Sentenza n. 317/2001

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SENTENZA N. 317

ANNO 2001

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare RUPERTO, Presidente

- Fernando SANTOSUOSSO            

- Massimo VARI                     

- Riccardo CHIEPPA             

- Gustavo ZAGREBELSKY              

- Valerio ONIDA                    

- Carlo MEZZANOTTE                     

- Fernanda CONTRI               

- Guido NEPPI MODONA                

- Piero Alberto CAPOTOSTI             

- Annibale MARINI               

- Giovanni Maria FLICK                    

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale del decreto legislativo 27 maggio 1999, n. 165, recante "Soppressione dell’AIMA e istituzione dell’Agenzia per le erogazioni in agri-coltura (AGEA), a norma dell’articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59", e articoli 1; 2; 3, commi da 1 a 4; 4; 5, commi 3 e 5; 6; 11; 13, comma 1, dello stesso decreto legislativo, promosso con ricorso della Regione Lombardia, notificato il 14 luglio 1999, depositato in cancelleria il 21 successivo ed iscritto al n. 24 registro ricorsi 1999.

Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 19 giugno 2001 il Giudice relatore Carlo Mezzanotte;

uditi l’avvocato Giuseppe F. Ferrari per la Regione Lombardia e l’Avvocato dello Stato Glauco Nori per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. — La Regione Lombardia ha proposto questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli articoli 3, 5, 11, 76, 97, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione, del decreto legislativo 27 maggio 1999, n. 165, recante "Soppressione dell’AIMA e istituzione dell’Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA), a norma dell’articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59". L’impugnativa investe il decreto legislativo nella sua interezza e si appunta ulteriormente sugli articoli 1; 2; 3, commi da 1 a 4; 4; 5, commi 3 e 5; 6; 11; 13, comma 1.

Il decreto n. 165 é impugnato innanzitutto nell’intero testo per violazione della delega contenuta nell’art. 11 della legge n. 59 del 1997 (Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della pubblica amministrazione e per la semplificazione amministrativa), con la quale si autorizzava il Governo a riordinare, sopprimere e fondere Ministeri ed amministrazioni centrali anche ad ordinamento autonomo [comma 1, lettera a)] e a riordinare gli enti pubblici nazionali operanti in settori diversi dalla assistenza e previdenza [comma 1, lettera b)]. In attuazione di tale delega, il d.lgs. 4 giugno 1997, n. 143 (Conferimento alle Regioni delle funzioni amministrative in materia di agricoltura e pesca e riorganizzazione dell’amministrazione centrale), aveva provveduto a sopprimere il Ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali e ad istituire contestualmente il Ministero per le politiche agricole, disponendo il trasferimento alle Regioni di gran parte delle funzioni affidate in precedenza al Ministero soppresso. Il medesimo decreto aveva inoltre ordinato la soppressione degli enti, istituti e aziende sottoposti alla vigilanza del Ministero delle risorse agricole, con effetto a decorrere dall’entrata in vigore dei decreti delegati attuativi dell’art. 11 della legge n. 59 del 1997.

Secondo la ricorrente la logica ispiratrice di tali atti normativi, volta alla decentralizzazione delle funzioni tradizionalmente svolte a livello statale in materia di agricoltura, sarebbe stata tradita dal decreto impugnato, che avrebbe conservato una organizzazione centralistica del comparto agroalimentare, con conseguente violazione dell’art. 76 della Costituzione. Risulterebbero inoltre superati i limiti costituzionalmente posti all’esercizio di funzioni statali in materia di agricoltura, in quanto la completa estromissione delle Regioni dalla partecipazione alla gestione del settore della regolazione dei mercati e del coordinamento delle politiche agricole si porrebbe in contrasto con lo schema predisposto dal legislatore delegante, il quale prevedeva che la gestione del settore agricolo fosse completamente demandata alle Regioni, con riserva allo Stato dei soli compiti normalmente imposti dal principio di sussidiarietà. Il mantenimento in capo all’AGEA di incisive funzioni di gestione operativa determinerebbe anche lesione dei principi di ragionevolezza e buon andamento, con pregiudizio delle attribuzioni regionali in materia di agricoltura.

Oltre alla impugnazione dell’intero testo, il decreto n. 165 é specificamente censurato in alcuni suoi articoli.

Quanto agli artt. 1 e 2, con i quali si dispone, rispettivamente, la soppressione dell’Azienda di Stato per gli interventi nel mercato agricolo (AIMA) e la istituzione dell’AGEA, la ricorrente ne denuncia il contrasto con gli artt. 3, 5, 76, 97, 115, 117, 118 della Costituzione. Secondo la Regione Lombardia, poichè la riserva posta a favore dello Stato dall’art. 2 del decreto legislativo n. 143 del 1997 é limitata alle funzioni di disciplina generale e di coordinamento nazionale in materia di interventi di regolazione dei mercati, alle Regioni dovrebbe essere riconosciuta la generalità dei poteri di gestione nel settore degli aiuti all’agricoltura. Le disposizioni censurate, che collocano l’AGEA in una posizione preminente rispetto a quella regionale quanto ai poteri di gestione, sarebbero dunque irragionevoli e incoerenti con la filosofia sottesa ai decreti legislativi citati.

Altra censura ha ad oggetto gli artt. 3, commi 1 e 4, e 4, che si assumono lesivi degli artt. 3, 5, 11, 97, 115, 117 e 118 della Costituzione.

