Ordinanza n. 546/2000

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ORDINANZA N.546

ANNO 2000

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Fernando SANTOSUOSSO, Presidente

- Cesare RUPERTO

- Riccardo CHIEPPA

- Gustavo ZAGREBELSKY

- Valerio ONIDA

- Carlo MEZZANOTTE

- Fernanda CONTRI

- Guido NEPPI MODONA

- Piero Alberto CAPOTOSTI

- Annibale MARINI

- Franco BILE

- Giovanni Maria FLICK

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 373, 630, 623 e 649 del codice di procedura civile, promossi con ordinanze emesse il 17 e il 14 marzo 2000 dal Tribunale di Bologna nei procedimenti di esecuzione promossi da Vismara Umberto c/ Nuovo Poliambulatorio Felsineo s.r.l. e da Albiati Enzo ed altri c/ Conserve Italia s.r.l., iscritte ai nn. 261 e 288 del registro ordinanze 2000 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 22 e 23, prima serie speciale, dell’anno 2000.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 25 ottobre 2000 il Giudice relatore Cesare Ruperto.

Ritenuto che nel corso di un processo di esecuzione mobiliare instaurato in forza di un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo, il giudice dell’esecuzione presso il Tribunale di Bologna, a sèguito della sospensione dell’esecuzione provvisoria del decreto ingiuntivo nelle more disposta ai sensi dell’art. 649 cod. proc. civ. dal giudice dell’opposizione al decreto, ha sollevato, con ordinanza del 17 marzo 2000 (r.o. 261 del 2000), in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt. 649, 630 e 623 cod. proc. civ., nella parte in cui non prevedono, nell’ipotesi della sospensione dell’esecutività del titolo disposta dal giudice del merito, una causa di estinzione del processo esecutivo nel frattempo iniziato, ovvero, comunque, la (sopravvenuta) perdita di efficacia, sin dal suo inizio, del pignoramento connesso a tale processo, da dichiararsi dal giudice dell’esecuzione appositamente adíto;

che il rimettente, premesso che per diritto vivente la sospensione dell’esecutività del titolo disposta dal giudice davanti al quale questo é impugnato non ha efficacia revocatoria ex tunc degli atti del procedimento esecutivo nel frattempo instaurato, dubita che le norme denunciate (stante la ritenuta insufficienza e tardività del rimedio risarcitorio connesso alla responsabilità aggravata ex art. 96 cod. proc. civ. di chi abbia agito esecutivamente senza la normale prudenza) víolino:

a) l’art. 3 Cost., per l’irragionevole ed irrimediabile disparità di trattamento, "dipendente dalla casualità temporale con cui il titolo esecutivo é stato azionato", tra i debitori non ancora esecutati al momento del provvedimento sospensivo dell’esecutorietà del titolo (il patrimonio dei quali non é assoggettato ad alcun vincolo) ed i debitori già esecutati (per i quali permangono gli effetti di vincolo patrimoniale già realizzati, pur essendo precluso l’ulteriore compimento di atti esecutivi);

b) l’art. 24 Cost., per l’inidonea tutela difensiva accordata al debitore esecutato, il quale, nonostante l’intervenuta sospensione dell’esecutività del titolo, non può rimuovere – con efficacia retroattiva – il vincolo apposto sui suoi beni, versando in una situazione deteriore persino rispetto al debitore assoggettato a misura cautelare, il quale può – invece – ottenerne la revoca;

che é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo la declaratoria di inammissibilità o di infondatezza della sollevata questione;

che nel corso di un procedimento di reclamo avverso l’ordinanza di estinzione del processo esecutivo emessa dal giudice dell’esecuzione mobiliare del Tribunale di Bologna, tale Tribunale, rilevato che l’ordinanza reclamata era stata motivata con l’intervenuta sospensione dell’esecuzione (disposta dal giudice di merito ai sensi dell’art. 373 cod. proc. civ.) della sentenza in forza della quale era stato instaurato il processo di esecuzione mobiliare, ha sollevato, con ordinanza del 14 marzo 2000 (r.o. 288 del 2000), in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., questione di legittimità costituzionale degli artt. 373, 630, 623 cod. proc. civ. identica a quella registrata al n. 261 del 2000, salvo che per l’inclusione tra le norme denunciate dell’art. 373 cod. proc. civ., in luogo dell’art. 649 cod. proc. civ.;

che anche in tale giudizio incidentale é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, formulando argomentazioni e conclusioni identiche a quelle espresse nell’altro giudizio.

