Ordinanza n. 550/2000

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ORDINANZA N. 550

ANNO 2000

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Fernando SANTOSUOSSO, Presidente

- Cesare RUPERTO

- Riccardo CHIEPPA

- Gustavo ZAGREBELSKY

- Valerio ONIDA

- Carlo MEZZANOTTE

- Fernanda CONTRI

- Guido NEPPI MODONA

- Piero Alberto CAPOTOSTI

- Annibale MARINI

- Franco BILE

- Giovanni Maria FLICK

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità dell'art. 38, comma 5, della legge 30 dicembre 1991, n. 413 (Disposizioni per ampliare le basi imponibili, per razionalizzare, facilitare e potenziare l’attività di accertamento; disposizioni per la rivalutazione obbligatoria dei beni immobili delle imprese, nonché per riformare il contenzioso e per la definizione agevolata dei rapporti tributari pendenti; delega al Presidente della Repubblica per la concessione di amnistia per reati tributari; istituzione di centri di assistenza fiscale e del conto fiscale), promosso con ordinanza emessa il 7 novembre 1998 dalla Commissione tributaria provinciale di Caltanissetta - sezione prima - sul ricorso proposto da Pellegrino Maria Rosalba contro l'Ufficio distrettuale delle Imposte dirette di Gela, iscritta al n. 584 del registro ordinanze 1999 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 43, prima serie speciale, dell'anno 1999.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 25 ottobre 2000 il Giudice relatore Riccardo Chieppa.

Ritenuto che la Commissione tributaria provinciale di Caltanissetta, sezione prima, chiamata a pronunciarsi su ricorso proposto da Maria Rosalba Pellegrino avverso una cartella esattoriale relativa alla liquidazione dell’imposta dovuta per la dichiarazione integrativa presentata ai sensi dell’art. 38 della legge 30 dicembre 1991, n. 413, con ordinanza del 7 novembre 1998 (r.o. n. 584 del 1999), ha sollevato questione di legittimità costituzionale, per violazione degli artt. 3 e 53 della Costituzione, dell’art. 38, comma 5, della legge 30 dicembre 1991, n. 413, nella parte in cui stabilisce che il contribuente, il quale intenda presentare la dichiarazione integrativa per la definizione automatica di tutti i periodi di imposta per i quali non sia ancora scaduto il termine per eseguire l’accertamento, deve versare, ai fini della definizione automatica dei periodi d'imposta per i quali non è stata presentata la dichiarazione dei redditi, un importo pari a lire 2.000.000 per ciascuno dei periodi stessi;

che il giudice a quo richiama la tesi della ricorrente secondo cui l’Amministrazione finanziaria non aveva tenuto conto del fatto che per i periodi di imposta 1988, 1989 e 1990 nessuna dichiarazione doveva essere presentata, poiché non erano stati percepiti redditi; se la pretesa dell’Amministrazione di corrispondere lire 2.000.000 per ciascun periodo fosse stata legittima, ne sarebbe scaturita una evidente disparità di trattamento rispetto alla posizione di coloro che, avendo presentato la dichiarazione originaria, avrebbero potuto definire la propria posizione mediante il versamento di sole lire 100.000;

che il giudice a quo pone l’accento sulla intima contraddizione che, all’interno del testo dell’art. 38 della legge n. 413 del 1991, relativo al c.d. "condono tombale", si porrebbe tra il comma 3 ed il comma 5: il comma 3 stabilisce che "salvo quanto disposto nei commi da 4 a 8, i contribuenti sono ammessi ad avvalersi della definizione automatica a condizione che per ciascun periodo di imposta sia riconosciuta nella dichiarazione integrativa una maggiore imposta per un importo di almeno 100.000 lire per le persone fisiche e per le società semplici che producono redditi diversi da quelli di lavoro autonomo derivanti dall'esercizio di arti e professioni"; il comma 5, invece, stabilisce l’obbligo del versamento di lire 2.000.000 per ciascun periodo di imposta da parte del contribuente che non abbia presentato la dichiarazione;