L’art. 3, comma 1, stabilisce che l’Agenzia rappresenta "l’organismo di coordinamento" di cui all’art. 4, paragrafo 1, lettera b), del regolamento CEE n. 729/70 (come modificato dall’art. 1 del regolamento CE n. 1287/95), agisce come unico rappresentante dello Stato italiano nei confronti della Commissione europea per tutte le questioni relative al Fondo europeo di orientamento e di garanzia in agricoltura (FEOGA) ed é responsabile nei confronti dell’Unione europea degli adempimenti connessi alla gestione degli aiuti derivanti dalla politica agricola comune, nonchè degli interventi sul mercato e sulle strutture del settore agricolo, finanziate dal FEOGA. Il quarto comma del medesimo articolo, pure censurato, attribuisce all’Agenzia funzioni di organismo pagatore per l’erogazione di aiuti, contributi e premi comunitari previsti dalla normativa comunitaria e finanziati dal FEOGA, fino alla istituzione a livello regionale e al riconoscimento degli organismi pagatori. L’art. 4, a sua volta, elenca i compiti della nuova agenzia ed espressamente dispone il subentro dell’AGEA in tutte le attribuzioni di rilievo nazionale precedentemente riconosciute in capo all’AIMA da specifiche leggi nazionali o da regolamenti comunitari. Secondo la ricorrente, con le anzidette disposizioni sarebbero state accentrate nell’AGEA non solo le funzioni di coordinamento, ma tutte le attività amministrative propriamente decisorie ed esecutive in materia di finanziamenti per l’agricoltura e di interventi sui mercati agricoli, con lesione dell’autonomia regionale. L’accentramento e la concentrazione in capo all’agenzia delle funzioni di organismo pagatore e di coordinamento sarebbero contrari alla stessa normativa comunitaria, e segnatamente all’art. 4, paragrafo 1, lettera b), del regolamento CEE 729/70 poco sopra citato, dal quale sarebbe possibile desumere, in primo luogo, che solo qualora gli organismi pagatori effettivamente istituiti siano più di uno sorgerebbe la necessità di un controllo pubblico e quindi si giustificherebbe la presenza di una autorità centrale con funzione di coordinamento e, secondariamente, che dovrebbe comunque essere interdetta la concentrazione in capo ad uno stesso soggetto dei compiti di organismo pagatore e di organismo di coordinamento.

Una ulteriore censura regionale investe i commi 2 e 3 del medesimo art. 3. Il comma 2 demanda al Ministero per le politiche agricole, sentita la Commissione europea e d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, il compito di determinare un limite al numero degli organismi pagatori e di stabilire le modalità e le procedure per il relativo riconoscimento; il comma 3 dispone che gli organismi pagatori debbano essere istituiti dalle Regioni e che debbano ottenere il riconoscimento, previa verifica della sussistenza dei requisiti richiesti e sentita l’AGEA. La ricorrente contesta l’attribuzione allo Stato del compito di stabilire discrezionalmente un limite numerico all’istituzione di organismi pagatori, che, in assenza di indici sicuri, ricavabili da norme di rango primario, potrebbe determinare irragionevoli sperequazioni tra Regione e Regione; inoltre ritiene che i criteri di riconoscimento degli organismi pagatori non dovrebbero essere posti a livello statale, ma che piuttosto ciascuna Regione dovrebbe essere messa in condizione di poter dare autonomamente attuazione alla normativa comunitaria, che definirebbe già, in modo sommario, le caratteristiche che gli organismi pagatori devono presentare.

E’ impugnato l’art. 5, comma 3, per violazione degli artt. 3, 5, 11, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione. La disposizione censurata, che conferisce all’AGEA la facoltà di avvalersi, in mancanza dell’istituzione o nelle more del riconoscimento degli organismi pagatori e previa intesa con le Regioni, degli uffici di queste ultime per lo svolgimento delle funzioni relative alla gestione degli aiuti e degli interventi derivanti dalla politica agricola comune, afferma di porsi in attuazione di quanto prescritto dal regolamento CE n. 1663/95, punto 4 dell’allegato, ove si afferma che la funzione di autorizzazione dei pagamenti e/o il servizio tecnico "possono essere delegati in tutto o in parte ad altri organismi". Proprio il fatto che in tale disposizione si parli di "delega" e non di mero "avvalimento", secondo la Regione ricorrente, varrebbe a dimostrare che la disposizione impugnata ha violato la normativa comunitaria, con lesione mediata dell’art. 11 della Costituzione. Sarebbe stato inoltre consentito all’agenzia di avvalersi degli uffici regionali senza disporre in favore delle Regioni il trasferimento dei mezzi finanziari necessari per fronteggiare i nuovi oneri, con pregiudizio della autonomia amministrativa e finanziaria regionale.

Del medesimo articolo 5 viene impugnato anche, in riferimento agli artt. 3, 5, 11, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione, il comma 5, il quale dispone che alle eventuali rettifiche negative apportate dalla Comunità alle spese dichiarate dagli organismi pagatori si faccia fronte mediante assegnazione ad un apposito conto corrente di tesoreria intestato al Ministero del tesoro e che "in caso di correzioni finanziarie negative comunque imputabili agli organismi pagatori istituiti dalle regioni, il Ministro del tesoro, su segnalazione del Ministro per le politiche agricole, stabilisce, in sede di ripartizione dei finanziamenti alle Regioni, le somme da detrarre". Con la previsione di un simile meccanismo, secondo la ricorrente, gli "sfondamenti" del tetto di spesa imputabili agli organismi pagatori istituiti a livello regionale dovrebbero essere sopportati dalle Regioni stesse, che subirebbero le conseguenze di disfunzioni ed errori che non sono riconducibili ad una loro diretta responsabilità, ma sono piuttosto addebitabili ad organismi sui quali le Regioni non sembrerebbero poter esercitare alcuna funzione di controllo.

