Ordinanza n. 242/2001

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ORDINANZA N. 242

ANNO 2001

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai Signori Giudici:

- Cesare RUPERTO, Presidente

- Massimo VARI

- Riccardo CHIEPPA

- Gustavo ZAGREBELSKY

- Valerio ONIDA

- Carlo MEZZANOTTE

- Fernanda CONTRI

- Guido NEPPI MODONA

- Piero Alberto CAPOTOSTI

- Franco BILE

- Giovanni Maria FLICK

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 57 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito), come modificato dall'art. 16 del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46 (Riordino della disciplina della riscossione mediante ruolo, a norma dell’art. 1 della legge 28 settembre 1998, n. 337), promosso con ordinanza emessa il 20 luglio 2000 dal Tribunale di Torre Annunziata nel procedimento civile vertente tra Antonio Cafiero ed altra ed il Banco di Napoli s.p.a., iscritta al n. 705 del registro ordinanze 2000 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 48, prima serie speciale, dell'anno 2000.

 Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

 udito nella camera di consiglio del 23 maggio 2001 il Giudice relatore Franco Bile.

Ritenuto che il Tribunale di Torre Annunziata ha proposto - in riferimento agli artt. 3 e 111 della Costituzione - la questione di legittimità costituzionale dell’art. 57 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito), nel testo risultante dalle modifiche apportate dall’art. 16 del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46 (Riordino della disciplina della riscossione mediante ruolo, a norma dell’art. 1 della legge 28 settembre 1998, n. 337);

che l’ordinanza è stata pronunziata in un giudizio nel quale due debitori - proprietari di due beni immobili pignorati dal concessionario del servizio di riscossione dei tributi, che ne aveva determinato il valore ai sensi dell’art. 79 del d.P.R. n. 602 del 1973 - avevano chiesto (sulla premessa che tale valore non corrispondesse a quello di mercato) un provvedimento di urgenza, di cui il rimettente non specifica il contenuto, assumendo di essere <<privati del diritto di azionare i rimedi di cui agli artt. 496 (riduzione del pignoramento) e 601 (divisione degli immobili)>>;

che il rimettente - ritenuta l’ammissibilità del ricorso ex art. 700 del codice di procedura civile, in quanto <<nel sistema delineato dal d.P.R. n. 602 del 1973 non è previsto il rimedio della riduzione del pignoramento né quello della divisione dei beni da espropriare>>, e premesso che il giudice ordinario può sospendere l’esecuzione esattoriale relativa a tributi riservati alla sua giurisdizione - ha, con la stessa ordinanza, sospeso la vendita degli immobili pignorati e sollevato la questione di legittimità costituzionale della norma citata <<nella parte in cui non prevede per il debitore la possibilità di agire con ricorso al giudice dell’esecuzione per ottenere la riduzione del pignoramento, analogamente a quanto disposto dall’art. 496 cod. proc. civ.>>;

che nessuna delle parti si è costituita avanti a questa Corte.

Considerato che la norma impugnata dispone, al primo comma, che non sono ammesse le opposizioni (all’esecuzione) regolate dall'art. 615 cod. proc. civ., fatta eccezione per quelle concernenti la pignorabilità dei beni, e le opposizioni (agli atti esecutivi) regolate dall'art. 617 cod. proc. civ. relative alla regolarità formale ed alla notificazione del titolo esecutivo, disciplinando, quindi, al secondo comma, le modalità di fissazione dell’udienza di comparizione delle parti <<se è proposta opposizione all’esecuzione o agli atti esecutivi>>;

che - secondo il rimettente - tale norma, viceversa, <<esclude la possibilità di opposizione all’esecuzione o agli atti esecutivi>> ed inoltre <<non prevede per il debitore la possibilità di agire con ricorso al giudice dell’esecuzione per ottenere la riduzione del pignoramento>>;

che il giudice rimettente - adito ai sensi dell’art. 700 cod. proc. civ. - non spiega minimamente le ragioni per le quali, dopo aver emanato un provvedimento urgente di sospensione della vendita di beni pignorati, ha mantenuto il giudizio avanti a sé, ancora nella veste di giudice della cautela, ed ha considerato rilevante la questione di legittimità costituzionale di una norma concernente i poteri del giudice dell’esecuzione;

che è del pari assolutamente priva di motivazione la tesi, apoditticamente enunciata in termini generali, secondo cui, in materia di esecuzione esattoriale, non sarebbero ammesse né le opposizioni all’esecuzione e agli atti esecutivi, né la riduzione del pignoramento ex art. 496 cod. proc. civ.;

che, del resto, il rimettente ha già ritenuto di soddisfare - con il provvedimento di sospensione dell’esecuzione esattoriale emanato ex art. 700 cod. proc. civ. - le esigenze di tutela a suo dire non garantite dalla norma impugnata, nell’interpretazione da lui accolta;

che ciascuno di siffatti rilievi determina da solo la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 57 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito), come modificato dall’art. 16 del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46 (Riordino della disciplina della riscossione mediante ruolo, a norma dell’art. 1 della legge 28 settembre 1998, n. 337), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 111 della Costituzione, dal Tribunale di Torre Annunziata con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 luglio 2001.

Cesare RUPERTO, Presidente

Franco BILE, Redattore

Depositata in Cancelleria il 6 luglio 2001.