Ordinanza n. 521/2000

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ORDINANZA N. 521

ANNO 2000

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare MIRABELLI, Presidente

- Fernando SANTOSUOSSO

- Massimo VARI

- Cesare RUPERTO

- Riccardo CHIEPPA

- Gustavo ZAGREBELSKY

- Valerio ONIDA

- Carlo MEZZANOTTE

- Fernanda CONTRI

- Guido NEPPI MODONA

- Piero Alberto CAPOTOSTI

- Annibale MARINI

- Giovanni Maria FLICK

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di ammissibilità del conflitto tra poteri dello Stato sorto a seguito dell’art. 1 del decreto del Ministro dell’interno 4 marzo 2000, n. 1070/M/22 (6) Gab., relativo alla delegabilità delle attività di polizia giudiziaria ai Servizi centrali delle varie forze di polizia da parte dei Procuratori della Repubblica, promosso dal Procuratore distrettuale della Repubblica presso il Tribunale di Napoli, con ricorso depositato il 12 maggio 2000 e iscritto al n. 155 del registro ammissibilità conflitti.

Udito nella camera di consiglio dell’11 ottobre 2000 il Giudice relatore Gustavo Zagrebelsky.

Ritenuto che con ricorso depositato l’11 maggio 2000 il Procuratore distrettuale della Repubblica presso il Tribunale di Napoli ha sollevato conflitto di attribuzione fra poteri dello Stato nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri, in relazione al decreto del Ministro dell’interno 4 marzo 2000, n. 1070/M/22 (6) Gab., assumendo la lesione delle attribuzioni riconosciute al pubblico ministero dagli artt. 109 e 112 della Costituzione;

che, quanto alla propria legittimazione attiva, il ricorrente Procuratore della Repubblica richiama i diversi precedenti della giurisprudenza costituzionale che hanno riconosciuto all’organo del pubblico ministero la titolarità diretta ed esclusiva dell’attività di indagine finalizzata all’esercizio obbligatorio dell’azione penale in posizione di indipendenza rispetto a ogni altro potere, a norma dell’art. 112 della Costituzione e, con essa, la competenza a dichiarare definitivamente la volontà del potere di appartenenza, come richiesto dall’art. 37 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (sentenza n. 420 del 1995; ordinanza n. 216 del 1995);

che, quanto alla legittimazione passiva, il Procuratore della Repubblica ricorda la configurazione del potere esecutivo come potere non "diffuso", secondo l’art. 95 della Costituzione, ciò che abilita l’intero Governo – e, per esso, il Presidente del Consiglio dei ministri – a essere parte dei conflitti tra poteri;

che, ancora, relativamente all’interesse alla proposizione del conflitto, il ricorrente richiama la giurisprudenza costituzionale che ha ammesso che oggetto di conflitto possa essere un atto a contenuto normativo e che ha correlativamente escluso la necessità che la norma posta dall’atto oggetto del conflitto sia stata concretamente applicata, essendo sufficiente l’emanazione di un atto che limiti le attribuzioni costituzionali, come nella specie si prospetta relativamente alla possibilità per il Procuratore della Repubblica di disporre direttamente della polizia giudiziaria;

che, in particolare, il ricorrente muove dalla norma primaria di cui il decreto ministeriale impugnato costituisce attuazione e svolgimento, cioé dall’art. 12 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, il quale prevede: a) al comma 1, la costituzione di servizi centrali e interprovinciali della Polizia di Stato, dell’Arma dei Carabinieri e del Corpo della Guardia di Finanza, "per assicurare il collegamento delle attività investigative relative a delitti di criminalità organizzata"; b) al comma 2, la possibilità che in determinate aree e per determinate esigenze siano costituiti servizi interforze; c) al comma 3, la possibilità di un coordinamento dei nuovi servizi con altri servizi di polizia giudiziaria, oltre che con organi di polizia esteri; d) al comma 4, infine, la facoltà per il pubblico ministero che procede per delitti di criminalità organizzata di avvalersi di regola, congiuntamente, degli organi istituiti secondo le disposizioni precedenti;

che a fronte della suddetta disciplina legislativa emerge – osserva il ricorrente – che il pubblico ministero può avvalersi per le proprie indagini in tema di reati di criminalità organizzata sia dei servizi centrali e interprovinciali, sia dei servizi interforze, ove istituiti, e che ne deriva, stante il carattere funzionale di attività di polizia giudiziaria da riconoscersi ai medesimi, che essi, secondo la prescrizione dell’art. 109 della Costituzione, che non ammette eccezioni, debbono essere a diretta disposizione dell’autorità giudiziaria, e in particolare del pubblico ministero, secondo quanto stabilito dall’art. 58, comma 3, cod. proc. pen., che rappresenta una esplicazione del principio costituzionale;

che, alla stregua di questo quadro normativo, l’intervento dell’esecutivo che attraverso l’impugnato decreto ministeriale del 4 marzo 2000 ha disciplinato i compiti dei servizi centrali e interprovinciali risulterebbe, secondo il ricorrente, lesivo delle attribuzioni costituzionali del pubblico ministero, poichè a) condizionando - nei particolari casi consentiti (e cioé quando si tratti di indagini relative ai delitti indicati nell’art. 51, comma 3-bis, cod. proc. pen., da svolgersi nei confronti di organizzazioni criminali che operano nell’ambito di più distretti di Corte d’appello o con collegamenti internazionali, e ai fini dello svolgimento di accertamenti che richiedono il supporto operativo di speciali risorse investigative ovvero l’impiego di mezzi tecnologici d’avanguardia, secondo la dizione del decreto ministeriale) - il concorso dei servizi centrali nelle attività di indagine a una "segnalazione" dei responsabili dei servizi interprovinciali rivolta ai Procuratori della Repubblica, nonchè b) stabilendo che le eventuali richieste di questi ultimi, conseguenti alle segnalazioni, debbano essere inoltrate ai servizi centrali per il tramite dei servizi interprovinciali, verrebbe a elidere il rapporto di diretta disponibilità della polizia giudiziaria da parte del pubblico ministero, subordinando l’utilizzazione della prima a una valutazione di soggetto appartenente ad altro potere dello Stato (il responsabile dei servizi interprovinciali), con rilevanti connotati di discrezionalità;