Ulteriore censura é quella relativa all’art. 6, impugnato in riferimento agli artt. 3, 5, 97, 115, 117 e 118 della Costituzione, in quanto dispone il trasferimento alle Regioni del personale in servizio presso l’AIMA non confluito nell’AGEA, senza peraltro dotare le Regioni medesime delle risorse finanziarie all’uopo necessarie e senza coinvolgerle nel procedimento relativo.

E’ oggetto di impugnativa anche l’art. 11, per violazione degli artt. 3, 5, 97, 115, 117, 118, 119 della Costituzione. Nel designare l’AGEA quale successore universale della soppressa azienda di Stato per gli interventi nel mercato agricolo, questa disposizione vulnererebbe l’autonomia finanziaria delle Regioni. Trattenere all’AGEA tutti i beni della soppressa AIMA dopo aver trasferito alle Regioni il personale dell’AIMA non confluito nell’AGEA, argomenta la ricorrente, significherebbe scaricare sulle Regioni i costi del personale eccedentario. La disposizione censurata risulterebbe quindi in contrasto "con il fondamentale principio di adeguatezza delle risorse finanziarie assegnate alle Regioni rispetto ai compiti – sia pure esigui – ad esse di fatto affidati".

La Regione Lombardia denuncia infine la violazione degli artt. 3, 5, 97, 115, 117 e 118 Cost., da parte dell’art. 13, comma 1, il quale affida le funzioni di certificazione dei conti annuali degli organismi pagatori ad un comitato ad hoc, istituito presso il Ministero del tesoro, che si avvale di personale regionale designato dalla Conferenza Stato-Regioni. Alla ricorrente appare lesivo delle proprie attribuzioni costituzionali che l’individuazione del personale di cui il comitato dovrebbe avvalersi spetti alla Conferenza Stato-Regioni e non alle singole Regioni interessate.

2. Si é costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile o comunque infondato.

La difesa erariale, nel replicare alle censure regionali, secondo le quali il decreto n. 165, attraverso l’istituzione dell’AGEA, avrebbe mantenuto allo Stato competenze spettanti alla Regione, rileva che l’agenzia opera quale organismo di coordinamento per l’attuazione della normativa comunitaria ed é indicata come rappresentante unico dello Stato italiano nei confronti della Commissione europea per tutte le questioni relative al Fondo europeo di orientamento e garanzia in agricoltura. I compiti ad essa affidati dal decreto legislativo impugnato non potrebbero dunque essere esercitati che in forma unitaria e coordinata, al fine di evitare infrazioni di norme comunitarie.

In ordine alla impugnazione degli artt. 1 e 2, che, rispettivamente, sopprimono l’AIMA e istituiscono l’AGEA, l’Avvocatura ne contesta l’ammissibilità, rilevando come nel ricorso regionale non sia precisato quali competenze dell’AGEA violerebbero competenze proprie della Regione. Analoga ragione di inammissibilità dovrebbe valere nei confronti dell’impugnazione dell’art. 4, con la quale si lamenta che all’agenzia sono state affidate tutte le attività amministrative propriamente decisorie ed esecutive in materia di finanziamenti dell’agricoltura e di interventi sul mercato agricolo, senza indicare a quali attività e a quali specifiche norme si faccia riferimento.

Quanto alla impugnazione dell’art. 3, la difesa dello Stato osserva preliminarmente che la Regione non sembra contestare i compiti di coordinamento affidati all’AGEA, ma piuttosto lamenta che l’agenzia sia configurata come organismo pagatore dello Stato italiano. Tale competenza sarebbe tuttavia attribuita in via soltanto temporanea, al fine di consentire alle Regioni di organizzarsi adeguatamente per far fronte alle proprie competenze in materia, ciò che dovrebbe bastare ad escludere la illegittimità costituzionale della menzionata disposizione. In riferimento ai commi 2 e 3 del medesimo articolo, che affidano al Ministro per le politiche agricole la determinazione del numero degli organismi pagatori, si osserva che l’obbligo di fissazione di un limite numerico agli organismi pagatori risulta espressamente dal regolamento CE n. 1663/95 e che d’altro canto le attribuzioni regionali in materia non possono dirsi affatto incise, in quanto il Ministro può procedere alla determinazione di tale numero solo previa intesa con la Conferenza Stato-Regioni.

Non potrebbe essere accolta, secondo l’Avvocatura dello Stato, la censura che investe l’art. 5, comma 3, il quale autorizza l’agenzia ad avvalersi degli uffici regionali, in quanto anche in questo caso é prevista una intesa con le Regioni, che dovrebbe adeguatamente tutelare l’autonomia organizzativa e finanziaria della ricorrente.

