Ordinanza n. 558/2000
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ORDINANZA N. 558

ANNO 2000

 

REPUBBLICA ITALIANA

 IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Fernando SANTOSUOSSO, Presidente

- Massimo VARI

- Cesare RUPERTO

- Riccardo CHIEPPA

- Gustavo ZAGREBELSKY

- Valerio ONIDA

- Carlo MEZZANOTTE

- Fernanda CONTRI

- Guido NEPPI MODONA

- Piero Alberto CAPOTOSTI

- Annibale MARINI

- Franco BILE

- Giovanni Maria FLICK

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 127 del codice di procedura penale, promosso nell'ambito di un procedimento penale con ordinanza emessa il 9 giugno 1999 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Trani, iscritta al n. 671 del registro ordinanze 1999 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 50, prima serie speciale, dell'anno 1999.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio dell'11 ottobre 2000 il Giudice relatore Guido Neppi Modona.

 Ritenuto che il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Trani ha sollevato, in riferimento agli artt. 24, secondo comma, e 76 della Costituzione - in relazione all'art. 2, comma 1, numero 3, della legge-delega 16 febbraio 1987, n. 81 - questione di legittimità costituzionale dell'art. 127 del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede l'obbligo «di depositare il fascicolo delle indagini preliminari nella cancelleria del giudice per le indagini preliminari e la facoltà dell'indagato di estrarne copia»;

 che il rimettente - premesso di essere investito dell'opposizione della persona sottoposta alle indagini avverso il provvedimento con il quale il pubblico ministero ha respinto la richiesta di restituzione delle cose sequestrate - espone che l'indagato ha chiesto di essere autorizzato a prendere visione e ad estrarre copia degli atti del fascicolo trasmesso dal pubblico ministero in vista dell'udienza in camera di consiglio ex art. 263, comma 5, cod. proc. pen.;

 che analoga richiesta era già stata respinta dal medesimo rimettente in base al rilievo che il procedimento disciplinato dall'art. 127 cod. proc. pen., richiamato dall'art. 263, comma 5, cod. proc. pen., non prevede il deposito degli atti nella cancelleria del giudice per le indagini preliminari e, conseguentemente, non consente all'indagato di prenderne visione e di estrarne copia;

che la persona sottoposta alle indagini, nel reiterare la richiesta, ha contestualmente eccepito l'illegittimità costituzionale dell'art. 127 cod. proc. pen., in quanto la denunciata preclusione lede l'esercizio del diritto di difesa;

 che, ad avviso del rimettente, la questione relativa alla lesione del diritto di difesa non è manifestamente infondata, dal momento che l'indagato, non potendo prendere visione ed estrarre copia del fascicolo trasmesso dal pubblico ministero, non può in alcun modo interloquire «sul rapporto strumentale che deve esistere in termini probatori fra il bene in sequestro e il reato commesso, e che giustifica la nascita e il mantenimento del vincolo imposto dal P.M.»;

 che, inoltre, non si comprenderebbe l'obbligo, previsto a pena di nullità dall'art. 127, commi 1 e 5, cod. proc. pen., di comunicare al difensore e alla persona sottoposta alle indagini la data di fissazione dell'udienza in camera di consiglio almeno dieci giorni prima, «se non fosse per consentire loro di approntare una difesa tecnica fondata sulla conoscenza degli atti»;

 che la mancata previsione del diritto di prendere visione e di estrarre copia di tali atti si pone, secondo il giudice a quo, in contrasto anche con la direttiva numero 3 dell'art. 2 della legge-delega n. 81 del 1987, relativa alla partecipazione dell'accusa e della difesa su basi di parità in ogni stato e grado del procedimento, in quanto determina una situazione di disparità tra il pubblico ministero, che ha piena conoscenza delle risultanze investigative, e la difesa, che può solo presentare memorie difensive «alla cieca», essendole preclusa la conoscenza degli atti di indagine;

 che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata manifestamente infondata.

 Considerato che la questione di costituzionalità sollevata dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Trani ha per oggetto la mancata previsione del deposito degli atti trasmessi dal pubblico ministero al giudice ai fini della sua decisione all'esito della procedura camerale disciplinata dall'art. 127 cod. proc. pen.;

che il rimettente - pur rilevando che l'obbligo di notificare al difensore e alla persona sottoposta alle indagini l'avviso della data dell'udienza almeno dieci giorni prima della stessa è da considerare funzionale all'esigenza di apprestare una difesa basata sulla conoscenza degli atti relativi alla procedura camerale - sembra ritenere che, in esito al procedimento disciplinato dall'art. 127 cod. proc. pen., il giudice possa emettere la decisione sulla base di atti non depositati e quindi sottratti alla conoscenza della difesa e al contraddittorio tra le parti;

 che il presupposto interpretativo su cui si basa il rimettente non trova riscontro nella giurisprudenza di legittimità, che ha ritenuto che il sistema delineato dall'art. 127 cod. proc. pen. comporta implicitamente l'obbligo di depositare gli atti trasmessi ai fini della decisione da assumere nel procedimento camerale, e il connesso diritto delle parti di prenderne visione;

che, più in generale, tale sistema comporta che ciascuna della parti interessate ha l'onere e la facoltà di produrre la documentazione ritenuta conferente alla specifica decisione cui la procedura camerale si riferisce, essendo evidente che, nella fase delle indagini preliminari, è rimessa alla strategia processuale di ciascuna di esse l'individuazione degli atti da porre a disposizione del giudice per la sua decisione e da offrire, così, al contraddittorio tra le parti;

che per quanto concerne la facoltà delle parti di estrarre copia degli atti depositati, il rimettente sembra non avere colto la portata del principio enunciato nella sentenza n. 192 del 1997, con la quale questa Corte ha affermato che «al contenuto minimo del diritto di difesa, ravvisabile nella conoscenza degli atti depositati mediante la loro visione, deve accompagnarsi [...] automaticamente, salvo che la legge disponga diversamente, la facoltà di estrarne copia» (v. anche ordinanza n. 213 del 2000);

 che pertanto la questione va dichiarata manifestamente infondata per erroneità del presupposto interpretativo.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

 dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 127 del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli att. 24, secondo comma, e 76 della Costituzione, in relazione all'art. 2, comma 1, numero 3, della legge-delega 16 febbraio 1987, n. 81, dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Trani, con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13 dicembre 2000.

Fernando SANTOSUOSSO, Presidente

Guido NEPPI MODONA, Redattore

Depositata in cancelleria il 20 dicembre 2000.