Sentenza n. 171/2001

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SENTENZA N.171

ANNO 2001

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare RUPERTO, Presidente

- Fernando SANTOSUOSSO

- Massimo VARI

- Riccardo CHIEPPA

- Gustavo ZAGREBELSKY

- Valerio ONIDA

- Carlo MEZZANOTTE

- Fernanda CONTRI

- Guido NEPPI MODONA

- Piero Alberto CAPOTOSTI

- Annibale MARINI

- Franco BILE

- Giovanni Maria FLICK

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 81, comma 1, lettera b), parte seconda, del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (Approvazione del testo unico delle imposte sui redditi), promosso, con ordinanza emessa il 1° giugno 2000, dalla Commissione tributaria provinciale di Avellino sui ricorsi riuniti proposti dall'Ente Morale Fondazione Rachelina Ambrosini contro il Centro Servizio Imposte Dirette di Salerno, iscritta al n. 688 del registro ordinanze 2000 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 46, prima serie speciale, dell'anno 2000.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 21 febbraio 2001 il Giudice relatore Massimo Vari.

Ritenuto in fatto

1. Con ordinanza del 1° giugno 2000 (r.o. n. 688 del 2000), la Commissione tributaria provinciale di Avellino ¾ nel corso di un giudizio avente ad oggetto la richiesta di rimborso, da parte di un ente morale, della ritenuta di acconto effettuata nei suoi confronti, in occasione della percezione dell'indennità di esproprio di un suolo che era stato ad esso devoluto per testamento ¾ ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 81, comma 1, lettera b), parte seconda, del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (Approvazione del testo unico delle imposte sui redditi), nella parte in cui non prevede la esclusione, dalla imposta sui redditi, delle plusvalenze realizzate in occasione della espropriazione di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria, secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione, che siano stati acquisiti dall'espropriato per successione o donazione.

2. Il giudice a quo osserva che l’art. 81, comma 1, del d.P.R. n. 917 del 1986, mentre, nella prima parte della lettera b), annovera, tra i redditi diversi, le plusvalenze realizzate in occasione della cessione a titolo oneroso di beni immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni, escludendo, tuttavia, "quelli acquisiti per successione o donazione", nella seconda parte ricomprende, "in ogni caso", tra le plusvalenze tassabili, quelle realizzate a seguito di cessione di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione (alle quali vanno equiparate, secondo la sentenza della Corte costituzionale n. 410 del 1995, le plusvalenze da espropriazioni).

Detta disposizione, rendendo sempre tassabili le plusvalenze da ultimo accennate, senza che l’imposizione possa intendersi limitata ai beni costruiti o acquistati da non più di cinque anni o esclusa per i beni acquisiti per successione o donazione, collide, secondo il rimettente, con il principio di equità fiscale, a causa della ingiusta disparità di trattamento che, in violazione dell'art. 3 della Costituzione, posto in relazione al principio di capacità contributiva di cui all'art. 53, viene a determinarsi fra i contribuenti, a seconda che si trovino nella situazione prevista dalla prima ovvero dalla seconda parte della disposizione stessa.

3. E’ intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, concludendo per la inammissibilità o la infondatezza della questione.

L’inammissibilità, secondo la difesa erariale, deriverebbe dal fatto che, avendo il giudizio principale per oggetto il rimborso delle ritenute operate in occasione del pagamento al ricorrente dell’indennità di esproprio di un terreno edificabile, che era stato devoluto al medesimo per testamento, la norma da applicare é il comma 5 dell’art. 11 della legge 30 dicembre 1991, n. 413. La parte pubblica eccepisce, perciò, il difetto di ogni delibazione e valutazione, da parte del rimettente, in ordine alla rilevanza della questione, essendo questa prospettata direttamente con riferimento alla norma di cui all’art. 81, comma 1, lettera b), del d.P.R. n. 917 del 1986.