Pure da respingere, secondo la difesa del Presidente del Consiglio dei ministri, sarebbe la censura relativa all’art. 5, comma 5, che fa gravare sulle Regioni le correzioni finanziarie negative imputabili agli organismi pagatori istituiti a livello regionale. Tali correzioni finanziarie, si argomenta, sarebbero effettuate dalla Comunità e quindi lo Stato le subirebbe, al pari delle Regioni, nè potrebbe sostenersi che lo Stato, tenuto a rispondere subito verso la Comunità degli sfondamenti di spesa, debba attendere il pagamento spontaneo della singola Regione debitrice.

Quanto al trasferimento del personale dall’AIMA all’AGEA, di cui all’art. 6, secondo la difesa erariale sarebbe perfettamente legittimo lasciare allo Stato la valutazione relativa al personale da trasferire, posto che l’AGEA é un ente statale, nè potrebbe la Regione lamentare il mancato coinvolgimento nella procedura di determinazione del personale da trasferire, che, secondo l’Avvocatura, potrebbe far sorgere "questioni sul piano amministrativo, ma non su quello della legittimità costituzionale della legge".

In ordine all’art. 11, che designa l’AGEA come successore universale della soppressa AIMA, la difesa dello Stato nega che la Regione possa vantare alcun diritto sul patrimonio di un ente nazionale che viene soppresso ed i cui beni lo Stato destina ad un nuovo ente che gli succede nei compiti essenziali e rileva come la Regione abbia già ottenuto le risorse necessarie a coprire le spese per il personale trasferito (art. 6, comma 4, del decreto impugnato).

Quanto infine alla impugnazione dell’art. 13, che affida le funzioni di certificazione dei conti annuali degli organismi pagatori ad un comitato istituito presso il Ministero del tesoro, l’Avvocatura rileva che esso risulterebbe direttamente attuativo del regolamento CE n. 1663/95, il quale richiede che la certificazione sia rilasciata da un servizio o da un organismo indipendente sotto il profilo funzionale dall’organismo pagatore o dall’organismo di coordinamento.

Considerato in diritto

1. La Regione Lombardia ha proposto questione di legittimità costituzionale in via principale del decreto legislativo 27 maggio 1999, n. 165, recante "Soppressione dell’AIMA e istituzione dell’Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA), a norma dell’articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59", nella sua interezza e con specifico riguardo agli articoli 1; 2; 3, commi da 1 a 4; 4; 5, commi 3 e 5; 6; 11; 13, comma 1, denunciandone il contrasto con gli articoli 3, 5, 11, 76, 97, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione e con il principio di leale collaborazione.

2. La ricorrente, con un primo motivo di ricorso, denuncia l’intero decreto legislativo per contrasto con la previsione dell’art. 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59, che autorizzava il Governo ad emanare uno o più decreti legislativi diretti a "razionalizzare l’ordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri e dei Ministeri, anche attraverso il riordino, la soppressione e la fusione di Ministeri, nonchè di amministrazioni centrali anche ad ordinamento autonomo". La ratio della delega legislativa, volta alla decentralizzazione delle funzioni tradizionalmente svolte a livello statale in materia di agricoltura, sarebbe stata tradita dal decreto impugnato, che avrebbe conservato una organizzazione centralistica del settore agroalimentare attraverso la istituzione di un ente, l’AGEA, in tutto identico, per funzioni e patrimonio, alla soppressa Azienda di Stato per gli interventi nel mercato agricolo (AIMA), con ciò ledendo attribuzioni regionali.

Nonostante che l’Avvocatura dello Stato abbia preliminarmente eccepito la inammissibilità della censura per la genericità della sua formulazione, é di tutta evidenza che essa va letta nel complessivo contesto del ricorso, rispetto al quale non é dotata di alcuna autonomia, poichè si limita ad esporre in forma sintetica una doglianza che viene rivolta, nei successivi motivi di ricorso, contro disposizioni determinate, sicchè é a queste che può farsi riferimento per individuare l’oggetto specifico della questione di costituzionalità.

3. La prima questione concerne dunque gli artt. 1 e 2 del d.lgs. n. 165, con i quali si dispone la soppressione e la messa in liquidazione dell’AIMA e, rispettivamente, la istituzione dell’AGEA. La ricorrente assume che i poteri di gestione nel settore degli aiuti all’agricoltura dovrebbero essere attribuiti non all’AGEA, ma alle Regioni, in quanto la riserva posta a favore dello Stato dall’art. 2 del decreto legislativo n. 143 del 1997 é limitata alle funzioni di disciplina generale e di coordinamento nazionale in materia di interventi di regolazione dei mercati.

3.1. La questione non é fondata.

Il decreto legislativo n. 143 del 1997, attuativo della delega contenuta nella legge n. 59 del 1997, pur assegnando alle Regioni la generalità delle funzioni e dei compiti relativi alle materie della agricoltura, foreste, pesca, agriturismo, caccia, sviluppo rurale, alimentazione, espressamente riserva allo Stato (art. 2, comma 2) "compiti di disciplina generale e di coordinamento nazionale" in una serie di materie, tra cui vengono qui in rilievo quelle delle "scorte e approvvigionamenti alimentari (…); importazione ed esportazione dei prodotti agricoli e alimentari, nell’ambito della normativa vigente; interventi di regolazione dei mercati".

