Ordinanza n. 32

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ORDINANZA N. 32

ANNO 2001

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Fernando SANTOSUOSSO, Presidente

- Cesare RUPERTO

- Riccardo CHIEPPA

- Gustavo ZAGREBELSKY

- Valerio ONIDA

- Carlo MEZZANOTTE

- Fernanda CONTRI

- Guido NEPPI MODONA

- Piero Alberto CAPOTOSTI

- Annibale MARINI

- Franco BILE

- Giovanni Maria FLICK

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 4, comma 1-bis, del decreto-legge 18 ottobre 1995, n. 432 (Interventi urgenti sul processo civile e sulla disciplina transitoria della legge 26 novembre 1990, n. 353, relativa al medesimo processo), convertito dalla legge 20 dicembre 1995, n. 534 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 18 ottobre 1995, n. 432, recante interventi urgenti sul processo civile e sulla disciplina transitoria della legge 26 novembre 1990, n. 353, relativa al medesimo processo), promosso con ordinanza emessa il 13 marzo 2000 dal Giudice istruttore del Tribunale di Lecce nel procedimento civile vertente tra Miraglia Rosario ed altra contro Quarta Agostino, iscritta al n. 294 del registro ordinanze 2000 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 23 prima serie speciale, dell’anno 2000.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 25 ottobre 2000 il Giudice relatore Fernanda Contri.

Ritenuto che il Giudice istruttore del Tribunale di Lecce, con ordinanza emessa il 13 marzo 2000, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 4, comma 1-bis, del decreto-legge 18 ottobre 1995, n. 432 (Interventi urgenti sul processo civile e sulla disciplina transitoria della legge 26 novembre 1990, n. 353, relativa al medesimo processo), convertito dalla legge 20 dicembre 1995, n. 534 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 18 ottobre 1995, n. 432, recante interventi urgenti sul processo civile e sulla disciplina transitoria della legge 26 novembre 1990, n. 353, relativa al medesimo processo) - che ha sostituito il primo comma dell'art. 181 del codice di procedura civile ripristinando il testo in vigore prima della novella di cui all'art. 16 della legge 26 novembre 1990, n. 353 (Provvedimenti urgenti per il processo civile);

che ad avviso del rimettente la disposizione impugnata viola l'art. 111 della Costituzione, così come modificato dall'art. 1 della legge costituzionale 23 novembre 1999, n. 2 (Inserimento dei principi del giusto processo nell'art. 111 della Costituzione) ed in particolare il principio della ragionevole durata dei processi;

che il giudice a quo - investito della trattazione di una causa civile nella quale entrambe le parti non sono comparse alla prima udienza - rileva che il nuovo testo dell'art. 111 Cost. ha reso costituzionalmente sindacabili anche gli aspetti intrinseci e funzionali della giurisdizione, i quali secondo la giurisprudenza di questa Corte non erano scrutinabili in base all'art. 97 Cost.;

che secondo il rimettente la norma impugnata causerebbe una maggior durata di tutti i procedimenti civili, sia di quelli nei quali la mancata comparizione delle parti avrebbe consentito (in base alla norma introdotta dalla novella del 1990) l'immediata cancellazione della causa dal ruolo, sia di tutti gli altri processi, che devono essere fissati ad udienze più lontane nel tempo, appunto a causa del carico di lavoro rappresentato dai procedimenti per i quali é stata fissata la nuova udienza ex art. 181 cod. proc. civ.;

che, ad avviso del rimettente, é comunque assai ridotto il numero delle cause nelle quali le parti, rimaste assenti alla prima udienza, compaiono all'udienza successiva;

che il giudice a quo assume infine che la modifica introdotta dal decreto legge del 1995 - ad evitare che, anche per un semplice disguido, le parti debbano subire la sanzione della cancellazione immediata della causa dal ruolo - ha ripristinato uno strumento non necessario e inefficace, essendovi comunque un anno di tempo per la riassunzione della causa, non essendo tutelata la parte che non compare per gravi motivi - poichè l'ordinanza del giudice non é reclamabile o revocabile - e non essendo quindi garantita una maggior tutela del diritto di difesa delle parti determinandosi anzi un allungamento ingiustificato della durata dei processi civili;

che é intervenuto nel giudizio di legittimità costituzionale il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo alla Corte di dichiarare la questione infondata;

che l'Avvocatura, dopo aver ricordato che analoghe questioni di legittimità costituzionale della norma in esame - sollevate con riferimento al diverso parametro di cui all'art. 97 Cost. - sono già state dichiarate infondate dalla Corte, rileva come la norma risponda alla ratio di evitare che assenze casuali alle udienze provochino l'emissione di un provvedimento - la cancellazione immediata della causa dal ruolo - che darebbe luogo a oneri processuali, relativi alla riassunzione della lite, gravosi per le parti;

che, osserva ancora la difesa erariale, non vi sarebbe alcun conflitto della norma denunciata con il novellato art. 111 Cost. - ed in particolare con il principio della durata ragionevole del processo - perchè, in forza dell'art. 81 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile, la nuova udienza dovrebbe essere fissata entro quindici giorni dalla precedente;

che rileva infine l'Avvocatura come il rimettente abbia posto a base dell'ordinanza considerazioni attinenti alla gestione delle risorse umane e materiali della giustizia, e cioé profili di ordine organizzativo rimessi alla discrezionalità del legislatore ed estranei alla garanzia di cui all'art. 111 Cost.

