Sentenza n. 114/2001

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SENTENZA N. 114

ANNO 2001

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare RUPERTO, Presidente

- Fernando SANTOSUOSSO

- Riccardo CHIEPPA

- Gustavo ZAGREBELSKY

- Valerio ONIDA

- Carlo MEZZANOTTE

- Fernanda CONTRI

- Guido NEPPI MODONA

- Annibale MARINI

- Franco BILE

- Giovanni Maria FLICK

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 398, comma 5-bis, del codice di procedura penale (Provvedimenti sulla richiesta di incidente probatorio), come introdotto dall’art. 14, comma 2, della legge 15 febbraio 1996, n. 66 (Norme contro la violenza sessuale), promosso con ordinanza emessa il 26 aprile 2000 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Modena, iscritta al n. 467 del registro ordinanze 2000 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 37, prima serie speciale, dell’anno 2000.

Udito nella camera di consiglio del 24 gennaio 2001 il Giudice relatore Valerio Onida.

Ritenuto in fatto

1. ¾ Nel corso di un procedimento penale per il reato di maltrattamenti in famiglia o verso fanciulli (art. 572 del codice penale), nel cui ambito si rendeva necessario procedere, nelle forme dell’incidente probatorio, all’assunzione della testimonianza di una quattordicenne, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Modena, con ordinanza emessa il 26 aprile 2000, pervenuta a questa Corte il 14 giugno 2000, ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, dell’art. 398, comma 5-bis, del codice di procedura penale (Provvedimenti sulla richiesta di incidente probatorio), nella parte in cui non prevede l’ipotesi di reato di cui all’art. 572 del codice penale "fra quelle in presenza delle quali, ove fra le persone interessate all’assunzione della prova nelle forme dell’incidente probatorio vi siano minori di sedici anni, il giudice stabilisce il luogo, il tempo e le modalità particolari attraverso cui procedere all’incidente probatorio, quando le esigenze del minore lo rendano necessario od opportuno".

Il remittente ricorda che tale speciale disciplina é stata introdotta dall’art. 14 della legge 15 febbraio 1996, n. 66, per il caso in cui si proceda ad incidente probatorio nell’ambito di indagini riguardanti le ipotesi di reato previste dagli articoli 609-bis (Violenza sessuale), 609-ter (Circostanze aggravanti), 609-quater (Atti sessuali con minorenne), 609-quinquies (Corruzione di minorenne) – quest’ultima per effetto della sentenza n. 262 del 1998 di questa Corte –, e 609-octies (Violenza sessuale di gruppo) del codice penale; ed é stata estesa dall’art. 13, comma 4, della legge 3 agosto 1998, n. 269, alle ipotesi di reato di cui agli articoli 600-bis (Prostituzione minorile), 600-ter (Pornografia minorile) e 600-quinquies (Iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile) del codice penale; e osserva che l’"audizione protetta" ivi prevista tenderebbe a realizzare forme alternative di assunzione della prova, in ispecie testimoniale, in modo da evitare il diretto contatto del minore con la "viva realtà processuale".

Ad avviso del remittente, benchè la tipologia del bene offeso dalle fattispecie di reato contemplate dalla norma impugnata costituisca ragione sufficiente di deroga alle regole generali di svolgimento dell’incidente probatorio, tale scelta sembrerebbe in realtà rinvenire il proprio autentico fondamento nelle esigenze di salvaguardia tout court della personalità del minore interessato all’assunzione della prova: come sarebbe confermato dal fatto che l’estensione operata da questa Corte al reato di corruzione di minorenne (sentenza n. 262 del 1998) sarebbe collegata all’esistenza di una più generale ragione di tutela della personalità del minore coinvolto in fatti comunque attinenti alla sua sfera psichica, fisica ed affettiva.

Sarebbe perciò in contrasto con l’art. 3 della Costituzione, per irragionevolezza, la limitazione della predetta disciplina solo ai reati indicati, in considerazione del fatto che identiche ragioni di salvaguardia della personalità del minore potrebbero valere in ordine a fattispecie diverse, eppure parimenti connotate da un "contenuto afflittivo non dissimile", come accadrebbe, appunto, nel caso del reato di cui all’art. 572 cod. pen. Trattandosi di un reato che si realizza attraverso un sistema reiterato di atti lesivi della libertà ed integrità fisica e morale o del decoro della persona offesa, tale da determinare una vera e propria sopraffazione, si presenterebbe una situazione "generativa del possibile perturbamento dell’equilibrio psico-fisico del minore e della correlata esigenza di riservatezza", in termini non diversi dal caso dei reati richiamati nella norma denunciata. L’esigenza di protezione del minore dal contatto invasivo con una realtà processuale non filtrata dalla mediazione demandata al giudice dalla norma in esame potrebbe discendere sia da situazioni involgenti la sfera della sessualità minorile, sia da situazioni che incidono sull’integrità fisica e sul patrimonio morale del minore.

