ordinanza n. 87/2001

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ORDINANZA N. 87

ANNO 2001

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Fernando SANTOSUOSSO, Presidente     

- Massimo VARI         

- Riccardo CHIEPPA             

- Gustavo ZAGREBELSKY              

- Valerio ONIDA                    

- Carlo MEZZANOTTE                     

- Fernanda CONTRI               

- Guido NEPPI MODONA                

- Piero Alberto CAPOTOSTI             

- Annibale MARINI               

- Franco BILE             

- Giovanni Maria FLICK                    

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 5 e 23, penultimo comma della legge della Regione Veneto 13 settembre 1978, n. 52 (Legge forestale regionale), promosso con ordinanza emessa il 23 febbraio 1999 dal Pretore di Bassano del Grappa, sezione distaccata di Asiago, nel procedimento civile vertente tra Frigo Valentino e il Comune di Roana, iscritta al n. 295 del registro ordinanze 1999 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 21, prima serie speciale, dell'anno 1999.

Visti l'atto di costituzione di Frigo Valentino nonchè l'atto di intervento della Regione Veneto;

udito nell'udienza pubblica del 23 gennaio 2001 il Giudice relatore Riccardo Chieppa;

uditi l'avvocato Luigi Manzi per Frigo Valentino e l'avvocato Fabio Lorenzoni per la Regione Veneto.

Ritenuto che nel corso di un procedimento civile, promosso avverso l'ordinanza di ingiunzione emessa dal Sindaco del Comune di Roana, con cui veniva applicata una sanzione amministrativa pecuniaria per la violazione di prescrizioni di massima e di polizia forestale, il Pretore di Bassano del Grappa, sezione distaccata di Asiago, con ordinanza 23 febbraio 1999, ha sollevato, d'ufficio, questione di legittimità costituzionale degli artt. 5 e 23, penultimo comma, della legge della Regione Veneto 13 settembre 1978, n. 52 (Legge forestale regionale), nella parte in cui, non prevedono che l'approvazione delle suddette prescrizioni da parte del Consiglio regionale sia seguita dalla promulgazione da parte del Presidente della Giunta regionale della Regione Veneto per contrasto con l'art. 121, quarto comma, della Costituzione;

che in ordine alla rilevanza, il giudice rimettente sottolinea che l'eventuale accoglimento della questione proposta, con conseguente riconoscimento della natura regolamentare delle prescrizioni di massima e di polizia forestale, condurrebbe all'invalidità ex tunc del provvedimento sanzionatorio;

che, nel merito, il giudice a quo richiama l'art. 10 del regio decreto-legge 30 dicembre 1923, n. 3267, il quale prevede che le prescrizioni di massima e di polizia forestale siano redatte in forma di regolamento, nonchè l'art. 5 della legge regionale n. 52 del 1978, il quale dispone che la Giunta regionale provveda ad elaborare le più volte ripetute prescrizioni, da sottoporre all'approvazione del Consiglio regionale; ed infine, l'art. 23, penultimo comma, della stessa legge regionale, il quale contempla che il Consiglio regionale approvi le direttive e le norme concernenti la pianificazione forestale predisposte dalla Giunta regionale;

che in tale contesto normativo nulla é disposto in ordine alla promulgazione; questa avrebbe dovuto - secondo la prospettazione del giudice a quo - seguire la procedura di promulgazione prevista dalla norma costituzionale invocata e ribadita dall'art. 43, quarto comma, della legge 22 maggio 1971, n. 340 (Statuto della Regione Veneto);

che avanti a questa Corte si é costituita la parte privata nel giudizio a quo, la quale ha eccepito, preliminarmente, la inammissibilità, concludendo per la infondatezza della questione sul rilievo che la qualificazione giuridica dell'atto normativo, di cui il provvedimento sanzionatorio farebbe applicazione, competerebbe allo stesso giudice a quo; questi sarebbe in possesso degli strumenti necessari per stabilirne e riconoscerne la natura regolamentare e negarne, quindi, l'applicazione, con conseguente annullamento dell'atto impugnato;

che é altresì intervenuta la Regione Veneto, che ha eccepito, in via preliminare, la inammissibilità della questione, atteso che il giudice a quo non avrebbe tenuto conto che la sanzione amministrativa irrogata trovasse la propria fonte direttamente nelle previsioni di cui al regio decreto-legge n. 3267 del 1923 e nella legge 9 ottobre 1967, n. 950, a nulla rilevando la eventuale natura regolamentare delle prescrizioni di massima e di polizia forestale;

che, nel merito, dopo aver precisato che l'art. 23 della legge della Regione Veneto n. 52 del 1978 é stato integralmente sostituito prima dall'art. 3 della legge regionale 29 luglio 1994, n. 34 e, da ultimo, dall'art. 3 della legge regionale 27 giugno 1997, n. 25, sottolinea che il problema di costituzionalità si porrebbe per il solo art. 5 della legge regionale n. 52 del 1978 e procede ad una ricostruzione storica della potestà regolamentare sia del potere esecutivo sia degli enti locali;

