382; art. 12 della legge 19 novembre 1990, n. 341), così come diversa é la funzione del primo periodo di attività di ogni soggetto che si inserisce per la prima volta in un rapporto con un organismo di ricerca o di cultura o di attività di alta specializzazione, per il periodo iniziale di prova o di attesa della conferma;

che non risulta la manifesta irragionevolezza nè la palese arbitrarietà della scelta discrezionale del legislatore di pretendere un iniziale periodo di attività a tempo pieno, con esclusione, in attesa del superamento del giudizio di conferma (o di prova), di attività libero-professionali connesse alla iscrizione ad albi, esterne alle attività proprie o convenzionate della struttura di appartenenza;

che, in altri termini, il legislatore ha inteso stabilire, con una disposizione speciale per i ricercatori universitari - in linea con la specialità del rapporto di impiego dei professori e ricercatori universitari (art. 2, comma 5, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29) -in attesa del superamento del giudizio di conferma - tre anni più due in caso di un primo giudizio sfavorevole -, la esclusività temporanea dell'attività (attività di ricerca e scientifica, compiti didattici integrativi) nell’ambito della struttura universitaria in cui é incardinato il ricercatore stesso, in modo che questi non sia distratto, nel primo periodo di formazione e di prova, per effetto dello svolgimento di attività professionali esterne;

che la non palese arbitrarietà della scelta del legislatore risulta confermata dal rilievo dei profili finanziari ed organizzatori privatistici assunti in via generale dal legislatore nel consentire a dipendenti delle pubbliche amministrazioni il tempo parziale e l’iscrizione in albi professionali (art. 1, comma 56 e seguenti, della legge 23 dicembre 1996, n. 662; art. 39, comma 18, della legge 27 dicembre 1997, n. 449; decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, artt. 35 e 36); mentre nel settore dei ricercatori universitari possono ragionevolmente essere considerate prevalenti, nel periodo che precede la valutazione della attività scientifica e di didattica integrativa svolta nel triennio, esigenze di verifica attitudinale e di formazione iniziale alla ricerca e alla didattica;

che di conseguenza la questione di legittimità costituzionale é manifestamente infondata sia sotto il profilo dell’art. 3, che dell’art. 97 Costituzione.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 3, del decreto-legge 2 marzo 1987, n. 57 (Disposizioni urgenti per i ricercatori universitari e per l'attuazione del disposto di cui all'art. 29, comma 2, della legge 29 gennaio 1986, n. 23, nonchè in materia di conferimento di supplenze al personale non docente della scuola), convertito, con modificazioni, nella legge 22 aprile 1987, n. 158, sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale della Puglia - sezione staccata di Lecce - con le due ordinanze indicate in epigrafe.

Così deciso in Roma nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 novembre 2001.

Fernando SANTOSUOSSO, Presidente

Riccardo CHIEPPA, Redattore

Depositata in Cancelleria il 6 dicembre 2001.