Ordinanza n. 491 del 2000

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ORDINANZA N.491

ANNO 2000

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Fernando SANTOSUOSSO, Presidente

- Massimo VARI         

- Cesare RUPERTO                

- Riccardo CHIEPPA             

- Gustavo ZAGREBELSKY              

- Valerio ONIDA                    

- Carlo MEZZANOTTE                     

- Fernanda CONTRI               

- Guido NEPPI MODONA                

- Piero Alberto CAPOTOSTI             

- Annibale MARINI               

- Giovanni Maria FLICK                    

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 9, terzo comma, della legge 1° dicembre 1970, n. 898 (Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio), come sostituito dall’art. 13 della legge 6 marzo 1987, n. 74 (Nuove norme sulla disciplina dei casi di scioglimento di matrimonio), promosso con ordinanza emessa l’11 giugno 1999 dalla Corte di appello di Genova nel procedimento civile vertente tra Bonanese Giuseppina e Giudicelli Nelia ed altro, iscritta al n. 282 del registro ordinanze 2000 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 23, prima serie speciale, dell’anno 2000.

  Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio dell’11 ottobre 2000 il Giudice relatore Annibale Marini.

Ritenuto che nel corso di un procedimento avente ad oggetto la determinazione delle quote della pensione di reversibilità di spettanza del coniuge divorziato e del coniuge superstite la Corte di appello di Genova, con ordinanza emessa l’11 giugno 1999, ha sollevato, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 9, terzo comma, della legge 1° dicembre 1970, n. 898 (Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio), come sostituito dall’art. 13 della legge 6 marzo 1987, n. 74 (Nuove norme sulla disciplina dei casi di scioglimento di matrimonio), nella parte in cui, ai fini della determinazione delle quote anzidette, non esclude dal computo della durata del rapporto matrimoniale il periodo di separazione personale e non include il periodo di convivenza more uxorio precedente la celebrazione del secondo matrimonio;

  che, ad avviso del giudice rimettente, la durata del matrimonio, fissata dalla norma impugnata quale criterio determinativo delle quote della pensione di reversibilità, dovrebbe essere intesa, in conformità del resto al significato proprio del termine e alla giurisprudenza della Corte di cassazione, quale durata legale del rapporto matrimoniale e, quindi, verrebbe da un lato ad includere lo stato di separazione antecedente il divorzio e dall’altro ad escludere l’eventuale convivenza more uxorio precedente la celebrazione del secondo matrimonio;

  che così interpretata la norma impugnata risulterebbe, tuttavia, lesiva dell’art. 3 Cost. in quanto disciplinerebbe allo stesso modo situazioni differenti (convivenza matrimoniale e stato di separazione) e in modo diverso situazioni tra loro assimilabili (quali la famiglia di fatto e la famiglia fondata sul matrimonio);

che nel giudizio davanti alla Corte é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile e comunque manifestamente infondata;

che, in particolare, secondo l’Avvocatura, deve escludersi nella specie, in relazione al profilo riguardante la convivenza more uxorio, la violazione dell’art. 3 Cost. poichè il giudice a quo pone come termini di paragone situazioni non omogenee tra loro;

che in proposito l’Avvocatura richiama la giurisprudenza di questa Corte nella quale sarebbe affermata la diversità tra famiglia legittima e famiglia di fatto e la non estensione alla seconda, proprio sulla base della libera determinazione delle parti, delle regole che il legislatore ha fissato in dipendenza del matrimonio.

Considerato che la questione di costituzionalità risulta sollevata sulla base di una asserita diversità tra convivenza matrimoniale e stato di separazione e di una egualmente asserita omogeneità tra famiglia di fatto e famiglia fondata sul matrimonio;

che in relazione al primo assunto quel che si tratta di valutare é se, sotto il profilo della durata del rapporto coniugale, sia costituzionalmente legittima l’assimilazione che la norma impugnata fa del periodo di separazione alla convivenza coniugale;

che, sotto tale aspetto, costituendo la separazione, in conformità alla sua natura ed alle sue origini storiche, una semplice fase del rapporto coniugale, non può certo ritenersi manifestamente irragionevole una disciplina, come quella impugnata, che accomuna convivenza coniugale e stato di separazione;

che, contrariamente a quanto affermato dal rimettente, la diversità tra famiglia di fatto e famiglia fondata sul matrimonio rappresenta, poi, un punto fermo di tutta la giurisprudenza costituzionale in materia ed é basata sull’ovvia constatazione che la prima é un rapporto di fatto, privo dei caratteri di stabilità e certezza e della reciprocità e corrispettività dei diritti e dei doveri che nascono soltanto dal matrimonio e sono propri della seconda (ex plurimis, sentenza n. 127 del 1997);

che, pertanto, in relazione ad entrambi i profili presi in considerazione dal rimettente, la questione sollevata deve essere dichiarata manifestamente infondata;

che, infine, é appena il caso di rilevare come gli eventuali riflessi negativi del criterio della durata del matrimonio possano e debbano essere superati mediante l’applicazione di altri e differenti criteri concorrenti, ed in primis di quello relativo allo stato di bisogno degli aventi titolo alla pensione di reversibilità, realizzandosi in tal modo la giusta esigenza, richiamata dal rimettente, di tutelare tra le due posizioni confliggenti quella del soggetto economicamente più debole (sentenza n. 419 del 1999).

Visti gli articoli 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi innanzi la Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 9, terzo comma, della legge 1° dicembre 1970, n. 898 (Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio), come sostituito dall’art. 13 della legge 6 marzo 1987, n. 74 (Nuove norme sulla disciplina dei casi di scioglimento di matrimonio), sollevata, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, dalla Corte di appello di Genova, con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 27 ottobre 2000.

Fernando SANTOSUOSSO, Presidente

Annibale MARINI, Redattore

Depositata in cancelleria il 14 novembre 2000.