Ordinanza n. 214/2001

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ORDINANZA N.214

ANNO 2001

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Fernando SANTOSUOSSO, Presidente

- Massimo VARI         

- Riccardo CHIEPPA  

- Gustavo ZAGREBELSKY  

- Valerio ONIDA        

- Carlo MEZZANOTTE         

- Guido NEPPI MODONA    

- Piero Alberto CAPOTOSTI 

- Annibale MARINI    

- Franco BILE             

- Giovanni Maria FLICK        

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 2, comma 1, lettere d), e) e f), e 6, comma 3, della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 19 aprile 1999, n. 8 (Normativa organica del commercio in sede fissa), promosso con ordinanza emessa il 5 novembre 1999 dal Tribunale amministrativo regionale per il Friuli-Venezia Giulia sul ricorso proposto dal Comune di Trieste contro la Regione Friuli-Venezia Giulia, iscritta al n. 714 del registro ordinanze 1999 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 52, prima serie speciale, dell’anno 1999.

  Visti l’atto di costituzione del Comune di Trieste e l’atto di intervento della Regione Friuli-Venezia Giulia;

  udito nell’udienza pubblica del 3 aprile 2001 il Giudice relatore Gustavo Zagrebelsky;

  uditi gli avvocati Giovanni Battista Verbari per il Comune di Trieste e Giandomenico Falcon per la Regione Friuli-Venezia Giulia.

Ritenuto che il Tribunale amministrativo regionale per il Friuli-Venezia Giulia, con ordinanza del 5 novembre 1999, ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 2, comma 1, lettere d), e) e f), e 6, comma 3, della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 19 aprile 1999, n. 8 (Normativa organica del commercio in sede fissa), per violazione degli artt. 4 e 46 della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia);

che la questione é stata sollevata nel corso di un giudizio promosso dal Comune di Trieste per l’annullamento della delibera 23 aprile 1999, n. 1278, della giunta regionale del Friuli-Venezia Giulia, con la quale si individuano i parametri di riferimento per la concessione di autorizzazioni all’apertura di esercizi commerciali;

che il Comune di Trieste ha chiesto l’annullamento della suddetta delibera, adottata in attuazione della legge regionale n. 8 del 1999, poichè essa, nella parte in cui prevede che vengano rilasciate autorizzazioni per l’apertura di esercizi commerciali su superfici massime inferiori a quelle stabilite nel decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114 (Riforma della disciplina relativa al settore del commercio, a norma dell’articolo 4, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59), contrasterebbe con la normativa statale di riforma del settore;

che il TAR per il Friuli-Venezia Giulia solleva la questione di legittimità costituzionale delle disposizioni sopra indicate della legge regionale n. 8 del 1999, poichè: a) il decreto legislativo n. 114 del 1998 costituirebbe una grande riforma economico-sociale, che fa salva la potestà legislativa esclusiva delle regioni a statuto speciale, vincolandole al rispetto non solo dei principi in esso enunciati ma anche delle "norme legate ai principi stessi da un rapporto di coessenzialità e di necessaria integrazione"; b) la legge regionale n. 8 del 1999 consentirebbe a regolamenti della giunta di derogare alla legge statale di riforma, con ciò contrastando – non direttamente con i principi della legislazione statale ma - con l’art. 46 dello statuto regionale, che ammette una potestà regolamentare della giunta unicamente esecutiva della legislazione regionale; c) la previsione di regolamenti adottati dalla giunta, integrativi della legge regionale di riforma del commercio, si porrebbe in contrasto con il riparto di competenze tra consiglio e giunta regionale quale definito dallo statuto regionale, poichè consentirebbe di derogare (senza aver previamente fissato alcun parametro di riferimento) con semplice atto amministrativo ad alcune disposizioni del decreto legislativo n. 114 del 1998;

che, con riferimento alla rilevanza della questione, il giudice rimettente afferma che la legge regionale costituisce il presupposto sulla base del quale é stato emanato il regolamento impugnato nel giudizio a quo, immediatamente lesivo delle attribuzioni comunali proprio in virtù delle deroghe alla legislazione statale di principio in esso contenute;