Ebbene, i compiti affidati all’AGEA, che sono indicati negli artt. 3, 4 e 5 del decreto impugnato, possono essere agevolmente ricondotti alle materie oggetto di riserva allo Stato. L’agenzia, infatti, rappresenta l’organismo di coordinamento per l’attuazione della normativa comunitaria espressamente richiesto dall’art. 4, paragrafo 1, lettera b), del regolamento CEE n. 729/70 ed in tale qualità "promuove l’applicazione armonizzata della normativa comunitaria"; agisce come unico rappresentante dello Stato italiano nei confronti della Commissione europea per tutte le questioni relative al Fondo europeo di orientamento e garanzia in agricoltura (FEOGA); é responsabile nei confronti dell’Unione europea degli adempimenti connessi alla gestione degli aiuti derivanti dalla politica agricola comune, nonchè degli interventi sul mercato e sulle strutture del settore agricolo, finanziate dal FEOGA; svolge "i compiti di esecuzione delle forniture dei prodotti agroalimentari disposte dalla Unione europea per gli aiuti alimentari e la cooperazione economica con altri Paesi, nonchè delle operazioni di provvista e di acquisto sul mercato interno e internazionale dei prodotti agroalimentari per la formazione delle scorte necessarie e di quelle relative all’immissione regolata sul mercato interno e alla collocazione sui mercati comunitari ed extracomunitari dei suddetti prodotti".

Traspare chiaramente da tale elencazione di compiti come il decreto legislativo impugnato non abbia affatto inteso contrastare, con la istituzione dell’AGEA, la scelta di decentralizzazione delle funzioni di gestione del comparto agroalimentare espressa nella legge di delega, ma, anche al fine di evitare inadempienze rispetto alla regolamentazione comunitaria - che espongono lo Stato a responsabilità anche quando per l’ordinamento interno siano imputabili alle Regioni – abbia trattenuto, affidandole appunto all’AGEA, quelle funzioni di rilievo nazionale che non avrebbero potuto essere esercitate dalle Regioni, in quanto richiedono l’esercizio in forma unitaria e coordinata a livello centrale. Sono espliciti in tal senso, oltre all’art. 3, primo comma, sopra menzionato, l’art. 5, primo comma, del d.lgs. n. 165 che affida alla agenzia il compito di promuovere "l’applicazione armonizzata della normativa comunitaria", verificando a tale fine "la conformità e i tempi delle procedure istruttorie e di controllo seguite dagli organismi pagatori" anche attraverso il "monitoraggio delle attività svolte dagli stessi". Anche la clausola di chiusura posta nell’art. 4, che significativamente limita il trasferimento all’AGEA, fra tutti i compiti in passato attribuiti all’AIMA, solo di quelli "di rilievo nazionale", mostra come la sovrapposizione tra i due organismi non sia totale e come nel riordino della materia il legislatore delegato abbia perseguito l’obiettivo di un consistente decentramento regionale. Devono infatti intendersi trasferite alle Regioni tutte le funzioni un tempo conferite all’AIMA che non richiedano di essere esercitate unitariamente a livello nazionale.

Quanto alla ulteriore censura per la quale la finalità di riordino propria della delega non autorizzerebbe il legislatore delegato ad istituire un nuovo organismo, é sufficiente osservare che nessun argomento, letterale o sistematico, induce a ritenere che la norma di delega intendesse escludere l’istituzione di organismi nuovi. Nel riferimento dell’art. 11 della legge n. 59 del 1997 alla "fusione" delle amministrazioni centrali può leggersi anzi il fondamento legittimante di una determinazione del Governo intesa a far nascere nuovi enti, se é vero che una delle modalità attraverso le quali una fusione si realizza può consistere nell’accentramento in un ente di nuovo conio di funzioni e compiti precedentemente assegnati ad enti diversi, dei quali venga disposta la soppressione.

4. Una ulteriore censura ha ad oggetto l’art. 3, commi 1 e 4, e l’art. 4, dei quali si denuncia il contrasto con gli artt. 3, 5, 11, 97, 115, 117 e 118 della Costituzione. Il comma 1 dell’art. 3 qualifica l’AGEA come l’organismo di coordinamento di cui all’art. 4, paragrafo 1, lettera b), del regolamento CEE n. 729/70 (come modificato dall’art. 1 del regolamento CE 1287/95) e la riconosce come unico rappresentante dello Stato italiano dinanzi alla Commissione europea per tutte le questioni relative al FEOGA; il comma 4 del medesimo articolo dispone che essa, transitoriamente, svolge le funzioni di organismo pagatore per l’erogazione di aiuti, contributi e premi comunitari previsti dalla normativa europea e finanziati dal FEOGA, fino alla istituzione ed al riconoscimento a livello regionale degli organismi pagatori. Dal canto suo l’art. 4, oltre ad elencare le attribuzioni della nuova agenzia delle quali si é appena riferito, espressamente sancisce che l’AGEA svolge "gli altri compiti, di rilievo nazionale, già attribuiti all’AIMA da specifiche leggi nazionali o da regolamenti comunitari". Con le citate disposizioni, secondo la Regione Lombardia, sarebbero state conferite all’AGEA non solo le funzioni di coordinamento, ma tutte le attività amministrative propriamente decisorie ed esecutive in materia di finanziamenti per l’agricoltura e di interventi sui mercati agricoli, con illegittima compressione degli spazi di autonomia costituzionalmente riservati alla Regione.

