Ordinanza n. 99/2001

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ORDINANZA N.99

ANNO 2001

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare RUPERTO, Presidente

- Fernando SANTOSUOSSO

- Massimo VARI

- Riccardo CHIEPPA

- Gustavo ZAGREBELSKY

- Valerio ONIDA

- Carlo MEZZANOTTE

- Guido NEPPI MODONA

- Piero Alberto CAPOTOSTI

- Annibale MARINI

- Franco BILE

- Giovanni Maria FLICK

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 4-ter, commi 1 e 2, del decreto-legge 7 aprile 2000, n.82 (Modificazioni alla disciplina dei termini di custodia cautelare nella fase del giudizio abbreviato), convertito, con modificazioni, in legge 5 giugno 2000, n.144, promosso con ordinanza emessa il 16 giugno 2000 dal Tribunale di Palermo nel procedimento penale a carico di V. T., iscritta al n. 597 del registro ordinanze 2000 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 44, prima serie speciale, dell’anno 2000.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

Udito nella camera di consiglio del 7 febbraio 2001 il Giudice relatore Giovanni Maria Flick.

Ritenuto che, con ordinanza emessa il 16 giugno 2000, nel corso di un procedimento penale nei confronti di persona imputata del reato di cui agli artt. 609-bis e 609-quater cod.pen., il Tribunale di Palermo ha sollevato, in riferimento all’art. 3 Cost., questione di legittimità costituzionale dell’art. 4-ter, commi 1 e 2, del decreto-legge 7 aprile 2000, n. 82, convertito, con modificazioni, nella legge 5 giugno 2000, n.144 (Modificazioni alla disciplina dei termini di custodia cautelare nella fase del giudizio abbreviato), nella parte in cui <<preclude l’accesso al rito abbreviato agli imputati di reati punibili con pene diverse dall’ergastolo, ove l’istruzione dibattimentale sia già in corso alla data di entrata in vigore della citata legge di conversione, e non estende agli stessi la possibilità concessa dal comma 2 del detto articolo di proporre la relativa istanza alla prima udienza utile del processo>>;

che il rimettente premette che l’imputato nel procedimento a quo aveva proposto istanza di giudizio abbreviato in sede di atti preliminari al dibattimento, istanza peraltro non accolta, in quanto non era stata ritenuta applicabile la disciplina "transitoria" del rito speciale dettata dall’art. 223 del decreto legislativo 19 febbraio 1998, n. 51, poichè, nella specie, il decreto che disponeva il giudizio era stato emesso in data successiva al 2 giugno 1999;

che la medesima istanza, reiterata all’udienza nella quale é stata pronunziata l’ordinanza di rimessione, viene reputata dal giudice a quo anch’essa inammissibile ai sensi del citato art. 4-ter, in quanto proposta allorquando l’istruttoria dibattimentale era già iniziata;

che il giudice a quo, alla luce di tali premesse, rileva come il comma 2 del medesimo art. 4-ter preveda, in via transitoria, la possibilità di accesso al rito abbreviato per gli imputati di reati punibili con la pena dell’ergastolo anche a dibattimento iniziato, purchè la relativa richiesta sia formulata alla prima udienza utile;

che, secondo il rimettente, da ciò deriverebbe un’oggettiva disparità di trattamento tra imputati di reati punibili con la pena della reclusione ed imputati di reati punibili con la pena dell’ergastolo, a tutto favore di questi ultimi;

che tale disparità non sarebbe giustificata: nè sotto il profilo sostanziale, considerata la maggiore gravità del reato ascritto agli imputati a favore dei quali é stabilita; nè sotto il profilo processuale, considerato che, per gli imputati di reati punibili con pene diverse dall’ergastolo, l’accesso al rito abbreviato risultava originariamente subordinato a presupposti e limiti – consenso del pubblico ministero, impossibilità di subordinare la richiesta all’espletamento di prove - poi rimossi dalla legge 16 dicembre 1999, n. 479, con radicali trasformazioni del rito indubbiamente favorevoli all’imputato, a fronte delle quali <<ben si poteva rappresentare una più favorevole situazione processuale tale da indurre alla proposizione dell’istanza imputati che in precedenza non l’avevano proposta>>;

che nel giudizio é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata.

Considerato che il Tribunale di Palermo sottopone a scrutinio di costituzionalità disposizioni a carattere transitorio, che trovano la loro premessa logico-giuridica nelle modifiche apportate dalla legge n. 479 del 1999 alla disciplina del giudizio abbreviato;

che, in tale ottica, la disparità di trattamento – denunziata dal rimettente come costitutiva di una situazione di irragionevole privilegio a favore degli imputati di reati punibili con la pena dell’ergastolo - risulta in realtà giustificata dalla diversa incidenza delle anzidette modifiche normative, rispetto al precedente regime di accesso al rito alternativo in parola;

che, infatti, prima dell’intervento della citata legge n. 479 del 1999, la fruibilità di tale rito risultava radicalmente preclusa agli imputati di reati punibili con pena detentiva perpetua (e ciò per effetto della sentenza di questa Corte n. 176 del 1991, dichiarativa della illegittimità costituzionale dell’art. 442, comma 2, ultimo periodo, cod. proc. pen., per eccesso di delega), mentre di esso potevano giovarsi gli imputati di tutti gli altri reati, ancorchè a condizioni e con limiti poi (parzialmente) rimossi dalla novella;

che, pertanto, la previsione di un regime transitorio differenziato per le due categorie di imputati non può ritenersi irragionevolmente discriminatoria, proprio perchè logicamente correlata alla disomogeneità delle situazioni "di partenza": nei confronti degli imputati in procedimenti in corso, che non avrebbero potuto comunque avanzare in precedenza la richiesta di giudizio abbreviato — quali, appunto, gli imputati di reati punibili con l’ergastolo — si é prevista una "rimessione in termini" particolarmente ampia (consentendo la proposizione dell’istanza, nel giudizio di primo grado, prima della conclusione dell’istruzione dibattimentale ed, entro tale limite, anche nel giudizio di appello, qualora sia stata disposta la rinnovazione dell’istruzione); nei confronti di tutti gli altri imputati — che avrebbero potuto formulare la richiesta anche anteriormente, sia pure con un diverso regime normativo — si é invece stabilita una semplice estensione dell’ordinario termine di proposizione, fino ad uno stadio compatibile con la funzione alternativa al dibattimento che il rito abbreviato é istituzionalmente chiamato a svolgere (donde il limite segnato dall’inizio dell’istruttoria dibattimentale);

che, non essendo dunque ravvisabile nelle disposizioni denunciate alcun profilo di contrasto con l’invocato parametro, la questione deve essere dichiarata manifestamente infondata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale;

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 4-ter, commi 1 e 2, del decreto-legge 7 aprile 2000, n. 82 (Modificazioni alla disciplina dei termini di custodia cautelare nella fase del giudizio abbreviato), convertito, con modificazioni, nella legge 5 giugno 2000, n. 144, sollevata, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, dal Tribunale di Palermo con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta il 21 marzo 2001.

Cesare RUPERTO, Presidente

Giovanni Maria FLICK, Redattore

Depositata in Cancelleria il 4 aprile 2001.