che nel giudizio così promosso si é costituito il Comune di Trieste, ricorrente nel giudizio principale, chiedendo l’accoglimento della questione, in primo luogo perchè la legge impugnata conferirebbe alla giunta "il potere assolutamente discrezionale di stabilire il tipo di regime amministrativo cui devono essere sottoposte le diverse attività commerciali", in quanto si limiterebbe "a nominare le categorie di esercizi commerciali senza precisare i requisiti che si devono avere per appartenere alle stesse"; in secondo luogo perchè essa, divergendo dal decreto legislativo n. 114 del 1998, limiterebbe le competenze comunali al fine di espandere quelle regionali ed introdurrebbe vincoli più restrittivi di quelli imposti dalla normativa statale;

che é intervenuto il Presidente della Regione Friuli-Venezia Giulia, chiedendo il rigetto della questione, poichè, avendo il decreto legislativo n. 114 del 1998 abilitato le regioni a statuto speciale a provvedere alla riforma del settore "secondo le previsioni dei rispettivi statuti e delle relative norme di attuazione", la legge regionale n. 8 del 1999 si inserirebbe in questo quadro, discostandosi in alcuni punti solo dalle disposizioni di dettaglio del decreto legislativo n. 114 del 1998, a seguito della necessaria valutazione delle peculiarità del settore in ambito locale, senza la quale il fine di una maggiore produttività del sistema e di una migliore qualità dei servizi rischierebbe di risultare vanificata, mentre il rinvio ad atti regolamentari della giunta sarebbe dettato, da un lato dall’esigenza di provvedere con tempestività all’adeguamento della legislazione regionale ai principi della riforma, dall’altro dalla necessità di procedere con gradualità, facendo salvi gli elementi di peculiarità locale e consentendo di valutare adeguatamente l’incidenza delle innovazioni, al fine di coordinarle con la pregressa normativa regionale; che inoltre l’esercizio della potestà regolamentare verrebbe subordinato alla previa acquisizione del parere vincolante della competente commissione consiliare, regolarmente espresso in occasione dell’approvazione della deliberazione impugnata nel giudizio a quo; che, infine, le disposizioni impugnate si inserirebbero in un quadro di delegificazione e semplificazione della normativa regionale, perseguito attraverso l’abrogazione di leggi precedenti, l’introduzione di norme di semplificazione ed il rinvio ad atti regolamentari per la disciplina di dettaglio.

Considerato che, successivamente alla pronuncia dell'ordinanza di rimessione, é entrata in vigore la legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 3 luglio 2000, n. 13 (Disposizioni collegate alla legge finanziaria 2000), il cui art. 13 ha modificato in più punti la legge regionale n. 8 del 1999, in particolare (comma 15) introducendo all’art. 2, comma 1, lettera d), della legge impugnata l’inciso "e nei limiti massimi fissati dall’articolo 4, comma 1, lettera d), del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114", e (comma 16) aggiungendo all’art. 2, comma 1, lettera e), le parole "e comunque nei limiti massimi fissati dall’articolo 4, comma 1, lettera e), del decreto legislativo 114/1998";

che, inoltre, l’art. 5, comma 1, lettera m), della legge costituzionale 31 gennaio 2001, n. 2 (Disposizioni concernenti l’elezione diretta dei presidenti delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e Bolzano), ha disposto l’abrogazione dell’art. 46 dello statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia;

che la sopravvenuta modificazione del quadro normativo di riferimento impone il riesame da parte del rimettente della persistenza delle condizioni previste per la proposizione della questione incidentale di legittimità costituzionale, sotto il profilo sia dell’applicabilità della normativa denunciata, sia della non manifesta infondatezza dei dubbi di costituzionalità su di essa sollevati.

Per questi motivi

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

ordina la restituzione degli atti al Tribunale amministrativo regionale per il Friuli-Venezia Giulia.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 2 luglio 2001.

Fernando SANTOSUOSSO, Presidente

Gustavo ZAGREBELSKY, Redattore

Depositata in Cancelleria il 4 luglio 2001.