4.1. La questione non é fondata.

Sia dall’esame dei lavori preparatori, sia dalla lettura degli articoli 3, 4 e 5, che riguardano i già descritti compiti dell’AGEA, risulta chiaramente come la ratio del decreto impugnato non consista nel conferire all’AGEA attività di gestione diretta nel settore degli aiuti comunitari alla agricoltura, ma piuttosto nel riservare ad essa, da un lato, sul piano interno, le funzioni di coordinamento, di supporto tecnico e di consulenza degli organismi pagatori decentrati a livello regionale; dall’altro, in un orizzonte operativo più ampio di quello nazionale, la rappresentanza unitaria nei confronti della Unione europea.

E’ esplicito, in tal senso, l’art. 5, comma 1, che riconosce la responsabilità dell’AGEA nei confronti dell’Unione europea (ovviamente, da intendersi limitata al piano tecnico e operativo) non già per la gestione diretta degli aiuti, bensì per gli "adempimenti connessi alla gestione degli aiuti derivanti dalla politica agricola comune", sul presupposto, evidentemente, che tale gestione spetti in concreto ad organi diversi dall’AGEA e che essa nei loro confronti sia investita soltanto di una funzione di coordinamento.

Non varrebbe osservare che una delle più importanti attività di gestione degli interventi in agricoltura, quella di erogazione dei pagamenti, sia al momento svolta dall’AGEA, come dispone il comma 4 dell’art. 3. La disciplina in oggetto - che mira a rendere possibile un passaggio graduale dal regime di centralizzazione dei pagamenti nell’AIMA ad un decentramento operativo imperniato sugli organismi pagatori regionali e quindi ad assicurare che, nelle more della liquidazione dell’AIMA e del riconoscimento degli organismi pagatori, la funzionalità del sistema dei finanziamenti comunitari alla agricoltura non sia compromessa - ha dichiaratamente un carattere di transitorietà. La Regione potrebbe dunque legittimamente considerare lese le sue competenze costituzionali in materia solo ove una indefinita protrazione nel tempo di tale regime transitorio finisse di fatto per accentrare nell’AGEA la funzione di erogazione dei pagamenti. Tale evenienza, tuttavia, risulta scongiurata a seguito del decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali, adottato il 22 ottobre 2000 e pubblicato nel supplemento ordinario n. 175 alla Gazzetta Ufficiale del 4 luglio 2001, n. 153, il quale ha definito le modalità e le procedure per il riconoscimento degli organismi pagatori. Sono state infatti poste in essere le condizioni perchè le Regioni possano istituire i rispettivi organismi pagatori e conseguentemente far cessare il regime transitorio del quale si denuncia l’illegittimità costituzionale.

5. I commi 2 e 3 dell’art. 3 sono impugnati per violazione degli artt. 3, 5, 97, 115, 117 e 118 della Costituzione. La Regione Lombardia contesta l’attribuzione allo Stato del compito di stabilire discrezionalmente un limite numerico all’istituzione di organismi pagatori, asserendo che esso potrebbe determinare irragionevoli sperequazioni tra Regione e Regione, e considera lesiva delle proprie competenze la riserva allo Stato del potere di fissare i requisiti necessari per il riconoscimento di quegli organismi, osservando che tali requisiti sarebbero già determinati dalla normativa comunitaria, che ciascuna Regione avrebbe dovuto essere messa in condizione di poter autonomamente attuare.

5.1. La questione non é fondata.

La determinazione del numero degli organismi pagatori, che costituisce per ciascuno Stato membro un obbligo comunitario (art. 1 del regolamento CE n. 1663/95) é affidata dall’art. 3, comma 2, del d.lgs. censurato al Ministro per le politiche agricole, il quale vi provvede non già unilateralmente, ma sentita la Commissione europea e, inoltre, "d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano". La previsione della obbligatoria acquisizione di una intesa con la predetta Conferenza, che rende rilevante la volontà di tutte le Regioni, non solo garantisce che le loro attribuzioni costituzionali siano adeguatamente tutelate, ma consente di evitare quelle sperequazioni tra Regione e Regione che potrebbero più facilmente prodursi ove la determinazione del numero degli organismi pagatori fosse affidata a meccanismi procedimentali diversi da quello oggetto di impugnativa.

L’art. 3, comma 3, dal canto suo, attribuisce allo Stato il potere di fissare le "modalità e le procedure" per il riconoscimento degli organismi pagatori, nulla disponendo in ordine ai criteri, che dovranno essere tratti dalla normativa comunitaria. Poichè é incontroverso che il potere di riconoscimento sia riservato allo Stato, a questo non può negarsi la potestà di organizzarne l’esercizio sul piano procedurale. La disciplina di fonte statale, in assenza di una qualsiasi istanza unitaria, non potrebbe ovviamente interporsi tra la fonte comunitaria e quella regionale, limitando così la potestà della Regione di dare essa medesima attuazione al regolamento comunitario. Ma che tale evenienza non ricorra nella specie, oltre che dalla lettera della disposizione censurata - che allude, come si é detto, solo alle "modalità e procedure" del riconoscimento - é confermato anche dal fatto che questa, e non altra, é l’interpretazione fatta propria dal decreto ministeriale 22 ottobre 2000. Esso, nel dare attuazione alla disciplina legislativa in questione, lungi dal dettare criteri, ha stabilito, all’art. 2, comma 2, che, ai fini del riconoscimento, gli organismi istituiti dalle Regioni "dovranno conformarsi ai criteri contenuti nell’allegato al regolamento (CE) n. 1663/95, e successive modificazioni ed integrazioni, nonchè alle linee direttrici della Commissione UE inerenti la revisione dei conti" e nell’art. 3, comma 2, che l’organismo di pagamento debba soddisfare "tutte le condizioni per il riconoscimento contenute nella regolamentazione comunitaria, ancorchè non espressamente citate nel presente decreto".

