Ordinanza n. 377/2001

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ORDINANZA N.377

ANNO 2001

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-          Fernando Santosuosso, Presidente

-          Massimo Vari

-          Gustavo Zagrebelsky

-          Valerio Onida

-          Carlo Mezzanotte

-          Fernanda Contri

-          Guido Neppi Modona

-          Piero Alberto Capotosti

-          Annibale Marini

-          Franco Bile

-          Giovanni Maria Flick

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 210, comma 4, e 513 del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 9 giugno 2000 dal Tribunale di Firenze nel procedimento penale a carico di A.B. ed altri, iscritta al n. 589 del registro ordinanze 2000 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 43, prima serie speciale, dell’anno 2000.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 26 settembre 2001 il Giudice relatore Giovanni Maria Flick.

Ritenuto che con ordinanza emessa il 9 giugno 2000, il Tribunale di Firenze ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 101 e 112 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt. 210, comma 4, e 513 cod. proc. pen., "nella parte in cui consentono all’imputato — che rivesta anche la qualità di persona offesa, nell’ambito dello stesso procedimento, in relazione ad un distinto capo di imputazione — di non rispondere alle domande sulle circostanze relative al reato di cui é persona offesa";

  che il rimettente premette, in punto di fatto, che due degli imputati nel giudizio a quo, dei quali era stato richiesto l’esame dibattimentale, si erano avvalsi della facoltà di non rispondere: e ciò anche con riguardo alle domande concernenti il reato di tentata estorsione aggravata in loro danno, per cui si procedeva congiuntamente e relativamente al quale, nel corso delle indagini preliminari, essi avevano reso dichiarazioni a carico di altro coimputato;

  che, ad avviso del giudice a quo, le nome denunciate — riconoscendo all’imputato la facoltà di non rispondere anche quando egli sia parte offesa di un reato connesso o collegato per il quale si procede congiuntamente nei confronti di altro imputato — accomunerebbero irragionevolmente in un medesimo regime processuale situazioni del tutto differenti: posto, infatti, che la ragione del riconoscimento del "diritto al silenzio" risiede nell’esigenza di evitare che l’imputato debba "autoaccusarsi", tale esigenza non ricorrerebbe nell’ipotesi considerata, nella quale l’imputato é chiamato a rispondere soltanto sulle circostanze relative al reato dal quale é stato offeso;

  che sarebbero altresì compromessi i principi di soggezione del giudice soltanto alla legge e di obbligatorietà dell’azione penale, di cui agli artt. 101 e 112 Cost., in quanto l’esito della decisione del giudice e la stessa attuazione della giurisdizione verrebbero fatti sostanzialmente dipendere dall’atteggiamento processuale dell’imputato;

  che nel giudizio di costituzionalità é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o infondata.

  Considerato che successivamente all’ordinanza di rimessione é intervenuta la legge 1° marzo 2001, n. 63 (Modifiche al codice penale e al codice di procedura penale in materia di formazione e valutazione della prova in attuazione della legge costituzionale di riforma dell’articolo 111 della Costituzione), la quale ha profondamente innovato la disciplina del diritto al silenzio e della formazione della prova in dibattimento, incidendo, tra l’altro, sul campo di applicazione delle disposizioni che formano oggetto dell’odierna impugnativa;

  che a fronte di tali modifiche normative, che investono anche il contesto complessivo della disciplina di riferimento, gli atti devono quindi essere restituiti al giudice rimettente perchè verifichi se la questione sia tuttora rilevante nel giudizio a quo.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

ordina la restituzione degli atti al Tribunale di Firenze.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 novembre 2001.

Fernando SANTOSUOSSO, Presidente

Giovanni Maria FLICK, Redattore

Depositata in Cancelleria il 28 novembre 2001.