che, secondo il giudice remittente, premesso che non era contestato che non vi fosse obbligo di presentare la dichiarazione dei redditi per gli anni 1988/1990, sarebbe evidente, nel comma 5 dell’art. 38 della legge n. 413 del 1991, la "discrepanza di trattamento", non avendo il legislatore distinto tra mancata presentazione della dichiarazione illegittima per evasione e mancata presentazione per insussistenza dell’obbligo relativo;

che, sempre secondo la Commissione tributaria, la disposizione avrebbe introdotto una ingiustificata disparità di trattamento tra coloro (persone fisiche e società semplici) che hanno presentato una dichiarazione, anche infedele e per la quale sarebbe possibile conseguire la definizione automatica col pagamento di lire 100.000, e coloro che, pur ottemperando agli obblighi di legge, non hanno presentato la dichiarazione dei redditi per non averne percepiti e che, nondimeno, sono tenuti al versamento della più onerosa somma di lire 2.000.000 per ottenere il "condono tombale";

che ne discenderebbe, secondo il giudice remittente, la doppia violazione degli articoli 3 e 53 della Costituzione;

che nel giudizio innanzi alla Corte è intervenuta la Presidenza del Consiglio dei ministri, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, che ha chiesto che la questione di legittimità costituzionale sia dichiarata infondata ed ha svolto ampiamente la tesi sostenuta sulla base della non irragionevolezza e non discriminatorietà della norma nella parte in cui stabilisce le concrete condizioni di pagamento, cui è subordinata la definizione automatica dei periodi di imposta, in armonia con la ratio legis, diretta a favorire la soluzione globale in via automatica delle possibili controversie tra Fisco e contribuente;

che, secondo la difesa dello Stato, nessuna violazione, del pari, potrebbe apprezzarsi in relazione al principio che impone al cittadino di concorrere al gettito fiscale in ragione della propria capacità contributiva, poiché il versamento richiesto dalla legge non sarebbe obbligatorio e non discenderebbe direttamente dall’obbligo impositivo, ma deriverebbe da una libera scelta opzionale del contribuente per la dichiarazione integrativa con definizione automatica di tutti i periodi di imposta ancora suscettibili di accertamento in rettifica.

Considerato che l’utilizzo da parte del contribuente della opzione di definizione agevolata dei rapporti tributari, mediante una forma di c.d. "condono tombale", presuppone una valutazione di convenienza anche economica dello stesso contribuente, sotto il profilo della eliminazione di contestazioni future e della chiusura definitiva dei rapporti tributari, sulla base di regole ed oneri determinati dalla legge, che non sono né palesemente irragionevoli, né manifestamente arbitrari o discriminatori, e in ogni caso rimessi ad una scelta sempre volontaria e mai imposta allo stesso contribuente;

che il contribuente, in altri termini, anche se ritiene di non avere evaso l’obbligo di dichiarazione o di avere esattamente dichiarato i redditi, può avere un interesse al "condono tombale", perché questo chiude definitivamente ogni possibilità di contenzioso, anche ipotetico e solo eventuale, facendo acquistare al contribuente la certezza legale di non poter essere chiamato ad ulteriori oneri tributari per tutti i periodi, cui la dichiarazione integrativa deve globalmente fare riferimento, senza possibilità di limitarne l’ambito a singoli periodi, proprio per la previsione globale e forfettaria;

che il contribuente compie, pertanto, una libera scelta con la richiesta di definizione automatica globale, per cui non si può profilare un problema di capacità contributiva, essendo semplicemente una alternativa, offerta per definire e acquisire certezza giuridica di assolvimento degli oneri tributari;

che la definizione agevolata del rapporto tributario mediante condono fiscale non è di per sé in contrasto con i principi fissati dalla Costituzione in materia tributaria (v. ordinanze n. 172 e n. 50 del 1993; n. 361 del 1992; sentenza n. 33 del 1981);