Considerato che i due giudizi, in quanto propongono questioni sostanzialmente identiche, vanno riuniti e congiuntamente decisi;

che i rimettenti, nel lamentare che il giudice dell’esecuzione – con apposita pronuncia o con declaratoria di estinzione del processo esecutivo – non possa annettere efficacia retroattiva (per diritto vivente dotata, invece, di efficacia solo ex nunc) alla sospensione degli effetti esecutivi del titolo disposta dal giudice davanti al quale il titolo esecutivo é impugnato, fanno mostra di ignorare la giurisprudenza di questa Corte, che – in riferimento agli stessi parametri di costituzionalità (artt. 3 e 24 della Costituzione) – ha più volte dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 642, 648, 649, 655 cod. proc. civ. e 2884 cod. civ., nella parte in cui non consentono, nelle more del giudizio di merito, di revocare con effetti ex tunc la provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo;

che, in particolare, questa Corte ha sottolineato l’intrinseca ragionevolezza di tali norme e la coerenza della denunciata irrevocabilità ex tunc della provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo con il sistema di bilanciamento dei contrapposti interessi dedotti in giudizio (ordinanza n. 151 del 1998), stante l’esigenza di conservare – durante il tempo necessario alla definizione del giudizio di merito – gli atti esecutivi eventualmente compiuti prima del provvedimento di sospensione dell’esecutività del titolo (nel senso, questa, di attitudine ad iniziare o proseguire il processo esecutivo), proprio al fine di non pregiudicare, nel rispetto di una bene intesa "parità delle armi" tra le parti, le possibilità di realizzazione di un credito già ritenuto meritevole della speciale tutela di cui all’art. 642 od all’art. 648 cod. proc. civ. (sentenze nn. 65 e 200 del 1996; ordinanza n. 247 del 1996);

che la Corte, con l’ordinanza n. 247 del 1996, ha anche escluso il contrasto con l’art. 3 della Costituzione per la dedotta disparità di trattamento tra ingiunti che abbiano ottenuto la sospensione dell’esecutività del decreto ingiuntivo prima o dopo il compimento di atti esecutivi (nella specie, l’iscrizione di ipoteca giudiziale) e, con la sentenza n. 200 del 1996, ha altresì negato la pertinenza del richiamo – quale tertium comparationis – alla vigente normativa del procedimento cautelare uniforme sul reclamo, sottolineando l’evidente estraneità del tema della revisio prioris instantiae rispetto alle condizioni di eseguibilità del decreto in pendenza di opposizione;

che le rationes decidendi di tali pronunzie valgono – all’evidenza – anche nell’ipotesi di sospensione dell’esecutività di una sentenza, ai sensi dell’art. 373 cod. proc. civ.;

che i rimettenti non offrono profili nuovi o diversi da quelli già esaminati, limitandosi ad addurre evenienze meramente fattuali, non riferibili alla norma considerata nel suo contenuto precettivo (quali il compimento o no – al momento del provvedimento di sospensione dell’esecutività del titolo - di atti esecutivi), ovvero riproponendo comparazioni tra situazioni tra loro palesemente non omogenee (quali la provvisoria esecuzione di un titolo e l’eseguibilità di un provvedimento di sequestro);

che il riferimento al solo art. 24 (non correlato, cioé, all’art. 3) della Costituzione diventerebbe non pertinente, giacchè la lamentata assenza della previsione legislativa di un effetto caducatorio interinale ex tunc (diretto o mediato) del pignoramento non attiene al piano processuale della difesa dei diritti, ma a quello della tutela accordata dall’ordinamento giuridico agli interessi sostanziali in controversia;

che, pertanto, le questioni – prospettate al fine di ottenere, tramite una pronuncia del giudice dell’esecuzione, nell’ipotesi di sospensione degli effetti esecutivi del titolo disposta dal giudice davanti al quale il titolo é impugnato, quella caducazione, con effetto ex tunc, dell’esecutività del titolo che il legislatore ha legittimamente inibito al giudice del giudizio di merito – vanno dichiarate manifestamente infondate.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 649, 630, 623 del codice di procedura civile e 373, 630, 623 del codice di procedura civile, rispettivamente sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal Giudice dell’esecuzione del Tribunale di Bologna e dal Tribunale di Bologna, con le ordinanze indicate in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 27 novembre 2000.

Fernando SANTOSUOSSO, Presidente

Cesare RUPERTO, Redattore

Depositata in cancelleria il 4 dicembre 2000.