che tale potestà regolamentare sarebbe stata - nell'ambito istituzionale dell'epoca - limitata alla normativa d'attuazione delle leggi sulla base di un'attribuzione con legge statale; mentre oggi, alla luce dei principi tratti dall'esperienza costituzionale e in relazione al trasferimento di competenze in attuazione dell'art. 117 della Costituzione, é intervenuta la legge regionale n. 52 del 1978, che ha previsto, all'art. 5, che le prescrizioni di massima e di polizia forestale fossero sottoposte alla semplice "approvazione del Consiglio regionale", scegliendo, in piena autonomia normativa, che l'atto in questione avesse natura di atto amministrativo a contenuto generale non normativo;

che con successiva memoria, la parte privata ha puntualizzato che, in mancanza di diversa previsione espressa del legislatore regionale del 1978, le prescrizioni di massima e di polizia forestale debbano avere natura regolamentare, a nulla rilevando le argomentazioni regionali con richiami ad atti amministrativi di approvazione della strumentazione urbanistica, con ciò confondendosi gli atti normativi con gli atti a contenuto generale.

Considerato che, quanto alla rilevanza della questione di legittimità costituzionale, il giudice a quo si é limitato ad affermare che in caso di rigetto dovrebbe concludersi per la piena operatività delle prescrizioni di massima e di polizia forestale e che l’atto impugnato sarebbe legittimamente emanato; di contro, in caso di accoglimento, constatata la inefficacia delle stesse prescrizioni di massima, si perverrebbe ad una invalidazione dell’atto sanzionatorio, perchè emesso in assenza di alcuna base normativa;

che il giudice a quo non ha preso in considerazione che era di sua spettanza il potere di decidere sulla natura delle prescrizioni di massima e, quindi, sugli effetti, rispetto al caso concreto, della mancata c.d. "promulgazione" o comunque degli eventuali vizi procedimentali o del mancato o meno completamento della procedura con le conseguenze della inefficacia ed inoperatività delle stesse, qualora fossero state ritenute rientranti nella previsione statutaria dell’art. 43, quarto comma, dello Statuto della Regione Veneto (legge 22 maggio 1971, n. 340), in riferimento anche alla previsione dell’art. 121 della Costituzione (nel testo originario, che affidava al Consiglio regionale l’esercizio "delle potestà regolamentari attribuite alla Regione", testo anteriore alla sopravvenuta modifica introdotta dalla legge costituzionale 22 novembre 1999, n. 1, che ha eliminato l’obbligatorietà della approvazione dei regolamenti da parte del Consiglio regionale o in altri termini ha consentito di fare venire meno la riserva di esclusiva competenza dei Consigli regionali del potere di adottare regolamenti);

che lo stesso giudice avrebbe potuto egualmente definire, per la parte che interessa, il giudizio a quo indipendentemente dalla risoluzione della questione di legittimità costituzionale, anche nella ipotesi in cui avesse ritenuto le prescrizioni di massima, nella parte di cui si discute la violazione, prive di contenuto normativo e non aventi natura regolamentare, nel senso, cioé di considerarle quali prescrizioni, quasi esclusivamente tecniche, contenute in atto amministrativo generale, esaminando e risolvendo i vizi procedimentali eventualmente denunciati;

che, in ogni caso, il fondamento legislativo della sanzione amministrativa contestata deve rinvenirsi - dopo la dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’art. 11 del regio decreto-legge 30 dicembre 1923, n. 3267 (sentenza n. 26 del 1966) - nella legge 9 ottobre 1967, n. 950 (Sanzioni per i trasgressori delle norme di polizia forestale), i cui importi sono stati elevati dall’art. 11 della legge 1° marzo 1975, n. 47, dall’art. 114, secondo comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689, essendo compito del giudice verificare se e quale prescrizione di massima corrispondente alla violazione addebitata (taglio abusivo di 142 piante di abete rosso) con irrogazione della sanzione amministrativa prevista dalla legge fosse efficace ed operante;

che il giudice rimettente non ha preso in considerazione che l’art. 23 della legge della Regione Veneto n. 52 del 1978 (una delle due norme denunciate) era stato integralmente sostituito una prima volta dall'art. 3 della legge regionale 29 luglio 1994, n. 34 e poi dalla legge regionale 27 giugno 1997, n. 25 (Modifica della legge regionale 13 settembre 1978, n. 52, "Legge forestale regionale" e dell’art. 20 della legge regionale 14 settembre 1994, n. 58, in materia di vincolo idrogeologico), che ha accentuato la funzione pianificatoria nella disciplina della utilizzazione dei boschi;

che pertanto risulta la manifesta inammissibilità della questione sollevata.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 5 e 23, penultimo comma, della legge della Regione Veneto 13 settembre 1978, n. 52 (Legge forestale regionale), sollevata, in riferimento all'art. 121, quarto comma, della Costituzione, dal Pretore di Bassano del Grappa, sezione distaccata di Asiago, con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21 marzo 2001.

Fernando SANTOSUOSSO, Presidente

Riccardo CHIEPPA, Redattore

Depositata in Cancelleria il 30 marzo 2001.