Ordinanza n. 98/2001

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ORDINANZA N.98

ANNO 2001

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare RUPERTO, Presidente

- Fernando SANTOSUOSSO

- Massimo VARI

- Riccardo CHIEPPA

- Gustavo ZAGREBELSKY

- Valerio ONIDA

- Carlo MEZZANOTTE

- Fernanda CONTRI

- Guido NEPPI MODONA

- Piero Alberto CAPOTOSTI

- Annibale MARINI

- Franco BILE

- Giovanni Maria FLICK

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 33-bis, comma 1, lettera b, del codice di procedura penale (Attribuzioni del tribunale in composizione collegiale), come modificato dall’art. 10 della legge 16 dicembre 1999, n. 479 (Modifiche alle disposizioni sul procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica e altre modifiche al codice di procedura penale. Modifiche al codice penale e all'ordinamento giudiziario. Disposizioni in materia di contenzioso civile pendente, di indennità spettanti al giudice di pace e di esercizio della professione forense), promossi con ordinanze emesse il 1° marzo 2000 dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale militare di Torino, il 13 gennaio 2000 dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale militare di Padova ed il 5 aprile 2000 dal Tribunale militare di Padova, iscritte, rispettivamente, ai nn. 190, 263 e 490 del registro ordinanze 2000 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 18, 22 e 39, prima serie speciale, dell’anno 2000.

Udito nella camera di consiglio del 7 febbraio 2001 il Giudice relatore Valerio Onida.

Ritenuto che, con ordinanza emessa il 1° marzo 2000, pervenuta a questa Corte il 4 aprile 2000 (r.o. n. 190 del 2000), il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale militare di Torino, ritenendo di dover emettere il decreto che dispone il giudizio per il reato di peculato militare, ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, dell’art. 33-bis, comma 1, lettera b, del codice di procedura penale (Attribuzioni del tribunale in composizione collegiale), come modificato dall’art. 10 della legge 16 dicembre 1999, n. 479 (Modifiche alle disposizioni sul procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica e altre modifiche al codice di procedura penale. Modifiche al codice penale e all'ordinamento giudiziario. Disposizioni in materia di contenzioso civile pendente, di indennità spettanti al giudice di pace e di esercizio della professione forense), "laddove non prevede che sia attribuito al tribunale militare in composizione collegiale il reato di peculato militare di cui all’art. 215 del codice penale militare di pace";

che il giudice a quo - ritenendo che, in forza del principio di "complementarità" di cui all’art. 261 del codice penale militare di pace (per cui, salvo che la legge non disponga altrimenti, si applicano anche per i procedimenti davanti al tribunale militare le disposizioni del codice di procedura penale), trovi applicazione anche nei giudizi militari la normativa sul giudice unico di primo grado, che attribuisce alcuni reati al tribunale in composizione monocratica e altri reati al tribunale in composizione collegiale ­ osserva che, mentre alla stregua degli articoli 33-bis e 33-ter cod. proc. pen. il reato di peculato comune é giudicato dal tribunale in composizione collegiale, il reato di peculato militare sarebbe invece giudicato dal tribunale in composizione monocratica, trattandosi di reato punito con pena non superiore nel massimo a dieci anni, e per il quale l’art. 33-bis non prevede la composizione collegiale;

che pertanto, ad avviso del remittente, egli dovrebbe emettere il decreto che dispone il giudizio davanti al tribunale in composizione monocratica, ma che ciò darebbe luogo ad una illegittima disparità di trattamento fra imputati di peculato comune e imputati di peculato militare, figure delittuose fra loro identiche e punite con identica sanzione edittale nel massimo;

che il nuovo testo dell’art. 33-bis, comma 1, lettera b, cod. proc. pen., omettendo di includere anche il reato di peculato militare fra quelli attribuiti al tribunale in composizione collegiale, sarebbe dunque in contrasto con l’art. 3 della Costituzione, per la irrazionalità del sistema e per la ingiustificata disparità di trattamento fra i soggetti imputabili dei due reati;

che identica questione, sulla base dei medesimi argomenti, ha sollevato, nel corso di un procedimento per peculato militare, il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale militare di Padova, con ordinanza emessa il 15 gennaio 2000, pervenuta a questa Corte il 26 aprile 2000 (r.o. n. 263 del 2000);

che analoga questione é stata sollevata, nel corso del dibattimento relativo ad un giudizio per peculato militare, dal Tribunale militare di Padova in composizione monocratica, con ordinanza emessa il 5 aprile 2000, pervenuta a questa Corte il 5 giugno 2000 (r.o. n. 490 del 2000);

che anche quest’ultima autorità remittente svolge argomenti sostanzialmente coincidenti con quelli delle due prime ordinanze, sottolineando che la asserita disparità di trattamento fra imputati di peculato e imputati di peculato militare non potrebbe collegarsi alla diversa gravità delle ipotesi di reato - essendo il peculato militare punito con pena, nel minimo, inferiore a quella comminata per il peculato comune - , in quanto una diversa valutazione delle due fattispecie non potrebbe essere desunta da particolari ragioni inerenti all’amministrazione militare;

che non vi é stata costituzione di parti nè intervento del Presidente del Consiglio dei ministri.

Considerato che le tre ordinanze di rimessione sollevano la medesima questione, sicchè i relativi giudizi possono essere riuniti per essere decisi con unica pronuncia;

che é erroneo il presupposto, da cui muovono i remittenti, secondo cui troverebbe applicazione, nei procedimenti davanti al tribunale militare, la normativa del codice di procedura penale che attribuisce la cognizione di alcuni reati al tribunale in composizione monocratica e quella di altri al tribunale in composizione collegiale (artt. 33-bis e 33-ter cod. proc. pen., aggiunti dall’art. 169 del d.lgs. 19 febbraio 1998, n. 51, e poi modificati dalla legge n. 479 del 1999);

che, infatti, come anche la Corte di cassazione ha di recente chiarito (prima sezione penale, 19 giugno 2000, n. 4488 e 19 giugno 2000, n. 4498), nei procedimenti davanti al tribunale militare, la cui composizione speciale e "mista", con la partecipazione di un membro laico, é disciplinata dall’art. 2 della legge 7 maggio 1981, n. 180, non trova applicazione la normativa del codice di rito comune sul tribunale ordinario in composizione monocratica;

che, pertanto, non vi é luogo ad applicare, nei giudizi militari, la norma denunciata dell’art. 33, comma 1, lettera b, cod. proc. pen., onde la relativa questione si palesa manifestamente inammissibile per irrilevanza.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 33-bis, comma 1, lettera b, del codice di procedura penale (Attribuzioni del tribunale in composizione collegiale), come modificato dall’art. 10 della legge 16 dicembre 1999, n. 479 (Modifiche alle disposizioni sul procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica e altre modifiche al codice di procedura penale. Modifiche al codice penale e all'ordinamento giudiziario. Disposizioni in materia di contenzioso civile pendente, di indennità spettanti al giudice di pace e di esercizio della professione forense), sollevata, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale militare di Torino, dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale militare di Padova e dal Tribunale militare di Padova con le ordinanze in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21 marzo 2001.

Cesare RUPERTO, Presidente

Valerio ONIDA, Redattore

Depositata in Cancelleria il 4 aprile 2001.