Ordinanza n. 239/2001

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ORDINANZA N. 239

ANNO 2001

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai Signori Giudici:

- Cesare RUPERTO, Presidente

- Fernando SANTOSUOSSO

- Massimo VARI

- Riccardo CHIEPPA

- Gustavo ZAGREBELSKY

- Valerio ONIDA

- Carlo MEZZANOTTE

- Fernanda CONTRI

- Guido NEPPI MODONA

- Piero Alberto CAPOTOSTI

- Annibale MARINI

- Franco BILE

- Giovanni Maria FLICK

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 52, secondo comma, lettera a), del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito), promosso con ordinanza emessa il 15 marzo 2000 dal Tribunale di Milano nel procedimento di esecuzione proposto da Donatella Gandola contro l'Esazione Tributi s.p.a. ed altro, iscritta al n. 654 del registro ordinanze 2000 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 45, prima serie speciale, dell'anno 2000.

 Visto l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

 udito nella camera di consiglio del 9 maggio 2001 il Giudice relatore Franco Bile.

Ritenuto che con ordinanza del 15 marzo del 2000, pervenuta alla Corte il 29 settembre 2000, il Tribunale di Milano, investito di un’opposizione di terzo ad esecuzione esattoriale, ha sollevato - in riferimento agli artt. 24 e 42 della Costituzione - la questione di legittimità costituzionale dell’art. 52, secondo comma, lettera a), del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito), nel testo vigente prima della sostituzione dell’intero titolo II (artt. da 45 a 90) del suddetto d.P.R. operata dall’art. 16 del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46 (Riordino della disciplina della riscossione mediante ruolo, a norma dell’art. 1 della legge 28 settembre 1998, n. 337), <<nella parte in cui non consente al terzo convivente del debitore di proporre opposizione ex art. 619 cod. proc. civ. qualora i beni di cui assuma di essere proprietario siano dallo stesso stati acquistati ad una precedente vendita esattoriale>>;

 che - secondo quanto riferisce il Tribunale - l'opponente, premesso di essere da tempo convivente con il debitore, ha proposto opposizione all’esecuzione esattoriale contro di lui intrapresa, qualificandosi proprietaria dei beni pignorati <<presso la comune abitazione>>, avendoli acquistati ad un’asta esattoriale a carico dello stesso convivente;

 che, secondo l'opponente, tale acquisto le aveva consentito di rientrare in possesso dei beni, la cui proprietà - pur già esistente - non aveva potuto provare all’atto della prima esecuzione;

 che - ad avviso del remittente - il ricorso dovrebbe essere dichiarato inammissibile ai sensi della norma impugnata, che mira ad evitare che il debitore <<riacquisti i beni per interposta persona e ne ritorni nella piena disponibilità ricollocandoli nella sua abitazione>>;

 che, tuttavia, sembra al rimettente che, una volta considerato che, nel caso in cui (come nella specie) acquirente dei beni all’asta esattoriale sia una persona convivente con il debitore, i beni stessi vengono ricollocati in un’abitazione comune, la presunzione che sia stato lo stesso debitore a riacquistarli per interposta persona non potrebbe operare automaticamente, <<potendosi invece ipotizzare che questo sia l’unico modo per il convivente per rientrare in possesso dei beni>>;

 che il rimettente ne desume il contrasto della norma impugnata (<<ora riprodotta nell’art. 58, secondo comma, del d.lgs. 46/99>>) con gli artt. 24 e 42 Cost., <<in quanto priverebbe il convivente proprietario dei beni già pignorati di rientrare in possesso degli stessi, riacquistandoli, e di opporre all’esattore la prova della proprietà>>;

 che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, tramite l’Avvocatura generale dello Stato, depositando memoria, nella quale rileva che l’ordinanza non precisa se il giudizio a quo sia stato introdotto prima o dopo l’entrata in vigore del d.lgs. n. 46 del 1999, e comunque sostiene l’infondatezza della questione.

 Considerato che il rimettente ha impugnato la norma dell’art. 52, secondo comma, lettera a), del d.P.R. n. 602 del 1973, nel testo vigente prima che l’art. 16 del d.lgs. n. 46 del 1999 sostituisse l’intero titolo II del d.P.R. e collocasse la nuova disciplina delle opposizioni di terzi all’esecuzione esattoriale nel riscritto art. 58, secondo comma, dello stesso d.P.R. del 1973;

 che di tale sostituzione il rimettente è consapevole, come emerge da un espresso rilievo dell’ordinanza;

 che alle procedure esecutive in corso al 1° luglio 1999 (data di entrata in vigore del d.lgs. n. 46 del 1999) sono applicabili, ai sensi dell’art. 36, comma 9, del medesimo decreto, le norme vigenti anteriormente;

 che il rimettente non precisa in alcun modo le ragioni per le quali nel giudizio a quo dovrebbe trovare applicazione la norma vigente prima delle modifiche introdotte dal d.lgs. n. 46 del 1999, ed in particolare non indica la data in cui la procedura esecutiva si sarebbe instaurata;

 che soltanto se questa data fosse anteriore al 1° luglio 1999 l’opposizione oggetto del giudizio sarebbe regolata dalla norma censurata (cfr. ordinanza n. 28 del 2001);

 che, pertanto, l’ordinanza di rimessione difetta dell’indicazione di un elemento relativo all’oggetto del giudizio a quo, necessario per valutare se il remittente debba fare applicazione della norma denunciata o di quella che l’ha sostituita dal 1° luglio 1999;

 che, in conseguenza, deve essere dichiarata la manifesta inammissibilità della questione.

 Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi avanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 52, secondo comma, lettera a), del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito), sollevata, in riferimento agli artt. 24 e 42 della Costituzione, dal Tribunale di Milano con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 luglio 2001.

Cesare RUPERTO, Presidente

Franco BILE, Redattore

Depositata in Cancelleria il 6 luglio 2001.