Ordinanza n. 215/2001

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ORDINANZA N.215

ANNO 2001

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai Signori Giudici:

- Cesare RUPERTO, Presidente

- Fernando SANTOSUOSSO 

- Massimo VARI         

- Riccardo CHIEPPA  

- Gustavo ZAGREBELSKY  

- Valerio ONIDA        

- Carlo MEZZANOTTE         

- Guido NEPPI MODONA    

- Piero Alberto CAPOTOSTI 

- Annibale MARINI    

- Franco BILE 

- Giovanni Maria FLICK        

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 30-bis del codice di procedura civile, promosso con ordinanza emessa il 26 luglio 1999 dal Tribunale di Torino nel procedimento civile vertente tra Gian Rodolfo Sciaccaluga e il Comune di Genova, iscritta al n. 613 del registro ordinanze 1999 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 44, prima serie speciale, dell'anno 1999.

  Visto l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

  udito nella camera di consiglio del 26 aprile 2001 il Giudice relatore Franco Bile.

Ritenuto che, con ordinanza 26 luglio 1999, il Giudice unico del Tribunale di Torino - avanti al quale un magistrato in servizio nel distretto della Corte d’appello di Genova aveva proposto opposizione contro il provvedimento che gli aveva comminato una sanzione amministrativa - ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell’art. 30-bis del codice di procedura civile, introdotto dall’art. 9 della legge 2 dicembre 1998, n. 420 (Disposizioni per i procedimenti riguardanti i magistrati), secondo cui, per le cause in cui sia comunque parte un magistrato in servizio nel distretto di corte d'appello comprendente l'ufficio giudiziario competente ai sensi del capo I del titolo I del libro I del codice di procedura civile, la competenza territoriale spetta all’ufficio giudiziario, ugualmente competente per materia, avente sede nel capoluogo di altro distretto, individuato ai sensi dell'art. 11 del codice di procedura penale;

che il giudice remittente (competente in base alla norma impugnata) ritiene che tale norma - in quanto non limita la regola di competenza alle sole cause civili conseguenti ai procedimenti penali considerati dal citato art. 11 cod. proc. pen. (ossia a quelli in cui un magistrato abbia assunto la qualità di persona sottoposta ad indagini, di imputato, ovvero di persona offesa o danneggiata dal reato), ma la estende a tutte le cause civili in cui un magistrato sia comunque parte - contrasta con gli artt. 3, 24 e 25 della Costituzione (perchè - rispettivamente - determina irragionevoli disparità di trattamento; stravolge il principio del giudice naturale; e comporta impedimenti al diritto di azione e di difesa per la necessità di adire un foro spesso distante da quello ordinario);

che, peraltro, secondo il remittente, dai lavori parlamentari discende <<che le competenze dell’art. 30-bis cod. proc. civ., nel testo oggi vigente, siano limitate ai soli casi di risarcimenti dei danni, conseguenti alle ipotesi dell'art. 11 cod. proc. pen.>>, e <<solo un’interpretazione in questo senso potrebbe essere conforme ai principi costituzionali>>;

che é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, eccependo in via preliminare l’inammissibilità, e, nel merito, l’infondatezza della questione.

Considerato che il remittente - dopo aver censurato, in riferimento agli artt. 3, 24 e 25 Cost., l’art. 30-bis cod. proc. civ. in quanto pone un criterio di competenza territoriale di portata generale e non limitata <<ai soli casi di risarcimento dei danni, conseguenti alle ipotesi dell'art. 11 cod. proc. pen.>> - ritiene poi esplicitamente di poter ricavare dai lavori parlamentari relativi alla legge n. 420 del 1998 (che, con l’art. 9, ha introdotto nel codice di procedura civile l’art. 30-bis) la conclusione che la competenza prevista da tale norma, <<nel testo oggi vigente>>, é limitata <<ai soli casi di risarcimenti dei danni, conseguenti alle ipotesi dell'art. 11 cod. proc. pen.>>, precisando che <<solo un’interpretazione in questo senso>> é <<conforme ai principi costituzionali>>;

che, quindi, il giudice remittente non propone una vera questione di legittimità costituzionale della norma impugnata, ma in sostanza chiede alla Corte di confermare l’interpretazione che di tale norma egli propone, al fine di renderla conforme a Costituzione;

che, data l'estraneità di una finalità siffatta alla logica del giudizio incidentale di legittimità costituzionale, la questione deve essere dichiarata manifestamente inammissibile (cfr., per tutte, ordinanza n. 54 del 1999).

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 30-bis del codice di procedura civile, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24 e 25 della Costituzione, dal Tribunale di Torino con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 2 luglio 2001.

Cesare RUPERTO, Presidente

Franco BILE, Redattore

Depositata in Cancelleria il 4 luglio 2001.