Ordinanza n.21

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ORDINANZA N.21

ANNO 2001

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Fernando SANTOSUOSSO, Presidente

- Massimo VARI

- Cesare RUPERTO

- Riccardo CHIEPPA

- Gustavo ZAGREBELSKY

- Carlo MEZZANOTTE

- Guido NEPPI MODONA

- Piero Alberto CAPOTOSTI

- Annibale MARINI

- Franco BILE

- Giovanni Maria FLICK

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 13 della legge 12 agosto 1962, n. 1338 (Disposizioni per il miglioramento dei trattamenti di pensione dell'assicurazione obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti), promosso con ordinanza emessa il 23 agosto 1999 dal Tribunale di Bologna nel procedimento civile vertente tra Zagni Adriano e l’Istituto nazionale per la previdenza sociale, iscritta al n. 607 del registro ordinanze 1999 e pubblicata nella Gazzetta ufficiale della Repubblica n. 44, prima serie speciale, dell’anno 1999.

Visti l’atto di costituzione dell’INPS nonchè l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 13 dicembre 2000 il Giudice relatore Cesare Ruperto.

Ritenuto che - nel corso di un giudizio civile promosso onde ottenere la costituzione e la corresponsione di rendita vitalizia per il periodo di omessa contribuzione (dal 14 agosto 1957 al 31 dicembre 1978), durante il quale il ricorrente aveva prestato attività di collaborazione nell'azienda artigiana del padre - il Tribunale di Bologna, con ordinanza emessa il 23 agosto 1999, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 38 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 13 della legge 12 agosto 1962, n. 1338 (Disposizioni per il miglioramento dei trattamenti di pensione dell'assicurazione obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti), "nella parte in cui esclude che la rendita vitalizia che il lavoratore subordinato iscritto all’assicurazione generale obbligatoria ha diritto di chiedere e di ottenere, ove il datore di lavoro abbia omesso di pagare la contribuzione dovuta all'ente assicuratore, possa essere domandata a proprie spese anche dai coadiutori familiari dell'imprenditore artigiano";

che, pur rilevando come questa Corte abbia già dichiarato non fondata identica questione sulla base di un'interpretazione logico-sistematica della norma impugnata che consentirebbe di riconoscere al collaboratore familiare dell'artigiano il diritto alla menzionata rendita vitalizia (sentenza n. 18 del 1995), il rimettente afferma tuttavia di "aderire" alle tesi, sostenute in sede giudiziaria dal convenuto INPS, circa l'efficacia non direttamente vincolante delle sentenze cosiddette interpretative di rigetto e circa l'inestensibilità della disciplina in esame alla fattispecie de qua;

che - riguardando dunque la denunciata norma, secondo il Tribunale di Bologna, esclusivamente i lavoratori subordinati iscritti all'assicurazione obbligatoria (così come essa applicabile ad altre categorie professionali di assicurati solo ove espressamente previsto da altre disposizioni) - l'esclusione della tutela per i collaboratori familiari dell'imprenditore artigiano porrebbe in essere una disparità di trattamento non giustificata dalle differenze di sostanza e di regolamentazione del regime previdenziale delle imprese artigiane rispetto a quello dei lavoratori dipendenti, in quanto i coadiuvanti dell'impresa artigiana, anche se appartenenti alla famiglia dell'imprenditore, hanno un rapporto assimilabile sotto molti aspetti a quello del lavoratore subordinato;

che é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, concludendo per la declaratoria di inammissibilità ovvero di infondatezza della sollevata questione.

Considerato che questa Corte, con detta sentenza n. 18 del 1995, ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, altra identica questione, riguardante la stessa norma ed anche allora sollevata con riferimento ai medesimi parametri oggi evocati;

che, in quella sede, é stato rilevato come, attraverso la previsione della facoltà di costituire la rendita ai sensi del denunciato art. 13 della legge 12 agosto 1962, n. 1338, si sia mirato non già ad offrire un particolare modo di risarcimento del danno, bensì a realizzare il medesimo effetto dell'ormai non più possibile adempimento dell'obbligo contributivo da parte di chi era tenuto al versamento;

che - ricostruito l'àmbito di operatività del congegno di regolarizzazione della posizione contributiva in termini di intima correlazione di esso con la generale disciplina dell'assicurazione dei lavoratori subordinati di cui al r.d.l. 4 ottobre 1935, n. 1827, ed alla legge 4 luglio 1959, n. 463 - la Corte ha pertanto affermato che, in mancanza di indizi normativi in senso contrario, rimane affidato all'interprete il compito di stabilire se non sia il dinamismo stesso della legislazione previdenziale, improntata al principio della sicurezza sociale, a far ritenere applicabile in via estensiva la norma denunciata (avente connotati di generalità e di astrattezza tali da renderla applicabile a tutte le forme assicurative delle varie categorie di lavoratori non aventi una posizione attiva nel determinismo contributivo) anche ai familiari dell'artigiano che non siano titolari dell'impresa, ma lavorino abitualmente e prevalentemente nell'azienda;

che l'odierno rimettente, non solo non ha seguíto le coordinate ermeneutiche specificamente tracciate in quella decisione (le quali lo avrebbero portato a decidere la controversia nel senso da lui auspicato), ma si é limitato a dichiarare di "aderire" alle tesi difensive sostenute in giudizio da una delle parti, senza svolgere alcuna ulteriore motivazione in ordine all'asserita impossibilità di interpretare la norma denunciata secondo il senso indicato;

che, pertanto, la sollevata questione é manifestamente infondata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, della norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 13 della legge 12 agosto 1962, n. 1338 (Disposizioni per il miglioramento dei trattamenti di pensione dell'assicurazione obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti), sollevata - in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 38 della Costituzione - dal Tribunale di Bologna, con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 gennaio 2001.

Fernando SANTOSUOSSO, Presidente

Cesare RUPERTO, Redattore

Depositata in cancelleria il 23 gennaio 2001.