Il giudice a quo motiva infine la rilevanza della questione osservando che l’espletamento della prova testimoniale ammessa in sede di incidente probatorio dovrebbe avere luogo secondo le forme ordinarie del dibattimento, come previsto dall’art. 401, comma 5, cod. proc. pen. Nè tale rilevanza potrebbe essere contraddetta, secondo il remittente, dal rilievo della applicabilità dell’art. 502 cod. proc. pen., relativo all’escussione a domicilio del teste assolutamente impossibilitato a comparire per legittimo impedimento, poichè tale norma disciplinerebbe ipotesi di oggettiva impossibilità a comparire, e consentirebbe comunque l’intervento personale dell’imputato, nelle forme immediate e prive delle garanzie previste dall’art. 398, comma 5-bis, cod. proc. pen.

2. ¾ Non vi é stata costituzione di parti nè intervento del Presidente del Consiglio dei ministri.

Considerato in diritto

1. ¾ La questione sollevata riguarda l’art. 398, comma 5-bis, del codice di procedura penale (Provvedimenti sulla richiesta di incidente probatorio). La norma impugnata prevede che, nel caso di indagini riguardanti le ipotesi di reati sessuali introdotte dalle leggi 15 febbraio 1996, n. 66, e 3 agosto 1998, n. 269, ove tra le persone interessate all’assunzione della prova vi siano minori di anni sedici, il giudice, quando le esigenze del minore lo rendono necessario od opportuno, stabilisce modalità particolari per procedere all’incidente probatorio, potendosi svolgere l’udienza anche in luoghi diversi dal tribunale con l’ausilio di strutture specializzate di assistenza o, in mancanza, presso l’abitazione del minore. La norma é censurata nella parte in cui non prevede, fra le ipotesi di reato in presenza delle quali essa si applica, il reato di maltrattamenti in famiglia o verso fanciulli, di cui all’art. 572 del codice penale.

Secondo il remittente, contrasterebbe con il principio di uguaglianza, di cui all’art. 3 della Costituzione, la mancata estensione di dette regole a quest’ultimo reato, riguardo al quale varrebbe la stessa esigenza di protezione della personalità del minore, che sta a base della previsione legislativa in esame.

2. ¾ La questione non é fondata.

La scelta del legislatore di prevedere una speciale disciplina per l’incidente probatorio – reso accessibile anche al di fuori delle ipotesi generalmente previste (art. 392, comma 1-bis, cod. proc. pen.) – quando tra gli interessati all’assunzione della prova vi siano minori infrasedicenni, e si proceda per taluno dei reati di cui alla legge n. 66 del 1996 o alla legge n. 269 del 1998, é evidentemente collegata alla valutazione secondo cui, nei procedimenti per reati sessuali, si pongono specifiche esigenze sia di assicurazione della genuinità della prova, sia, soprattutto, di protezione del minore infrasedicenne rispetto alle possibili lesioni alla sua personalità derivanti dalle modalità del suo intervento nel procedimento.

Tale ratio differenziatrice fra i reati sessuali (nel cui ambito l’assenza, nel testo originario dell’art. 398, comma 5-bis, cod. proc. pen., del riferimento al reato di corruzione di minorenne ha condotto alla pronuncia additiva di questa Corte contenuta nella sentenza n. 262 del 1998) e gli altri reati non appare ingiustificata. Il reato di maltrattamenti in famiglia o verso fanciulli non presenta caratteristiche di tale assimilabilità, rispetto ai reati sessuali, da imporre in modo automatico l’estensione della medesima ratio: esso non coinvolge infatti, in quanto tale e necessariamente, la sfera sessuale, rispetto alla quale si pongono le particolari esigenze di riserbo e di protezione dell’intimità personale che hanno ispirato la scelta compiuta dal legislatore con l’art. 398, comma 5-bis.