Nel merito, l'Avvocatura sostiene l'infondatezza della questione stessa, trovando la diversità di trattamento tra le fattispecie considerate giustificazione nella diversa configurazione e natura delle plusvalenze poste a raffronto.

Andrebbe considerato, in proposito, che, per i beni immobili diversi dai terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria, la plusvalenza realizzata in dipendenza della loro cessione a titolo oneroso é tassata in funzione di un’attività speculativa, oggettivamente desunta dalla circostanza che la cessione sia avvenuta entro il quinquennio dall’acquisto o dalla costruzione dell’immobile; ciò che giustifica l’esclusione dalla "imponibilità" quando l’immobile sia stato acquisito per successione o donazione, mancando, in tal caso, il presunto intento lucrativo. Invece, per i terreni a destinazione edificatoria, la tassazione del plusvalore realizzato, a seguito della loro cessione onerosa, prescinde dal collegamento con una attività speculativa e si fonda, unicamente, sul dato oggettivo della avvenuta destinazione edificatoria del terreno all’atto della cessione. Donde la ragionevolezza della tassazione anche quando le plusvalenze siano realizzate per effetto di cessioni di terreni pervenuti al cedente a titolo non oneroso.

Considerato in diritto

1. Con l'ordinanza in epigrafe, la Commissione tributaria provinciale di Avellino ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 81, comma 1, lettera b), parte seconda, del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (Approvazione delle testo unico delle imposte sui redditi), nella parte in cui non prevede la esclusione dalla imposta sui redditi delle plusvalenze realizzate in occasione della espropriazione di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria, secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione, che siano stati acquisiti dal cedente per successione o donazione.

Secondo il rimettente, la mancata equiparazione, a fini impositivi, di dette plusvalenze a quelle realizzate in occasione delle cessioni degli altri beni indicati nella prima parte della lettera b) della disposizione denunciata determinerebbe una irragionevole disparità di trattamento fra contribuenti, così violando gli artt. 3 e 53 della Costituzione.

2. Al fine di meglio inquadrare la questione portata all'esame della Corte, giova richiamare, sia pure in breve sintesi, il quadro normativo in cui essa si colloca, rammentando che l'art. 81, comma 1, lettera b), del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, recante il testo unico delle imposte sui redditi, aveva, in un primo tempo, previsto la tassazione, quali redditi diversi, delle sole "plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di beni immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni", escludendo però, dalla tassazione, "quelli acquisiti per successione o donazione e le unità immobiliari urbane che per la maggior parte del periodo intercorso tra l'acquisto o la costruzione e la cessione sono state adibite ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari".

In prosieguo, l'art. 11 della legge 31 dicembre 1991, n. 413, integrando la fattispecie impositiva già prevista dal menzionato art. 81, ha disposto, al comma 1, lettera f), l'assoggettamento ad imposta anche delle "plusvalenze realizzate a seguito di cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria, secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione". La disciplina risultante da detta modifica, é stata resa applicabile dal comma 5 del medesimo art. 11 della legge n. 413 del 1991, pure alle "plusvalenze conseguenti alla percezione, da parte di soggetti che non esercitano imprese commerciali, di indennità di esproprio o di somme percepite a seguito di cessioni volontarie nel corso di procedimenti espropriativi nonchè di somme comunque dovute per effetto di acquisizioni coattive conseguenti ad occupazioni d'urgenza divenute illegittime", relative a terreni con destinazione urbanistica.

3. Ciò posto, va respinta, anzitutto, l'eccezione di inammissibilità della questione sollevata dall'Avvocatura dello Stato, non potendo in alcun modo sostenersi che il rimettente, essendosi limitato a denunciare l'art. 81, comma 1, lettera b), del d.P.R. n. 917 del 1986, non abbia correttamente enunciato la disposizione applicabile alla fattispecie. Sia pure attraverso il rinvio contenuto nel comma 5 dell'art. 11 della legge n. 413 del 1991, non é dubbio che sia l’art. 81, comma 1, lettera b), del d.P.R. n. 917 del 1986, la disposizione che stabilisce il regime tributario destinato a regolare la fattispecie all’esame del rimettente.

