Ordinanza n. 540/2000

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ORDINANZA N.540

ANNO 2000

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare MIRABELLI, Presidente

- Francesco GUIZZI

- Fernando SANTOSUOSSO

- Massimo VARI

- Cesare RUPERTO

- Riccardo CHIEPPA

- Gustavo ZAGREBELSKY

- Valerio ONIDA

- Carlo MEZZANOTTE

- Fernanda CONTRI

- Guido NEPPI MODONA

- Piero Alberto CAPOTOSTI

- Annibale MARINI

- Franco BILE

- Giovanni Maria FLICK

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 10, commi 1 e 2, della legge della Regione Siciliana 6 aprile 1996, n. 16 (Riordino della legislazione in materia forestale e di tutela della vegetazione), promossi con tre ordinanze emesse il 9 dicembre 1998 dal Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, sezione staccata di Catania, rispettivamente iscritte ai nn. 125, 126 e 219 del registro ordinanze 1999 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 11 e 16, prima serie speciale, dell'anno 1999.

Visti gli atti di costituzione di Zulian Renato e di Sottile Sebastiano, nonchè gli atti di intervento della Regione Siciliana;

udito nell'udienza pubblica del 24 ottobre 2000 il Giudice relatore Riccardo Chieppa;

udito l'avvocato Francesco Castaldi per la Regione Siciliana.

Ritenuto che nel corso di giudizi diretti all'annullamento del diniego di concessione edilizia (r.o. n. 125 del 1999), del diniego del nulla osta paesaggistico ex art. 7 della legge n. 1497 del 1939 espresso dalla Soprintendenza ai beni culturali ed ambientali di Catania (r.o. n. 126 del 1999) o di entrambi (r.o. n. 219 del 1999), il Tribunale amministrativo regionale della Sicilia, con tre ordinanze, di identico contenuto, emesse il 9 dicembre 1998, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 10, commi 1 e 2, della legge della Regione Siciliana 6 aprile 1996, n. 16 (Riordino della legislazione in materia forestale e di tutela della vegetazione), nella parte in cui trova applicazione anche alle zone A e B (o con caratteristiche equiparabili) dei Piani regolatori generali;

che il giudice a quo premette che la questione di legittimità costituzionale é rilevante ai fini del giudizio di merito, essendo stati rigettati gli altri autonomi motivi di ricorso; che la norma testè citata definisce le attività edilizie consentite nelle zone boschive e, nel vietare nuove costruzioni all'interno dei boschi e delle fasce forestali, pone un limite di rispetto di duecento metri dal limite esterno dei medesimi (comma 1) e infine, al comma 2, pone una deroga relativa alla possibilità per i p.r.g. di prevedere l'inserimento di nuove costruzioni nelle zone di rispetto dei boschi e delle fasce forestali per una densità edilizia territoriale massima di 0,30 mc/mq.;

che il Tribunale amministrativo regionale rileva che il legislatore regionale ha inteso introdurre un vincolo di immodificabilità assoluta per i terreni boschivi, in quanto non ha escluso le zone A e B dall'ambito di operatività del divieto di edificabilità e ciò in contrasto con le previsioni della legge 8 agosto 1985, n. 431 (Conversione in legge con modificazioni del d.l.27 giugno 1985, n. 312);

che la legge n. 431 del 1985, pur estendendo il vincolo paesaggistico a talune parti del territorio ritenute meritevoli di tutela e, per quanto qui interessa, ai territori coperti da foreste e boschi (art. 1, lettera g), ha tuttavia escluso il vincolo per le anzidette zone A e B;

che - sempre secondo il giudice rimettente - pur dovendosi riconoscere al legislatore regionale, in forza della competenza legislativa esclusiva di cui all'art. 14, lettera f), dello statuto, la facoltà di dettare deroghe rispetto alle normative nazionali, tuttavia la diversità della disciplina non dovrebbe essere nè arbitraria nè irrazionale, con la compromissione totale del diritto di proprietà;

che ne consegue, secondo la prospettazione dell’ordinanza di rimessione, che la norma impugnata determinerebbe la violazione degli artt. 3, 41 e 42 della Costituzione, in quanto, contrariamente a quanto avviene per il territorio nazionale ed a fronte di quanto previsto per altri vincoli, ha la potenzialità di determinare il degrado di aree già garantite dall'ordinamento giuridico con misure limitative della facoltà di edificazione meno penalizzanti e, comunque, più compatibili nel bilanciamento degli interessi di pari valenza costituzionale;

che verrebbe a determinarsi, inoltre, una ingiustificata discriminazione fra i proprietari di aree ricadenti nelle zone A e B del territorio regionale e quelli di aree analoghe ricadenti nel territorio nazionale, ovvero di aree ricadenti in zone A e B, ma limitrofe non a boschi, ma a laghi, fiumi, mare ecc.

