Ordinanza n. 117/2001

 CONSULTA ONLINE 

ORDINANZA N. 117

ANNO 2001

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Fernando SANTOSUOSSO, Presidente

- Massimo VARI

- Cesare RUPERTO

- Gustavo ZAGREBELSKY

- Valerio ONIDA

- Carlo MEZZANOTTE

- Fernanda CONTRI

- Guido NEPPI MODONA

- Piero Alberto CAPOTOSTI

- Annibale MARINI

- Franco BILE

- Giovanni Maria FLICK

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 37 del d.P.R. 22 settembre 1988, n. 448 (Approvazione delle disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni) e dell’art. 224 del codice penale (Minore non imputabile), promosso con ordinanza emessa il 26 maggio 1999 dal Tribunale per i minorenni di Messina, iscritta al n. 474 del registro ordinanze 1999 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 38, prima serie speciale, dell’anno 1999.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 13 dicembre 2000 il Giudice relatore Valerio Onida.

Ritenuto che, con ordinanza emessa il 2 maggio 1999, pervenuta a questa Corte il 12 agosto 1999, il Tribunale per i minorenni di Messina in funzione di giudice per l’udienza preliminare, investito di una richiesta di applicazione provvisoria della misura di sicurezza del collocamento in comunità a carico di un minore ultraquattordicenne non imputabile per vizio totale di mente, ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 2, 3, 10 e 31 della Costituzione, dell’art. 37 del d.P.R. 22 settembre 1988, n. 448 (Approvazione delle disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni), "nella parte in cui non prevede l’estensione della normativa relativa ai presupposti necessari per l’applicazione provvisoria delle misure di sicurezza ai minori ultraquattordicenni che versino in situazione di assoluta incapacità di intendere e di volere per vizio totale di mente" ai sensi dell’art. 88 del codice penale, nonchè dell’art. 224 del codice penale (Minore non imputabile), "nella parte in cui esclude dalla relativa disciplina il minore ultraquattordicenne non imputabile per vizio totale di mente";

che, secondo il giudice a quo, mentre al minore infraquattordicenne si applicherebbe la disciplina di cui all’art. 37 del d.P.R. n. 448 del 1988 (accertamento delle condizioni previste dall’art. 224 cod. pen. e del concreto pericolo che l’imputato commetta delitti di specifica gravità), e mentre al minore ultraquattordicenne non imputabile ai sensi dell’art. 98 cod. pen. si applicherebbe la previsione dell’art. 224 cod. pen., che impone di valutare la gravità del fatto e le condizioni morali della famiglia in cui il minore é vissuto, tenendo dunque conto "della specificità della materia", invece nel caso del minore ultraquattordicenne infermo di mente l’applicazione della misura di sicurezza sarebbe subordinata ai soli presupposti richiesti in generale dagli artt. 203 e 206 cod. pen., e cioé all’accertamento della pericolosità sociale generica;

che ciò comporterebbe, ad avviso del remittente, una irragionevole equiparazione della situazione dell’infermo di mente minorenne a quella dell’infermo di mente maggiorenne, nonchè l’assenza di una adeguata tutela dei diritti del minore, soggetto debole e personalità in formazione, in contrasto sia con i principi costituzionali (artt. 2, 3 e 31 Cost.) che impongono un trattamento differenziato degli imputati minorenni rispetto agli adulti, sia con l’art. 10 della Costituzione, per la violazione delle norme delle dichiarazioni dei diritti dell’uomo e del fanciullo e delle cosiddette "regole di Pechino" (regole minime per l’amministrazione della giustizia minorile), da cui discenderebbero impegni internazionali volti ad assicurare un trattamento differenziato al minore in relazione alle esigenze di tutela del medesimo;

che la questione sarebbe rilevante in quanto il giudice a quo procede nei confronti di un imputato, all’epoca dei fatti minorenne, affetto da vizio totale di mente, che, alla stregua dei criteri di cui all’art. 37 del d.P.R. n. 448 del 1988, potrebbe essere considerato socialmente pericoloso;

che é intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, chiedendo che la questione sia dichiarata infondata;

che, secondo l’interveniente, quale che sia la latitudine del vuoto normativo creatosi per effetto della sentenza n. 324 del 1998 di questa Corte, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale delle norme che prevedevano l’applicazione della misura di sicurezza dell’ospedale psichiatrico giudiziario ai minorenni infermi di mente giudicati socialmente pericolosi, a seguito di tale pronuncia non sarebbe più dato di registrare un trattamento indifferenziato per adulti e minori, dovendosi al contrario ritenere che le specifiche esigenze dell’età minorile siano garantite proprio dalla impossibilità di applicare nei confronti dei minori quella misura che, nelle medesime ipotesi, trova applicazione per gli adulti.

Considerato che il giudice a quo non sembra mettere in discussione l’applicabilità, in sè, della misura di sicurezza del riformatorio giudiziario (da eseguire nelle forme del collocamento in comunità) nei confronti del minore non imputabile per vizio totale di mente, ma lamenta solo l’asserita differenza nei presupposti per l’applicazione della misura, che sarebbero, nel caso del minore ultraquattordicenne infermo di mente, quelli generali previsti dagli artt. 203 e 206 del codice penale, e non quelli specifici previsti dall’art. 37 del d.P.R. n. 448 del 1988 e dall’art. 224 del codice penale, presupposti, questi ultimi, che il remittente vorrebbe invece vedere estesi all’ipotesi considerata;

che con sentenza n. 324 del 1998 questa Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 222, primo comma, del codice penale, ai cui sensi, nel caso di proscioglimento per infermità psichica, é ordinata, ove sussista la pericolosità sociale dell’autore del fatto, la misura di sicurezza del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario, nella parte in cui ne prevedeva l’applicazione anche ai minori, nonchè dell’art. 222, quarto comma, del codice penale, che prevedeva l’applicazione della stessa misura ai minori degli anni quattordici o maggiori dei quattordici e minori dei diciotto, infermi di mente, e prosciolti per ragione di età: risultando così non più utilizzabile nei confronti degli imputati minorenni la specifica misura di sicurezza che era prevista per il caso di soggetti non imputabili per vizio totale di mente;

che l’autorità remittente non spiega in base a quale iter logico e interpretativo ritiene di potere applicare nei confronti di un minorenne, non imputabile per infermità mentale, la misura di sicurezza del riformatorio giudiziario;

che, d’altra parte, nemmeno si spiega, nell’ordinanza di rimessione, perchè, prospettandosi – secondo le affermazioni dello stesso giudice a quo – l’applicazione della misura di sicurezza del riformatorio giudiziario, di cui all’art. 36, comma 2, del d.P.R. n. 448 del 1988 e all’art. 224 del codice penale, non risulterebbe invece possibile fare riferimento ai presupposti che proprio queste ultime norme richiedono, in ogni caso, per l’applicazione di detta misura speciale, prevista per gli imputati minorenni;

che, pertanto, non risulta adeguatamente motivata la rilevanza della questione, che appare inoltre intimamente contraddittoria: onde essa si palesa manifestamente inammissibile.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della l. 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 37 del d.P.R. 22 settembre 1988, n. 448 (Approvazione delle disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni), e dell’art. 224 del codice penale (Minore non imputabile), sollevata, in riferimento agli articoli 2, 3, 10 e 31 della Costituzione, dal Tribunale per i minorenni di Messina con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 maggio 2001.

Fernando SANTOSUOSSO, Presidente

Valerio ONIDA, Redattore

Depositata in Cancelleria il 9 maggio 2001.