4. Nel merito, la questione non é fondata, non sussistendo il lamentato vizio di disparità di trattamento fra la disciplina tributaria delle plusvalenze realizzate mediante la cessione a titolo oneroso di terreni edificatori, acquisiti dal cedente per successione o donazione, e quello delle plusvalenze realizzate mediante la cessione dei beni immobili indicati nella prima parte della disposizione censurata.

Trattandosi di stabilire se quest’ultima sia tale da determinare una irragionevole discriminazione fra situazioni meritevoli di essere considerate allo stesso modo, il giudizio richiesto alla Corte si incentra, così come già altre volte rilevato (vedi, in particolare, sentenze n. 89 del 1996, n. 5 e n. 441 del 2000), nel verificare il "perchè" una determinata disciplina operi, all'interno del tessuto egualitario dell'ordinamento, quella specifica distinzione (oppure, a seconda dei casi, quella specifica equiparazione), traendone, quindi, le debite conclusioni in punto di corretto uso del potere normativo. E ciò nel senso che, ove una siffatta verifica dovesse evidenziare una carenza di causa o ragione della disciplina stessa, potrà dirsi realizzato un vizio di legittimità costituzionale della norma, proprio perchè fondato sulla irragionevole differenziazione ovvero, a seconda dei casi, sulla irragionevole omologazione delle situazioni poste a raffronto.

Tanto premesso, va osservato che, così come giustamente rileva, nel suo atto di intervento, il Presidente del Consiglio, il legislatore, con l'art. 81, comma 1, lettera b), del d.P.R. n. 917 del 1986, ha ritenuto di tassare le plusvalenze realizzate in dipendenza della cessione a titolo oneroso di beni immobili in quanto significative di una attività speculativa del soggetto, oggettivamente dimostrata dall'indice temporale costituito dalla cessione del bene intervenuta entro il quinquennio dall'acquisto o dalla costruzione dell'immobile.

In relazione a ciò, la disposizione oggetto di censura ha, coerentemente, escluso la tassazione, in ogni caso, degli immobili pervenuti all'interessato a titolo successorio o di donazione, circostanze queste di per sè atte a dimostrare l'inesistenza del presunto intento speculativo. Viceversa, per la plusvalenza realizzata a seguito della cessione di terreni a destinazione edificatoria, la considerazione di essa quale reddito, da parte del legislatore, prescinde dal collegamento con una attività speculativa del soggetto percettore e si basa, unicamente, come questa Corte non ha mancato di evidenziare, sul mero dato oggettivo della lievitazione dei prezzi degli stessi, a seguito dell’avvenuta destinazione edificatoria in sede di pianificazione urbanistica (sentenza n. 533 del 1995).

Non é dunque irragionevole o discriminatorio, in relazione alla diversa ratio ispiratrice dei due trattamenti fiscali posti a raffronto, il fatto che la legge abbia sottoposto a tassazione le plusvalenze aventi le caratteristiche da ultimo accennate, anche quando si tratti di terreni acquisiti a titolo non oneroso, e quindi per successione o per donazione. E questo assoggettandole ad una specifica disciplina che attiene anche alle modalità di imposizione fiscale; imposizione che, alla luce di quanto previsto dal medesimo art. 11, comma 1, lettera c), della legge n. 413 del 1991, avviene, infatti, secondo il regime di tassazione separata, di cui all'art. 16, comma 1, del d.P.R. n. 917 del 1986.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 81, comma 1, lettera b), parte seconda, del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (Approvazione del testo unico delle imposte sui redditi), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 53 della Costituzione, dalla Commissione tributaria provinciale di Avellino, con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 maggio 2001.

Cesare RUPERTO, Presidente

Massimo VARI, Redattore

Depositata in Cancelleria il 31 maggio 2001.