Ordinanza n. 478/2000

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ORDINANZA N. 478

ANNO 2000

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Prof. Cesare MIRABELLI, Presidente

- Prof. Fernando SANTOSUOSSO 

- Avv. Massimo VARI 

- Dott. Cesare RUPERTO 

- Dott. Riccardo CHIEPPA 

- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY 

- Prof. Valerio ONIDA 

- Prof. Carlo MEZZANOTTE 

- Avv. Fernanda CONTRI 

- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI 

- Prof. Annibale MARINI 

- Dott. Franco BILE 

- Prof. Giovanni Maria FLICK 

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 65, secondo comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito), promosso con ordinanza emessa il 23 aprile 1996 dal Pretore di Padova nel procedimento civile vertente tra Past Bar s.a.s. di Minchio Lucia & C. ed il Servizio riscossione tributi – Concessionario di Padova, iscritta al n. 134 del registro ordinanze 1999 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 11, prima serie speciale, dell’anno 1999.

 Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

 udito nella camera di consiglio del 5 aprile 2000 il Giudice relatore Cesare Mirabelli.

Ritenuto che, con ordinanza emessa il 23 aprile 1996 (pervenuta il 23 febbraio 1999), il Pretore di Padova ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 65, secondo comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito), il quale prevede che l’ufficiale esattoriale deve astenersi dal pignoramento o desistere dal procedimento quando sia dimostrato, mediante esibizione di atto pubblico o di scrittura privata autenticata di data anteriore a quella di consegna del ruolo all’esattore, che i beni appartengono a persone diverse dal debitore o dai suoi familiari;

che la questione di legittimità costituzionale è stata sollevata nel corso di un giudizio di opposizione di terzo alla espropriazione di beni mobili di un’azienda ceduta, nel corso del quale il cessionario assumeva che i beni oggetto del pignoramento erano stati acquistati dopo che l’azienda era stata ceduta dal contribuente, poi sottoposto ad esecuzione esattoriale;

che, ad avviso del giudice rimettente, i limiti stabiliti dalla disposizione denunciata per dimostrare tale acquisto sarebbero in contrasto con l’art. 3 della Costituzione, essendo illogico che il cedente soddisfi la propria obbligazione tributaria con beni di terzi, mentre per altro verso sarebbe ingiustificata la disparità di trattamento a seconda che essi possano dimostrare l’acquisto con atto pubblico o scrittura privata autenticata o, invece, soltanto con scrittura privata di data certa; sarebbero, inoltre, violati gli artt. 24, primo comma, e 42 della Costituzione, perché sarebbe preclusa al terzo la possibilità di agire in giudizio a tutela del proprio diritto di proprietà, sacrificato da esecuzioni forzate pubblicistiche alle quali non sarebbe possibile sottrarsi, e l’art. 111 della Costituzione, perché la prova della proprietà del bene non potrebbe formarsi secondo il principio del libero convincimento del giudice;

che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, per sostenere la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale.

Considerato che l’art. 65, secondo comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 ¾ denunciato dal Pretore di Padova nel testo vigente anteriormente alle modifiche introdotte, prima, dal decreto-legge 31 dicembre 1996, n. 669 e, successivamente, dal decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46 ¾ riguarda la individuazione dei beni mobili pignorabili nell’espropriazione forzata alla quale procede l’esattore delle imposte;

che la espropriazione dei beni mobili e delle merci di aziende cedute è invece disciplinata dall’art. 66 delle stesse «Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito», in vigore quando è stato sollevato il dubbio di costituzionalità; disposizione, questa, che regolamenta specificamente l’ambito ed i limiti nei quali è possibile procedere al pignoramento dei beni mobili e delle merci;

che l’ordinanza di rimessione non motiva se, tenendo conto di questa disposizione ed eventualmente facendo applicazione di essa, sussistano e permangano i dubbi di legittimità costituzionale relativi alla situazione del cessionario di azienda per le obbligazioni tributarie del cedente; sicché, difettando la motivazione sulla rilevanza, la questione deve essere dichiarata manifestamente inammissibile.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

Per Questi Motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

 dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 65, secondo comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito), sollevata, in riferimento artt. 3, 24, primo comma, 42 e 111 della Costituzione, dal Pretore di Padova con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 25 ottobre 2000.

Cesare MIRABELLI, Presidente e Redattore

Depositata in cancelleria l'8 novembre 2000.