Nessuna lesione dell’autonomia normativa regionale é quindi ravvisabile in ordine all’attuazione del predetto regolamento comunitario, restando rimessa alla libera determinazione della Regione la scelta circa la forma giuridica e la struttura organizzativa degli organismi pagatori, anche eventualmente dettando condizioni più stringenti e rigorose di quelle previste dalla normativa comunitaria ai fini del riconoscimento.

6. Una ulteriore censura regionale ha ad oggetto l’art. 5, comma 3, per violazione degli artt. 3, 5, 11, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione. La ricorrente lamenta che tale disposizione, che conferisce all’AGEA il potere di avvalersi, in mancanza dell’istituzione o nelle more del riconoscimento degli organismi pagatori, degli uffici delle Regioni, integrerebbe una violazione del regolamento CE n. 1663/95, punto 4 dell’allegato, ove si ammette che la funzione di autorizzazione dei pagamenti e/o il servizio tecnico possano essere "delegati", senza fare cenno ad ipotesi di avvalimento. Secondo la Regione Lombardia, inoltre, la propria autonomia amministrativa e finanziaria risulterebbe pregiudicata, in quanto non sarebbe stato disposto in favore delle Regioni il trasferimento dei mezzi finanziari necessari per fronteggiare gli oneri derivanti dall’avvalimento.

6.1. La questione non é fondata.

Fermi gli obblighi che derivano dalla disciplina di fonte comunitaria in ordine alla organizzazione del sistema degli organismi pagatori ed alla predisposizione di garanzie di qualità delle prestazioni dagli stessi fornite, la norma comunitaria non pone alcun vincolo circa la forma giuridica attraverso la quale i servizi di pagamento debbano essere concretamente organizzati, che resta liberamente determinabile da parte degli Stati membri. Non é dunque possibile ritenere che il termine "delega" che compare nel regolamento CE n. 1663/95, punto 4 dell’allegato, debba essere inteso nel significato che ad esso é ascritto nell’ordinamento interno e dunque si traduca per il legislatore italiano in un vincolo così stringente da rendere illegittima la previsione che autorizza l’AGEA ad "avvalersi" degli uffici delle Regioni.

Quanto al motivo di censura ulteriore, che si incentra sulla omessa previsione di un trasferimento di risorse atto a compensare i costi connessi all’avvalimento, deve osservarsi che la possibilità per l’AGEA di avvalersi degli uffici regionali appare chiaramente subordinata, nella norma oggetto di impugnativa, alla acquisizione di una intesa con le singole Regioni, le quali ben potranno in questa sede tutelare tutte le loro attribuzioni costituzionali, anche con riguardo alla loro autonomia organizzativa e finanziaria.

7. Del medesimo articolo 5 é stato impugnato anche, in riferimento agli artt. 3, 5, 11, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione, il comma 5. Secondo la ricorrente il sistema di imputazione delle correzioni finanziarie negative apportate dalla Comunità alle spese dichiarate dagli organismi pagatori sarebbe tale da far gravare gli "sfondamenti" del tetto di spesa sulle singole Regioni, che patirebbero in tal modo le conseguenze di irregolarità od errori che non sono ad esse imputabili, ma piuttosto devono addebitarsi agli organismi pagatori, sui quali le Regioni non potrebbero esercitare alcun controllo.

7.1. La questione non é fondata.

La disposizione impugnata detta la disciplina delle correzioni finanziarie che la Comunità europea apporta alle spese dichiarate dagli organismi pagatori degli Stati membri, quando tali spese non siano "riconosciute", perchè effettuate fuori delle condizioni di tempo e di modo espressamente poste per l’erogazione. Nel sistema attuale, nel quale gli organismi pagatori sono centralizzati a livello statale, non essendo ancora stati istituiti quelli regionali, alle rettifiche negative si fa fronte mediante assegnazione dei fondi su un conto corrente di tesoreria intestato "Ministero del tesoro-FEOGA". E’ dunque lo Stato a rispondere immediatamente nei confronti della Comunità per irregolarità, inefficienze od errori imputabili agli organismi pagatori statali. In modo perfettamente simmetrico il legislatore ha previsto che, quando il sistema degli organismi pagatori regionali sarà divenuto operativo, le correzioni negative ad essi imputabili dovranno gravare sulle Regioni, in sede di ripartizione dei finanziamenti regionali, attraverso detrazione delle somme corrispondenti a quelle che gli organismi regionali hanno indebitamente erogato. La circostanza che sia previsto un organismo operante a livello nazionale con funzioni di coordinamento e di controllo non vuol certo dire che gli organismi pagatori siano legittimati ad amministrare i fondi comunitari senza l’osservanza delle modalità e dei tempi imposti dalla disciplina comunitaria o che gli errori o le inadempienze in cui questi siano incorsi debbano gravare su altre collettività regionali. Si tratta in definitiva di un meccanismo di natura compensativa diretto al duplice fine di evitare di esporre lo Stato a responsabilità nei confronti della Comunità e non gravare di oneri ingiustificati i bilanci di altre Regioni. Tale meccanismo non può dirsi lesivo di competenze regionali costituzionalmente fondate, nè peraltro pregiudica la possibilità per le Regioni di contestare singole voci di recupero anche attraverso le normali vie giurisdizionali.

