Ordinanza n. 183/2001

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ORDINANZA N.183

ANNO 2001

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare RUPERTO, Presidente

- Fernando SANTOSUOSSO

- Massimo VARI         

- Gustavo ZAGREBELSKY  

- Valerio ONIDA        

- Carlo MEZZANOTTE         

- Guido NEPPI MODONA    

- Piero Alberto CAPOTOSTI 

- Annibale MARINI    

- Franco BILE 

- Giovanni Maria FLICK        

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1, del decreto–legge 25 febbraio 2000, n. 32 (Disposizioni urgenti in materia di locazioni per fronteggiare il disagio abitativo), convertito in legge 20 aprile 2000, n. 97, promossi con tre ordinanze emesse il 2 agosto 2000 dal Tribunale di Udine, rispettivamente iscritte al n. 691, 692 e 693 del registro ordinanze 2000 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 48, prima serie speciale, dell’anno 2000.

Visto l’atto di intervento della Associazione della proprietà edilizia di Perugia nonchè gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 21 marzo 2001 il Giudice relatore Fernando Santosuosso.

Ritenuto che nel corso di un giudizio di esecuzione di sfratto, il Tribunale di Udine, con ordinanza del 2 agosto 2000, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1, del decreto–legge 25 febbraio 2000, n. 32 (Disposizioni urgenti in materia di locazioni per fronteggiare il disagio abitativo), convertito in legge 20 aprile 2000, n. 97, in riferimento agli artt. 3 e 42, secondo comma, della Costituzione, nella parte in cui detta disposizione, in riferimento all’art. 6, comma 5, della legge 9 dicembre 1998, n. 431 (Disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo), prevede che il termine dilatorio dettato da quest’ultima norma non possa comunque essere inferiore a nove mesi, senza consentire al giudice di valutare la sussistenza di situazioni riguardanti il locatore che valgano a giustificare la fissazione di un termine di rilascio dell’immobile di minore durata;

che, per il rimettente, la fissazione di un termine dilatorio minimo per il differimento della data di rilascio rappresenterebbe un elemento di rottura rispetto all’impostazione di fondo della disciplina delle locazioni;

che nella materia dell’esecuzione del provvedimento di rilascio, ancora ad avviso del rimettente, la disposizione generale dell’art. 56 della legge 27 luglio 1978, n. 392, non prevede un termine di dilazione minimo, fissando solo dei termini massimi per il rilascio dell’immobile;

che la disposizione sub iudice, invece, avrebbe capovolto il principio generale di cui sopra affermando che, ove il conduttore possieda i requisiti o versi nelle condizioni di cui all’art. 6, comma 5, della legge n. 431 del 1998, le esigenze del locatore debbano necessariamente essere recessive;

che la disposizione censurata, inoltre, escludendo un qualsiasi rilievo al diritto del locatore di disporre dell’immobile, contrasterebbe con la giurisprudenza di questa Corte (sentenza n. 323 del 1993) che ha ritenuto che "la necessità come causa di cessazione della proroga legale ha assunto funzione di strumento per la composizione dei contrapposti interessi, rimanendo sacrificati quelli dei conduttori, altrimenti prevalenti, di fronte all’esigenza del locatore–proprietario di ottenere la disponibilità dell’immobile in caso di necessità";

che sarebbe violato l’art. 42, secondo comma, Cost., perchè la disposizione denunciata comprimerebbe ingiustificatamente il diritto di proprietà privata riconosciuto dalla legge, sotto il profilo della facoltà di godimento dell’immobile, imponendo al proprietario un vincolo assoluto di indisponibilità del bene, con sacrificio delle concomitanti esigenze di cui egli é legittimamente portatore;

che la disposizione censurata contrasterebbe, infine, con l’art. 3 Cost., in quanto creerebbe una disparità di trattamento di situazioni rispetto alle quali al giudice dovrebbe essere consentito un "apprezzamento" delle rispettive esigenze del locatore e del conduttore, senza vincoli costituiti da termini minimi di dilazione;

che nel giudizio dinanzi a questa Corte é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, concludendo per l’infondatezza della questione, in quanto la compressione dei diritti del locatore rientra nel quadro della c.d. "funzionalizzazione" del diritto di proprietà, sicchè non vi sarebbe contrasto con il suddetto precetto costituzionale;

che nel presente giudizio ha chiesto di intervenire – non essendo costituita nel giudizio a quo – l’Associazione della proprietà edilizia di Perugia, in persona del suo legale rappresentante pro tempore, chiedendo anzitutto l’ammissione del proprio intervento e concludendo, nel merito, a favore dell’accoglimento della sollevata questione;

che, con altre due ordinanze del 2 agosto 2000 (R.O. nn. 692 e 693 del 2000), lo stesso rimettente ha sollevato questioni di legittimità costituzionale identiche a quella di cui sopra;

che il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, é intervenuto anche in questi giudizi concludendo per l’infondatezza delle relative questioni e riproponendo gli argomenti sopra svolti.

Considerato che i tre giudizi, aventi ad oggetto la medesima disposizione, vanno riuniti per essere unitariamente decisi;

che preliminarmente va dichiarata l’inammissibilità dell’intervento dell’Associazione della proprietà edilizia di Perugia, in conformità al principio, più volte affermato da questa Corte della necessaria corrispondenza tra le parti del giudizio incidentale di costituzionalità con quelle costituite nel giudizio principale (ordinanza n. 289 del 1999);

che, dopo la proposizione della questione di legittimità costituzionale é sopravvenuta la legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge finanziaria 2001), in vigore dal 1° gennaio 2001, la quale – con l’art. 80, comma 22 – ha sospeso, fino alla scadenza del termine di cui al comma 21 (centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge), le procedure esecutive di sfratto iniziate contro gli inquilini che si trovino nelle condizioni di cui al comma 20;

che, tuttavia, é pregiudiziale a qualsiasi altro profilo la verifica della rilevanza della presente questione di legittimità costituzionale;

che le ordinanze di rimessione, infatti, non appaiono sul punto adeguatamente motivate, poichè esse si limitano ad affermare apoditticamente la rilevanza della questione di legittimità costituzionale, non precisando in alcun modo gli elementi che consentono di ricondurre la fattispecie sotto la disciplina della disposizione denunciata (tra cui la posizione rivestita dal conduttore rispetto alle categorie tutelate dall’art. 6, comma 5, della legge n. 431 del 1998);

che, pertanto, la questione va dichiarata manifestamente inammissibile.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1, del decreto–legge 25 febbraio 2000, n. 32 (Disposizioni urgenti in materia di locazioni per fronteggiare il disagio abitativo), convertito in legge 20 aprile 2000, n. 97, sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 42, secondo comma, della Costituzione, dal Tribunale di Udine con le ordinanze in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 giugno 2001.

Cesare RUPERTO, Presidente

Fernando SANTOSUOSSO, Redattore

Depositata in Cancelleria l'8 giugno 2001.