Ordinanza n. 523/2000

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ORDINANZA N. 523

ANNO 2000

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare MIRABELLI, Presidente

- Francesco GUIZZI

- Fernando SANTOSUOSSO

- Massimo VARI

- Cesare RUPERTO

- Riccardo CHIEPPA

- Gustavo ZAGREBELSKY

- Valerio ONIDA

- Carlo MEZZANOTTE

- Fernanda CONTRI

- Guido NEPPI MODONA

- Piero Alberto CAPOTOSTI

- Annibale MARINI

- Franco BILE

- Giovanni Maria FLICK

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 459 e 555 del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 16 marzo 2000 dal Tribunale di Siena nel procedimento penale a carico di M. P., iscritta al n. 299 del registro ordinanze 2000 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 23, prima serie speciale, dell’anno 2000.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 12 ottobre 2000 il Giudice relatore Gustavo Zagrebelsky.

Ritenuto che il Tribunale di Siena, in composizione monocratica, ha sollevato, con ordinanza del 16 marzo 2000 emessa nel corso di un giudizio penale instaurato a seguito di opposizione dell’imputato a decreto penale di condanna, questione di legittimità costituzionale degli artt. 459 e 555 del codice di procedura penale, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione;

che nel sollevare la questione l’ordinanza di rimessione recepisce testualmente a) un’eccezione proposta dalla difesa dell’imputato, nonchè b) il contenuto di altra precedente ordinanza del 21 gennaio 1998 del Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Milano [r.o. 207/1998];

che, attraverso il richiamo all’eccezione in a), il Tribunale censura le norme sopraindicate nella parte in cui non prevedono che il pubblico ministero, prima di richiedere l’emissione del decreto penale di condanna, debba formulare l’invito all’indagato a presentarsi per rendere interrogatorio, a norma dell’art. 375, comma 3, cod. proc. pen.;

che l’omissione legislativa sarebbe irragionevole e in contrasto con il principio di uguaglianza alla luce dell’intervento legislativo che, nell’introdurre in via generale la prescrizione del previo invito all’indagato a presentarsi per rendere interrogatorio, a pena di nullità della richiesta di rinvio a giudizio o del decreto di citazione a giudizio (legge 16 luglio 1997, n. 234), non ha posto analoga disciplina quanto al procedimento per decreto penale, in tal modo dando luogo a una disparità di trattamento tanto più grave in quanto in quest’ultimo processo é il pubblico ministero a compiere gli atti di indagine e a emettere il decreto di citazione a giudizio: la lacuna legislativa precluderebbe all’imputato di svolgere, tramite l’interrogatorio, un contraddittorio di replica all’accusa, in modo da ottenere un decreto di archiviazione; nè – aggiunge il rimettente - tale lacuna potrebbe dirsi giustificata dalla particolarità del rito, giacchè con l’opposizione al decreto penale si instaura un giudizio in tutto assimilabile a quello ordinario;

che il Tribunale aggiunge poi un profilo di possibile lesione del principio del contraddittorio, quale contenuto nel nuovo testo dell’art. 111 della Costituzione risultante dalla legge costituzionale 23 novembre 1999, n. 2, e più esattamente nel suo nuovo secondo comma, che stabilisce che "ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti ... davanti a giudice terzo e imparziale": questa prescrizione, osserva il rimettente, deve essere riferibile non solo alla fase processuale vera e propria ma anche a quella procedimentale, trattandosi di un principio (peraltro in precedenza desumibile dagli artt. 3, 24 e 25) che riveste carattere costitutivo del rito accusatorio, cosicchè anche per questo aspetto l’impugnata disciplina del rito per decreto contrasterebbe con la Costituzione;

che attraverso il richiamo testuale dell’ordinanza sopra indicata in b), infine, il giudice rimettente deduce il contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione per la mancata giustificazione della diversificazione legislativa tra rito per decreto e altri modelli processuali, una volta che l’assetto complessivo del sistema é mutato per effetto della citata legge n. 234 del 1997, la cui ratio sarebbe quella di impedire l’esercizio dell’azione penale se non vi sia stato previo contraddittorio;

che nel giudizio così promosso é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, che, richiamando precedenti decisioni della Corte con le quali sono state rigettate analoghe questioni (ordinanze nn. 325 del 1999 e 432 del 1998), ha formulato analoga conclusione anche nel presente giudizio.

Considerato che l’ordinanza di rimessione individua la possibile lesione dei principi di uguaglianza e di ragionevolezza della legge (art. 3 della Costituzione), della garanzia della difesa (art. 24) e del principio del contraddittorio (art. 111, nel testo risultante dalla legge costituzionale n. 2 del 1999), nella mancata inclusione del procedimento per decreto penale tra quelli per i quali é stato stabilito, quale requisito di validità dell’instaurazione del giudizio, l’obbligo di effettuare l’invito all’indagato a presentarsi per rendere interrogatorio, a norma dell’art. 375, comma 3, cod. proc. pen., così come invece é stato previsto per il procedimento ordinario a seguito delle modifiche recate dalla legge n. 234 del 1997;

che peraltro, anteriormente all’ordinanza di rimessione, é intervenuta la legge 16 dicembre 1999, n. 479 (Modifiche alle disposizioni sul procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica e altre modifiche al codice di procedura penale. Modifiche al codice penale e all’ordinamento giudiziario. Disposizioni in materia di contenzioso civile pendente, di indennità spettanti al giudice di pace e di esercizio della professione forense), che ha modificato sia le norme denunciate di incostituzionalità sia più in generale la disciplina assunta a termine di raffronto ai fini della questione;

che, secondo la nuova normativa, il previo invito all’indagato a presentarsi per rendere interrogatorio nell’ambito delle indagini preliminari non costituisce più un obbligo incondizionato per il pubblico ministero, bensì é un atto previsto come eventuale, da emettere solo in seguito a specifica richiesta in tal senso da parte dell’indagato, cui deve essere comunicato l’"avviso della conclusione delle indagini preliminari" (art. 415-bis cod. proc. pen., introdotto dall’art. 17, comma 2, della legge n. 479 del 1999);

che, correlativamente, la richiamata legge n. 479 del 1999 ha posto una nuova e diversa disciplina circa la nullità degli atti di citazione a giudizio, nei casi di omissione dell’avviso anzidetto e dell’eventuale invito a presentarsi (v. gli artt. 416, comma 1, e 552, comma 2 – quest’ultimo "sostitutivo" dell’impugnato art. 555 previgente – cod. proc. pen., quali modificati dagli artt. 17, comma 3, e 44 della legge n. 479 del 1999);

che, nonostante la nuova disciplina sia anteriore alla data dell’ordinanza di rimessione, essa non risulta presa in considerazione dal giudice rimettente, che non ha conseguentemente valutato se il mutamento del quadro normativo incida sul giudizio cui é chiamato e se renda rilevante la questione di legittimità costituzionale così come essa é stata posta;

che in mancanza di ogni argomentazione al riguardo nell’ordinanza di rimessione la questione sollevata deve pertanto essere dichiarata manifestamente inammissibile.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

Per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 459 e 555 del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione, dal Tribunale di Siena, con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15 novembre 2000.

Cesare MIRABELLI, Presidente

Gustavo ZAGREBELSKY, Redattore

Depositata in cancelleria il 21 novembre 2000.