che non apparirebbe rilevante - secondo il giudice a quo - al fine di mitigare il divieto di cui al primo comma, la previsione di cui al secondo comma del medesimo art. 10, in quanto la deroga in esso prevista sarebbe frutto di una discrezionalità dell'Amministrazione interessata, tenuto anche conto che l'indice di densità territoriale é estremamente basso (0,30 mc/mq);

che nel giudizio introdotto con l'ordinanza iscritta al r.o. n. 125 del 1999 si é costituita, con memoria depositata fuori termine, la parte privata del giudizio a quo Renato Zulian;

che nel giudizio introdotto con l'ordinanza iscritta al r.o. n. 219 del 1999 si é costituita la parte privata Sottile Sebastiano, la quale, dopo aver puntualizzato che i terreni interessati ricadono in zona B e rilevata la contraddittorietà della definizione della zona, contemporaneamente ritenuta residenziale e definita come fascia pre-boschiva, svolge argomentazioni adesive circa la fondatezza della questione;

che in tutti i giudizi é, altresì, intervenuta la Regione Siciliana che ha concluso per la manifesta infondatezza della questione, osservando che la normativa regionale (art. 4), a differenza di quella statale, conterrebbe una puntuale e specifica definizione giuridica di "bosco", ancorandola a parametri ben definiti (estensione, specie e qualità delle piante presenti, densità di copertura del suolo) e considerando sinonimi i termini "boschi e foreste" e disponendo, al terzo comma, che "non si considerano in ogni caso boschi i giardini pubblici e i parchi urbani, i giardini e i parchi privati...", con la conseguenza - secondo l'assunto della difesa regionale - che neppure se all'interno di un conglomerato urbano dovesse darsi una estensione di piante forestali rispondenti alla fattispecie giuridica di "bosco", essa non andrebbe qualificata come tale e, quindi, non andrebbero applicate nella relativa fascia di rispetto, le previsioni di cui alla norma impugnata;

che nel corso della discussione all’udienza del 24 ottobre 2000 la difesa della Regione Siciliana si é richiamata alla sopravvenuta legge 19 agosto 1999, n. 13, sottolineando che gli artt. 1 e 3 hanno sensibilmente modificato le norme censurate, ridefinendo il concetto di bosco ed innovando sull'ampiezza della fascia di rispetto e sulla relativa disciplina.

Considerato che, stante la identità delle questioni sollevate, può essere disposta la riunione dei giudizi;

che in epoca successiva alla ordinanza di rimessione, é stata approvata e pubblicata (Bollettino Ufficiale, 23 agosto 1999, n. 40) la legge regionale 19 agosto 1999, n. 13, con modifiche alla legge regionale 6 aprile 1996, n. 16, concernente "Riordino della legislazione in materia forestale e di tutela della vegetazione";

che il legislatore regionale, intendendo esercitare poteri di intervento più rigoroso con maggiore o pari efficienza a protezione dei beni paesaggistici ambientali (v. sentenza n. 327 del 1990; n. 151 del 1986), ha disposto, tra l’altro, con la legge sopravvenuta, la sostituzione (nell’art. 3) del denunciato articolo 10 della legge regionale n. 16 del 1996, comportante variazioni sia della ampiezza della zona di rispetto a seconda della superficie del bosco e sia del sistema di deroghe;

che si rende, pertanto, necessaria la restituzione degli atti al giudice rimettente, spettando ad esso di valutare se, alla luce dell'intervenuto mutamento sia della disposizione denunciata sia del quadro normativo, cui fa riferimento l’anzidetta ordinanza di rimessione, le questioni sollevate siano tuttora rilevanti per la definizione dei giudizi pendenti avanti allo stesso giudice rimettente e se persistano, in tutto o in parte, i motivi posti a base delle ordinanze di rimessione.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

ordina la restituzione degli atti al Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, sezione staccata di Catania.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15 novembre 2000.

Cesare MIRABELLI, Presidente

Riccardo CHIEPPA, Redattore

Depositata in cancelleria il 23 novembre 2000.