che il sistema seguito dal legislatore si inquadra nella ratio di definire in un modo il più possibile semplificato, spedito e globale i rapporti tributari pendenti, tramite un metodo di dichiarazione e versamento forfettario da parte del contribuente, determinato in maniera percentuale (20% dell’imposta lorda e delle addizionali quali risultano dalla dichiarazione originaria, con previsione di un minimo di maggiore imposta da 100.000, aumentato per taluni redditi a seconda dei ricavi e compensi) nella ipotesi di periodi di imposta per i quali non sia stato notificato accertamento in rettifica o di ufficio, con un vincolo, per chi sceglie la dichiarazione integrativa per definizione automatica, che la richiesta della stessa definizione deve, a pena di nullità, comprendere tutte le imposte e tutti i periodi di imposta in relazione ai quali non sono scaduti, al 31 dicembre 1991, i termini per l’accertamento (art. 38, commi 1 e 2, della legge n. 413 del 1991);

che, invece, per la definizione automatica dei periodi di imposta per i quali non sia stata comunque presentata la dichiarazione dei redditi, il versamento forfettario è fissato per ciascun periodo in lire 2.000.000 (con elevazione a 4.000.000 per società e persone giuridiche) a condizione, tuttavia, che almeno in uno dei periodi di imposta, per i quali non siano scaduti i termini di accertamento al 31 dicembre 1991, sia stata presentata dichiarazione dei redditi, di modo da escludere gli evasori totali o coloro che non abbiano presentato dichiarazione per il complesso dei periodi considerati;

che pertanto la soluzione, adottata dal legislatore in una scelta discrezionale, non è manifestamente irragionevole né arbitraria, mentre è diretta ad una razionale semplificazione e speditezza delle tipologie di dichiarazioni integrative e dei calcoli e verifiche dei versamenti effettuati e dovuti, con definizione sollecita di tutte le annualità non definite e suscettibili di accertamenti (senza facoltà di selezione dei periodi da parte del contribuente) e conseguente tempestivo gettito tributario e deflazione del contenzioso;

che, mentre la legge si riferisce al fatto obiettivo della non presentazione (per esigenze di semplificazione dei controlli), l’ipotesi prospettata nell’ordinanza di rimessione di prevedere una disciplina diversa per i periodi per i quali non sia stata presentata la dichiarazione, renderebbe necessaria una valutazione e verifica apposita della sussistenza, o meno, per l’uno o l’altro periodo di imposta, dell’obbligo di presentare la dichiarazione medesima; ciò che provocherebbe la possibilità di ulteriore contenzioso su tale obbligo, sia con riguardo all’accertamento dei presupposti della dichiarazione del contribuente sia con riguardo alla collocazione del livello di reddito effettivo al di sotto, o meno, del minimo imponibile;

che, inoltre, la tesi del rimettente (di assoggettare a diverso regime i casi di mancata presentazione della dichiarazione) avrebbe l’effetto di limitare l’onere del contribuente, pur se originante da una sua libera opzione della via della dichiarazione integrativa, ai soli periodi di sua convenienza, laddove, invece, il legislatore lo ha determinato in modo forfettario, fissandolo in misura annuale, per ciascuno dei periodi comunque suscettibili di accertamento (considerati globalmente ed in astratto);

che pertanto la questione sollevata è manifestamente infondata sotto tutti i profili denunciati.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 38, comma 5, della legge 30 dicembre 1991, n. 413 (Disposizioni per ampliare le basi imponibili, per razionalizzare, facilitare e potenziare l’attività di accertamento; disposizioni per la rivalutazione obbligatoria dei beni immobili delle imprese, nonché per riformare il contenzioso e per la definizione agevolata dei rapporti tributari pendenti; delega al Presidente della Repubblica per la concessione di amnistia per reati tributari; istituzione di centri di assistenza fiscale e del conto fiscale), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 53 della Costituzione, dalla Commissione tributaria provinciale di Caltanissetta - sezione prima - con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 27 novembre 2000.

Fernando SANTOSUOSSO, Presidente

Riccardo CHIEPPA, Redattore

Depositata in cancelleria il 6 dicembre 2000.