che altresì lesiva sarebbe la prescrizione circa una ulteriore valutazione del Procuratore nazionale antimafia, delle cui indicazioni occorrerebbe "tenere conto" nella formulazione delle richieste di concorso investigativo di cui si tratta, secondo quanto dispone ancora il decreto impugnato; ne sarebbe riprova – aggiunge il ricorrente – il fatto che il Procuratore nazionale antimafia, con propri atti, ha manifestato l’intento di esercitare i poteri di cui al decreto impugnato non già attraverso direttive generali, bensì con specifiche valutazioni, di volta in volta, delle singole segnalazioni dei servizi interprovinciali, con ciò ulteriormente limitando le prerogative del Procuratore della Repubblica;

che ulteriore ragione di conflitto, poi, é ravvisata nel necessario "passaggio" per il tramite dei servizi periferici delle richieste del Procuratore della Repubblica indirizzate ai servizi centrali, escludendosi la possibilità per il pubblico ministero di investire direttamente questi ultimi, in tal modo vulnerandosi ulteriormente il potere, costituzionalmente garantito, di disporre autonomamente della polizia giudiziaria, e creando un pericoloso precedente che sovverte il rapporto tra Procuratore della Repubblica e polizia giudiziaria delineato dalla Costituzione: almeno quando il pubblico ministero intenda utilizzare il servizio di polizia giudiziaria indicato nell’art. 12 del decreto-legge n. 152 del 1991, non é questa a essere subordinata al primo, ma é il contrario;

che, per tali rilievi, il Procuratore distrettuale della Repubblica presso il Tribunale di Napoli promuove il presente conflitto, chiedendo alla Corte costituzionale di dichiarare che:

a) non spetta al Governo – e, per esso, al Ministro dell’interno – disporre che la richiesta di concorso investigativo dei servizi centrali sia subordinata alla segnalazione dei servizi periferici, anzichè essere attivabile in via autonoma dal Procuratore distrettuale;

b) non spetta al Governo – e, per esso, al Ministro dell’interno – disporre che la segnalazione dei servizi periferici renda obbligatoria la richiesta del Procuratore distrettuale;

c) non spetta al Governo – e, per esso, al Ministro dell’interno – disporre che la richiesta del Procuratore distrettuale debba essere inoltrata ai servizi centrali tramite i servizi periferici;

d) non spetta infine al Governo – e, per esso, al Ministro dell’interno – disporre che il Procuratore distrettuale non possa utilizzare i servizi centrali per attività di indagine di estensione infradistrettuale.

Considerato che in questa fase del giudizio, a norma dell’art. 37, terzo e quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, questa Corte é chiamata a deliberare, senza contraddittorio, se il ricorso sia ammissibile, sotto il profilo della sussistenza della materia di un conflitto la cui risoluzione spetti alla sua competenza, restando impregiudicata ogni ulteriore decisione, anche in punto di ammissibilità;

che il Procuratore distrettuale della Repubblica presso il Tribunale di Napoli é legittimato a sollevare il conflitto di attribuzione, in quanto lo stesso, titolare diretto ed esclusivo dell’attività di indagine finalizzata all’esercizio obbligatorio dell’azione penale (da ultimo, sentenza n. 410 del 1998), fa valere con il presente ricorso la diretta disponibilità della polizia giudiziaria e con essa l’indipendenza nell’esercizio delle proprie attribuzioni inerenti all’indagine medesima rispetto al potere esecutivo;

che anche la legittimazione del Presidente del Consiglio dei ministri a resistere nel conflitto deve essere riconosciuta, trattandosi dell’organo competente a dichiarare definitivamente la volontà dell’intero Governo, al quale il decreto ministeriale impugnato deve essere imputato, secondo la configurazione dell’organo stabilita dall’art. 95, primo comma, della Costituzione;

che, quanto all’oggetto del conflitto, il ricorrente Procuratore della Repubblica lamenta, conformemente a quanto richiesto dall’art. 37, primo comma, della legge n. 87 del 1953, la lesione di proprie attribuzioni costituzionalmente garantite;

che dal ricorso si ricavano le ragioni del conflitto e sono indicate le norme costituzionali che regolano la materia, secondo quanto prescrive l’art. 26 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

Per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara ammissibile, ai sensi dell’art. 37 della legge 11 marzo 1953, n. 87, il conflitto di attribuzione proposto dal Procuratore distrettuale della Repubblica presso il Tribunale di Napoli con il ricorso indicato in epigrafe;

dispone:

a) che la cancelleria della Corte dia comunicazione della presente ordinanza al Procuratore distrettuale della Repubblica presso il Tribunale di Napoli, ricorrente;

b) che, a cura del ricorrente, il ricorso e la presente ordinanza siano notificati al Presidente del Consiglio dei ministri, entro il termine di sessanta giorni dalla comunicazione di cui sub a), per essere successivamente depositati nella cancelleria di questa Corte entro il termine di venti giorni dalla notificazione, secondo l’art. 26, terzo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15 novembre 2000.

Cesare MIRABELLI, Presidente

Gustavo ZAGREBELSKY, Redattore

Depositata in cancelleria il 21 novembre 2000.