3. ¾ Ciò non esclude che anche nei procedimenti per altri reati, non previsti da quest’ultima norma, e così per il delitto di cui si discute, possano sussistere esigenze di protezione della personalità dei minori interessati all’assunzione della prova, quanto alle modalità di quest’ultima. Ma tali esigenze trovano riscontro in altre norme dell’ordinamento processuale. In primo luogo soccorre l’art. 498, comma 4, del codice di rito, ai cui sensi l’esame testimoniale del minore é condotto, non già dalle parti, secondo la regola generale, bensì, su domande e contestazioni proposte dalle parti, dal giudicante, il quale può avvalersi dell’ausilio di un familiare del minore o di un esperto in psicologia infantile, salvo che si ritenga che l’esame diretto non possa nuocere alla serenità del teste. Ancora, il giudice può sempre disporre che l’esame dei minorenni avvenga a porte chiuse (art. 472, comma 4, cod. proc. pen.); e delle generalità e dell’immagine dei testimoni minorenni é vietata la pubblicazione, fino a quando non sono divenuti maggiorenni, salva l’autorizzazione del tribunale per i minorenni, data nell’interesse esclusivo del minore, o il consenso di questi, ma solo se ha compiuto sedici anni (art. 114, comma 6, cod. proc. pen.).

Ma c’é di più. La legge n. 269 del 1998 (art. 13, comma 6) ha introdotto nell’art. 498 del codice di procedura penale, che disciplina le modalità dell’esame testimoniale nel dibattimento, il comma 4-bis, ai sensi del quale "si applicano, se una parte lo richiede ovvero se il presidente lo ritiene necessario, le modalità di cui all’articolo 398, comma 5-bis", cioé appunto le modalità di cui alla norma qui impugnata. Ora, benchè tale nuova regola sia stata introdotta nel contesto della disciplina dei reati concernenti la prostituzione minorile e la pornografia minorile, sta di fatto che la disposizione che la contiene riguarda le modalità dell’esame testimoniale nel dibattimento, prescindendo dall’ipotesi di reato per cui si procede: a differenza del successivo comma 4-ter, introdotto con lo stesso art. 13, comma 6, della legge n. 269 del 1998, che esplicitamente si riferisce ai casi in cui si procede per uno dei reati sessuali indicati, il comma 4-bis non reca alcuna limitazione in ordine ai reati.

Ora, come ricorda lo stesso giudice remittente, l’art. 401, comma 5, del codice di procedura penale, relativo alle modalità di svolgimento dell’udienza per l’incidente probatorio, dispone che "le prove sono assunte con le forme stabilite per il dibattimento". Pertanto, se il nuovo comma 4-bis dell’art. 498 si applica, nel dibattimento, indipendentemente dal titolo di reato per il quale si procede, e se esso é applicabile, in forza dell’art. 401, comma 5, anche all’incidente probatorio, ne risulta che, in forza del doppio richiamo accennato, anche nel caso di incidente probatorio nell’ambito di un procedimento per reato diverso da quelli sessuali (e così per il reato sottoposto al giudice a quo), le modalità particolari di assunzione della testimonianza del minore infrasedicenne, previste dall’art. 398, comma 5-bis, possono trovare applicazione: che é proprio quanto il remittente vorrebbe ottenere attraverso la dichiarazione di illegittimità costituzionale della norma denunciata.

Nè potrebbe opporsi che le condizioni poste dall’art. 498, comma 4-bis (richiesta di una delle parti o necessità ritenuta dal giudicante), sono diverse da quelle cui é subordinata l’applicazione dell’art. 398, comma 5-bis, nell’incidente probatorio relativo ai reati sessuali (necessità o opportunità in relazione alle esigenze del minore); e che parzialmente diverso é, nei due casi, l’oggetto della disciplina (esame dei testimoni, nell’art. 498; assunzione della prova cui siano interessate persone minori di sedici anni, nell’art. 398). Infatti, le eventuali esigenze – delle quali si é concretamente fatto carico il remittente nel giudizio a quo - di speciale protezione del minore infrasedicenne chiamato a testimoniare potrebbero comunque essere prese in considerazione anche in base all’art. 498, comma 4-bis, attraverso la valutazione della "necessità" del ricorso alle particolari modalità, operata dal giudicante in applicazione di tale ultima disposizione.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 398, comma 5-bis, del codice di procedura penale (Provvedimenti sulla richiesta di incidente probatorio), sollevata, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Modena con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 maggio 2001.

Cesare RUPERTO, Presidente

Valerio ONIDA, Redattore

Depositata in Cancelleria il 9 maggio 2001.