8. Ulteriore censura é quella relativa all’art. 6, impugnato in riferimento agli artt. 3, 5, 97, 115, 117 e 118 della Costituzione, in quanto disporrebbe il trasferimento alle Regioni del personale in servizio presso l’AIMA non confluito nell’AGEA, senza dotare le Regioni medesime delle risorse finanziarie a tal fine necessarie e senza coinvolgerle nel procedimento relativo.

8.1. La questione non é fondata.

Contrariamente a quanto asserito dalla Regione ricorrente, la disposizione impugnata, nel comma 4, espressamente stabilisce che il personale della agenzia che attualmente assicura il funzionamento dell’organismo pagatore sarà trasferito alle Regioni, non appena saranno istituiti e riconosciuti gli organismi pagatori a livello regionale, "con le relative risorse finanziarie". Nessuna vulnerazione dell’autonomia finanziaria della Regione può dirsi dunque prodotta.

Neppure possono considerarsi lese attribuzioni regionali per il fatto che, insieme alle funzioni precedentemente svolte dall’AIMA ed oggi di competenza delle Regioni, a queste sia stato addossato l’onere di assorbire quel personale dell’AIMA che non sia più necessario per l’assolvimento dei dismessi compiti di organismo pagatore. Nel passaggio da un sistema di organizzazione dei pagamenti fortemente accentrato ad uno ispirato ad un largo decentramento, il legislatore delegato, ricalcando un modulo che il nostro ordinamento ha ampiamente sperimentato in occasione dei diversi trasferimenti di funzioni in favore delle Regioni, ha disposto che il trasferimento comprenda anche il personale, così da assicurare il massimo di continuità nell’avvicendamento nelle funzioni e, al contempo, la possibilità di un effettivo ed efficiente loro esercizio, evitando dispersione di risorse umane e professionali.

9. Viene pure contestata, in riferimento agli artt. 3, 5, 97, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione, la legittimità dell’art. 11, il quale designa l’AGEA quale successore universale della soppressa azienda di Stato per gli interventi nel mercato agricolo. La ricorrente sostiene che trattenere all’AGEA tutti i beni della soppressa AIMA, dopo aver trasferito il personale dell’AIMA non confluito nell’AGEA alle Regioni, equivarrebbe a far gravare su queste i costi del personale eccedentario, con conseguente pregiudizio del principio di adeguatezza delle risorse finanziarie assegnate rispetto ai compiti conferiti.

9.1. La questione non é fondata.

E’ certo vero che il trasferimento alle Regioni del personale dell’AIMA non confluito nell’AGEA deve accompagnarsi al conferimento alle Regioni delle risorse finanziarie necessarie a coprire i maggiori costi (ed a ciò, del resto, provvede, come si é sopra rilevato, l’art. 6, comma 4). Ma ciò non vuol dire che sul legislatore gravasse anche l’obbligo di designarle come successori nella titolarità dei beni della soppressa AIMA. Nessun diritto successorio sul patrimonio dell’ente nazionale che viene soppresso possono vantare le Regioni, la cui autonomia finanziaria non subisce perciò alcuna lesione allorchè vengano provviste dei mezzi per far fronte ai propri compiti.

10. L’ultima questione, proposta in riferimento agli artt. 3, 5, 97, 115, 117 e 118 della Costituzione, investe l’art. 13, comma 1, il quale affida le funzioni di certificazione dei conti annuali degli organismi pagatori ad un comitato ad hoc, istituito presso il Ministero del tesoro, che si avvale di personale regionale designato dalla Conferenza Stato-Regioni. Il fatto che la designazione competa alla predetta Conferenza e non alle singole Regioni interessate appare alla ricorrente lesivo delle proprie attribuzioni costituzionali.

10.1. La disposizione impugnata é stata interamente sostituita dall’art. 13 del d.lgs. 15 giugno 2000, n. 188 [Disposizioni correttive e integrative del d.lgs. 27 maggio 1999, n. 165, recante soppressione dell’AIMA e istituzione dell’Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA), a norma dell’articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59] il quale ha affidato le predette funzioni di certificazione a società abilitate, non controllate dallo Stato, nel rispetto della normativa nazionale e comunitaria sugli appalti pubblici di servizi.

A seguito dell’intervenuto mutamento legislativo, che ha fatto venire meno la disposizione censurata, la quale non ha ancora ricevuto applicazione, nè potrà riceverne in futuro, deve dichiararsi cessata la materia del contendere.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara cessata la materia del contendere in relazione alla questione di legittimità costituzionale dell’articolo 13, comma 1, del decreto legislativo 27 maggio 1999, n. 165, recante "Soppressione dell’AIMA e istituzione dell’Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA), a norma dell’articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59", sollevata, in riferimento agli articoli 3, 5, 97, 115, 117 e 118 della Costituzione, dalla Regione Lombardia con il ricorso indicato in epigrafe;

2) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli articoli 1; 2; 3, commi da 1 a 4; 4; 5, commi 3 e 5; 6 e 11 del medesimo decreto legislativo, sollevate, in riferimento agli articoli 3, 5, 11, 76, 97, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione, dalla Regione Lombardia con il ricorso indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 luglio 2001.

Cesare RUPERTO, Presidente

Carlo MEZZANOTTE, Redattore

Depositata in Cancelleria il 27 luglio 2001.