Ordinanza n. 582/2000
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ANNO 2000

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Fernando SANTOSUOSSO, Presidente

- Massimo VARI

- Riccardo CHIEPPA

- Gustavo ZAGREBELSKY

- Valerio ONIDA

- Carlo MEZZANOTTE

- Fernanda CONTRI

- Guido NEPPI MODONA

- Piero Alberto CAPOTOSTI

- Annibale MARINI

- Franco BILE

- Giovanni Maria FLICK

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 2, della legge 8 agosto 1995, n. 349 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 28 giugno 1995, n. 250, recante differimento di taluni termini ed altre disposizioni in materia tributaria), promosso con ordinanza emessa il 12 maggio 1999 dalla Commissione tributaria regionale di Ancona, iscritta al n. 83 del registro ordinanze 2000 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 10, prima serie speciale, dell’anno 2000.

 Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

 udito nella camera di consiglio del 29 novembre 2000 il Giudice relatore Valerio Onida.

Ritenuto che, con ordinanza emessa il 12 maggio 1999, pervenuta a questa Corte il 9 febbraio 2000, la Commissione tributaria regionale di Ancona ha sollevato, su istanza del contribuente appellante, questione di legittimità costituzionale, in riferimento all’art. 77, terzo comma, della Costituzione, dell’art. 1, comma 2, della legge 8 agosto 1995, n. 349 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 28 giugno 1995, n. 250, recante differimento di taluni termini ed altre disposizioni in materia tributaria), nella parte in cui stabilisce che restano validi gli atti e i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodottisi ed i rapporti giuridici sorti sulla base del decreto legge 29 aprile 1995, n. 132, non convertito in legge;

che, secondo la Commissione remittente, potrebbe “non essere infondato sostenere” che tale clausola di “sanatoria” - in base alla quale dovrebbe ritenersi tempestivo l’avviso di accertamento in materia di imposta comunale sull’incremento di valore degli immobili, notificato al contribuente nel periodo di provvisorio vigore del decreto legge n. 132 del 1995, il cui art. 1, comma 10, prorogava i termini per tale adempimento – sia in contrasto con l’art. 77, terzo comma, della Costituzione: quest’ultimo, infatti, potrebbe ritenersi legittimare il Parlamento soltanto a disciplinare i rapporti sorti in base al decreto non convertito all’atto in cui viene negata la conversione, mentre, nella specie, la disposizione in questione è intervenuta solo in sede di legge di conversione del successivo decreto legge n. 250 del 1995, che non riproduceva la norma di proroga del termine per l’accertamento;

che, pertanto, nel periodo compreso fra la decadenza del decreto legge n. 132 del 1995 e l’entrata in vigore della norma di sanatoria, l’avviso di accertamento non avrebbe potuto considerarsi legittimo, ma anzi avrebbe dovuto essere revocato dall’amministrazione finanziaria, non vigendo alcuna norma che consentisse di derogare agli ordinari termini risultanti dalla legislazione preesistente;

che, sempre secondo la remittente, “al momento della conversione in legge [del successivo decreto legge] la proroga dei termini per gli accertamenti per INVIM straordinaria non era quindi più operante e quindi anche l’espressione ‘sono fatti salvi gli effetti prodottisi’ usata dal legislatore deve comprendere e riferirsi anche agli effetti di illegittimità dell’avviso di accertamento nel periodo compreso tra la decadenza del decreto legge e l’emanazione della l. 349/95 che sono stati fatti quindi salvi, circostanza che induce ad introdurre il dubbio sulla legittimità costituzionale della normativa relativa agli effetti prodottisi”;

che anche l’espressione “rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti legge …” potrebbe “comportare l’inclusione dei rapporti giuridici relativi al periodo di illegittimità dell’avviso di accertamento compreso tra la decadenza del decreto legge e l’emanazione della legge 349/95 nell’ambito di tale fattispecie”;

che è intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, chiedendo che la questione sia dichiarata infondata, in quanto non sarebbe discutibile che attraverso la tecnica della “sanatoria” degli effetti del decreto legge non convertito, ai sensi dell’art. 77, terzo comma, della Costituzione, il legislatore è abilitato a dettare una regolamentazione retroattiva dei rapporti insorti nella vigenza del medesimo decreto, nell’esercizio di un potere diverso da quello di conversione, senza altri limiti se non quelli rappresentati dalla necessità del rispetto di altre norme e principi costituzionali, dei quali non sarebbe prospettata la violazione da parte della norma denunciata.

Considerato che il potere del Parlamento di “regolare con legge i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti”, ai sensi dell’art. 77, terzo comma, della Costituzione, non deve necessariamente essere esercitato in concomitanza con la decadenza del decreto, ma può anche essere esercitato successivamente, salvi i limiti costituzionali connessi alla retroattività di tale disciplina (cfr. sentenze n. 89 del 1966, n. 84 del 1996, n. 244 del 1997);

che la disposizione di legge che regola detti rapporti, la quale può anche essere contenuta nella legge di conversione di un successivo decreto legge non riproduttivo di tutte le disposizioni del decreto decaduto, opera, in quanto tale, sugli effetti giuridici prodottisi e sui rapporti giuridici sorti “sulla base” del decreto non convertito e dunque nel periodo del suo provvisorio vigore: non riguarda quindi, in mancanza di diversa volontà del legislatore, la sorte dei rapporti sorti dopo la decadenza del decreto non convertito né gli effetti (derivanti da altre norme) prodottisi in tale successivo periodo (cfr. sentenze n. 286 del 1990, n. 244 del 1997, n. 429 del 1997, n. 507 del 2000);

che pertanto la questione sollevata si rivela manifestamente infondata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 2, della legge 8 agosto 1995, n. 349 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 28 giugno 1995, n. 250, recante differimento di taluni termini ed altre disposizioni in materia tributaria), sollevata, in riferimento all’art. 77, terzo comma, della Costituzione, dalla Commissione tributaria regionale di Ancona con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15 dicembre 2000.

Fernando SANTOSUOSSO, Presidente Valerio ONIDA, Redattore

Depositata in cancelleria il 29 dicembre 2000.