Ordinanza n. 248/2001

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ORDINANZA N.248

ANNO 2001

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai Signori Giudici:

- Cesare RUPERTO, Presidente

- Fernando SANTOSUOSSO 

- Massimo VARI         

- Gustavo ZAGREBELSKY  

- Valerio ONIDA        

- Carlo MEZZANOTTE         

- Guido NEPPI MODONA    

- Piero Alberto CAPOTOSTI 

- Annibale MARINI    

- Franco BILE 

- Giovanni Maria FLICK        

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 23 della legge 27 luglio 1978, n. 392 (Disciplina delle locazioni di immobili urbani), promosso con ordinanza emessa il 14 luglio 2000 dal Tribunale di Avellino nel procedimento civile vertente tra Antonio Sanseverino e Regina Maglio, iscritta al n. 686 del registro ordinanze 2000 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 46, prima serie speciale, dell'anno 2000.

  Visto l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

  udito nella camera di consiglio del 21 marzo 2001 il Giudice relatore Franco Bile.

Ritenuto che il Tribunale di Avellino ha sollevato, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 23 della legge 27 luglio 1978, n. 392 (Disciplina delle locazioni di immobili urbani), nella parte in cui - secondo il <<diritto vivente>> - esclude, per i contratti stipulati prima del 31 dicembre 1998, che il canone locativo risultante dall’applicazione degli artt. 12-22 della legge possa essere integrato, nella misura prevista dalla norma impugnata, qualora le opere di riparazione straordinaria in essa contemplate siano state <<eseguite nel periodo immediatamente antecedente alla stipula del contratto di locazione>>;

che l’ordinanza é stata pronunciata nel corso di un giudizio nel quale - avendo il conduttore di un immobile destinato ad uso abitativo chiesto la determinazione del cosiddetto equo canone e la condanna della locatrice alla restituzione delle somme indebitamente corrisposte in eccedenza - la convenuta ha eccepito <<la necessità che nella determinazione del canone si tenesse conto della ristrutturazione dell’immobile avvenuta [...] poco prima della stipula del contratto di locazione>>, con le conseguenze di cui all’art. 23 della legge n. 392 del 1978;

che - ad avviso del rimettente - l’esecuzione di lavori riconducibili all’impugnato art. 23 sarebbe stata dimostrata e l’applicazione della norma al caso di specie avrebbe comportato il rigetto della domanda di ripetizione, essendo il canone convenzionalmente stabilito inferiore a quello legale comprensivo dell’integrazione;

che tuttavia - prosegue il rimettente - il <<diritto vivente>> riconosce al locatore il diritto all’integrazione del canone solo se i lavori ex art. 23 siano stati eseguiti in pendenza di un rapporto locatizio (con effetti incidenti anche sui rapporti successivi), ma non anche se, come nella specie, essi siano stati eseguiti fuori di tale pendenza;

che - essendo perciò impedita l’interpretazione difforme della norma in esame - non resta, come extrema ratio, che il ricorso alla questione di costituzionalità;

che il giudice ritiene che la diversità di trattamento fra le due ipotesi sia contraria al principio di eguaglianza di cui al primo ed al secondo comma dell’art. 3 Cost., in quanto in entrambi i casi ricorrerebbe la ratio di <<incoraggiare le opere di manutenzione straordinaria e favorire così la conservazione ed il miglioramento del patrimonio immobiliare offerto in locazione, garantendo al proprietario un riequilibrio nel tempo del canone locativo che si contrapponga alla diminuzione dello stesso conseguente al decremento del coefficiente di vetustà>>;

che l’ingiustificata disparità di trattamento fra situazioni simili é tanto più evidente in quanto la legge n. 392 del 1978 aveva accolto il c.d. principio di spersonalizzazione del canone, per cui esso doveva considerarsi <<equo>> in base a criteri meramente oggettivi, indipendenti <<sia dalla persona del conduttore che dal rapporto specifico locatore-conduttore>>;

che é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, tramite l’Avvocatura generale dello Stato, depositando memoria, nella quale ha eccepito l’infondatezza della questione.

Considerato che il rimettente richiama il <<diritto vivente>> secondo cui solo le opere indicate dall'art. 23 della legge n. 392 del 1978, eseguite in pendenza di un rapporto locativo, possono dar luogo all’integrazione del canone prevista dalla stessa norma (con effetti estensibili ai rapporti futuri, pur se instaurati con altro conduttore);

che, prospettando un’irragionevole discriminazione in danno del soggetto che esegua le opere quando non sia in corso un rapporto locativo, il rimettente chiede a questa Corte una pronuncia additiva che preveda il diritto del locatore all’aumento del canone anche per opere effettuate <<nel periodo immediatamente antecedente alla stipula del contratto di locazione>>;

che siffatta pronuncia additiva dovrebbe fondarsi sull’affermata assimilabilità di quest’ultima situazione a quella cui si riferisce il <<diritto vivente>>;

  che, invece, l’ipotesi delle opere eseguite durante il rapporto locatizio é oggettivamente diversa da quella delle opere eseguite quando l’immobile non é locato, onde non ricorre la necessità della parità di trattamento imposta dal principio costituzionale di eguaglianza;

che, infatti, nella prima ipotesi (considerata dal <<diritto vivente>>) l’integrazione del canone, con effetto anche sui rapporti successivi, é collegata all’elemento oggettivo dell’esistenza di un contratto di locazione in corso, che, in caso di contenzioso nel quadro di successivi rapporti pur con altri conduttori, presenta sicuramente carattere di immediata riscontrabilità;

che, invece, la seconda ipotesi, concernente lavori eseguiti al di fuori di una locazione, si caratterizza per la mancata individuazione dell’arco temporale entro il quale i lavori stessi debbano collocarsi per rilevare come fatto costitutivo del diritto all’integrazione del canone in eventuali successivi contratti di locazione

che, del resto, l’addizione richiesta dal rimettente - volta ad estendere l’integrazione del canone al caso di opere <<eseguite nel periodo immediatamente antecedente alla stipula del contratto di locazione>> - comporterebbe il potere del giudice di valutare (al fine di stabilire se ricorrano i presupposti dell’integrazione) non solo la natura delle opere, com’é nella logica della norma impugnata, ma anche il momento della loro esecuzione, così configurando uno spazio di discrezionalità ulteriore rispetto a quello previsto dal sistema di canone legale introdotto dalla legge n. 392 del 1978, e confermando quindi la diversità delle situazioni assunte dal rimettente come meritevoli di identica disciplina;

che, pertanto, la questione di legittimità costituzionale deve essere dichiarata manifestamente infondata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi avanti alla Corte costituzionale.

PER QUSTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 23 della legge 27 luglio 1978, n. 392 (Disciplina delle locazioni di immobili urbani), sollevata, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, dal Tribunale di Avellino con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 luglio 2001.

Cesare RUPERTO, Presidente

Franco BILE, Redattore

Depositata in Cancelleria il 12 luglio 2001.