Considerato che il Giudice istruttore del Tribunale di Lecce dubita della legittimità costituzionale dell’art. 4, comma 1-bis, del decreto-legge 18 ottobre 1995, n. 432 (Interventi urgenti sul processo civile e sulla disciplina transitoria della legge 26 novembre 1990, n. 353, relativa al medesimo processo), convertito con modificazioni dalla legge 20 dicembre 1995, n. 534 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 18 ottobre 1995, n. 432, recante interventi urgenti sul processo civile e sulla disciplina transitoria della legge 26 novembre 1990, n. 353, relativa al medesimo processo) - che ha sostituito il primo comma dell'art. 181 del codice di procedura civile ed ha reintrodotto il testo in vigore prima della modifica apportata dall'art. 16 della legge 26 novembre 1990, n. 353 (Provvedimenti urgenti per il processo civile);

che secondo il giudice a quo la norma violerebbe l'art. 111 della Costituzione, così come modificato dall'art. 1 della legge costituzionale 23 novembre 1999, n. 2 (Inserimento dei principi del giusto processo nell'art. 111 della Costituzione) poichè darebbe luogo ad un adempimento - la necessità, in caso di mancata comparizione delle parti alla prima udienza, di fissare una nuova udienza della quale la cancelleria deve dare avviso alle parti costituite - tale da non assicurare la ragionevole durata dei processi civili;

che questa Corte ha già esaminato altre questioni di legittimità costituzionale della stessa norma oggi impugnata, allora sollevate in relazione, tra gli altri, al diverso parametro di cui all'art. 97 Cost., ritenendole manifestamente infondate poichè "il legislatore, nel regolare il funzionamento del processo, dispone della più ampia discrezionalità, sicchè le scelte concretamente compiute sono sindacabili soltanto ove manifestamente irragionevoli" e che "i lamentati inconvenienti di fatto derivanti dall’applicazione di norme non possono costituire unico fondamento di questioni di legittimità costituzionale" (ordinanza n. 7 del 1997);

che l’introduzione nella Costituzione del nuovo testo dell’art. 111 non produce modifiche all’orientamento di questa Corte sul punto, dal momento che l’esigenza di garantire la maggior celerità possibile dei processi deve tendere ad una durata degli stessi che sia, appunto, "ragionevole" in considerazione anche delle altre tutele costituzionali in materia, in relazione al diritto delle parti di agire e difendersi in giudizio garantito dall’art. 24 Cost.;

che il legislatore continua quindi a disporre della più ampia discrezionalità in materia, pur essendo vincolato a scelte che non siano prive di una valida ragione, ora anche sotto il profilo della durata dei processi;

che la scelta di prevedere, in caso di mancata comparizione delle parti all’udienza civile, la fissazione entro 15 giorni dalla precedente di una nuova udienza con avviso da dare alle parti costituite, non può di per sè importare una durata irragionevole del processo; e ancora che la diversa soluzione prospettata dal rimettente – la cancellazione immediata della causa dal ruolo, con eventuale riassunzione della stessa a cura di parte entro l’anno – non importa di per sè una accelerazione dei processi civili provocando inconvenienti di segno contrario ai quali aggiunge l’inevitabile maggior costo del processo per le parti;

che gli altri inconvenienti prospettati dal giudice a quo concernono aspetti organizzativi della giustizia ma non toccano profili di legittimità costituzionale della norma impugnata;

che perciò la questione sollevata é manifestamente infondata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 4, comma 1-bis, del decreto-legge 18 ottobre 1995, n. 432 (Interventi urgenti sul processo civile e sulla disciplina transitoria della legge 26 novembre 1990, n. 353, relativa al medesimo processo), convertito dalla legge 20 dicembre 1995, n. 534 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 18 ottobre 1995, n. 432, recante interventi urgenti sul processo civile e sulla disciplina transitoria della legge 26 novembre 1990, n. 353, relativa al medesimo processo) sollevata, in riferimento all’art. 111 della Costituzione, dal Giudice istruttore del Tribunale di Lecce con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 25 gennaio 2001.

Fernando SANTOSUOSSO, Presidente

Fernanda CONTRI, Redattore

Depositata in cancelleria il 9 febbraio 2001.