Ordinanza n. 463/2000

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ORDINANZA N. 463

ANNO 2000

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare MIRABELLI, Presidente

- Fernando SANTOSUOSSO

- Massimo VARI

- Cesare RUPERTO

- Riccardo CHIEPPA

- Gustavo ZAGREBELSKY

- Valerio ONIDA

- Carlo MEZZANOTTE

- Fernanda CONTRI

- Guido NEPPI MODONA

- Piero Alberto CAPOTOSTI

- Annibale MARINI

- Franco BILE

- Giovanni Maria FLICK

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 80, secondo comma, della legge 27 luglio 1978, n. 392 (Disciplina delle locazioni di immobili urbani), promosso con ordinanza emessa il 15 gennaio 2000 dal Tribunale di Ancona, sezione distaccata di Jesi, nel procedimento civile vertente tra Zucchi Federico e la Medi Baldini s.r.l., iscritta al n. 105 del registro ordinanze 2000 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 11, prima serie speciale, dell’anno 2000.

 Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

 udito nella camera di consiglio dell’11 ottobre 2000 il Giudice relatore Cesare Ruperto.

 Ritenuto che, nel corso di un giudizio promosso dal conduttore di un immobile urbano nei confronti del locatore per la ripetizione di quanto versato in eccedenza rispetto alla misura dell'equo canone, il giudice unico della sezione distaccata di Jesi del Tribunale di Ancona, con ordinanza del 15 gennaio 2000, ha sollevato - in riferimento all'art. 3 della Costituzione - questione di legittimità costituzionale dell'art. 80, secondo comma, della legge 27 luglio 1978, n. 392 (Disciplina delle locazioni di immobili urbani), nella parte in cui, nel caso di decadenza del locatore dall'azione di risoluzione del contratto per il parziale mutamento di destinazione - da parte del conduttore - dell'uso pattuito dell'immobile locato, prevede l'applicazione del regime giuridico corrispondente all'uso effettivo prevalente;

 che il rimettente, premesso che il rapporto di locazione dedotto in giudizio è disciplinato dalla normativa di cui alla legge n. 392 del 1978 e che, nella specie, l'immobile, locato per uso abitativo ("seconda casa"), era stato - invece - parzialmente destinato, in misura non prevalente, all'uso di ufficio, rileva che il locatore aveva tardivamente proposto la domanda riconvenzionale di risoluzione del contratto per tale mutamento di destinazione, incorrendo nella decadenza di cui all'art. 167 cod. proc. civ., oltre che in quella del termine trimestrale (decorrente dalla conoscenza del mutamento) di cui all'art. 80, primo comma, della legge 392 del 1978, così da rendere applicabile alla fattispecie il regime di predeterminazione legale del canone corrispondente all'uso effettivo prevalente dell'immobile, ai sensi dell'art. 80, secondo comma, della legge n. 392 del 1978;

 che, secondo il giudice a quo, la norma denunciata, non consentendogli di escludere dalle somme da restituire al conduttore la quota corrispondente all'uso non abitativo dell'immobile (che sarebbe stato soggetto - per tale parte - ad un regime di canone libero), víola l'evocato parametro costituzionale: a) per l'ingiustificata disparità di trattamento rispetto all’art. 1455 cod. civ. e al primo comma dello stesso art. 80 della legge n. 392 del 1978, per i quali, ai fini della risoluzione del contratto (allorché sia esercitabile tale azione), occorre aver riguardo all'importanza dell'inadempimento e, dunque, nell'ipotesi di mutamento parziale unilaterale della destinazione d'uso dell'immobile locato, alla non scarsa importanza di tale mutamento, senza che sia necessario considerare anche la prevalenza del nuovo uso; b) per l'irragionevolezza di favorire ora il conduttore ora il locatore, a seconda della contingente prevalenza ("anche per poco") dell'instaurato nuovo uso, abitativo o non abitativo, dell'immobile locato, rispetto al vecchio uso;

 che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo la declaratoria di infondatezza della sollevata questione.

 Considerato che il rimettente sostanzialmente lamenta che la norma denunciata - nel caso di non tempestivo esercizio da parte del locatore dell'azione di risoluzione di cui all'art. 80, primo comma, della legge 392 del 1978 - sancisca il criterio dell'assorbimento nel regime giuridico corrispondente all'uso effettivo prevalente dell'immobile locato, rendendo così del tutto irrilevante l'inadempimento (anche se di non scarsa importanza) del conduttore, il quale abbia unilateralmente mutato in parte - ma in misura minusvalente- la pattuita destinazione d'uso dell'immobile locato;

 che, tuttavia, è palesemente errato - data l'assoluta disomogeneità dei termini di comparazione prospettati dal giudice a quo - porre a confronto i criteri di rilevanza dell'inadempimento stabiliti dal legislatore ai fini della risoluzione del contratto, con i criteri di individuazione del regime giuridico unitario da applicarsi nel caso di conservazione del contratto, allorché ne sia esclusa – per intervenuta decadenza dell’azione - la risoluzione (esclusione, questa, che non è oggetto di censura da parte del rimettente);

 che, d’altronde, non è irragionevole il criterio dell’assorbimento adottato dal legislatore al fine di configurare un regime giuridico unitario per il contratto di locazione che si sia conservato nonostante l'unilaterale instaurazione, contra pacta, da parte del conduttore, di un uso effettivo promiscuo dell'immobile locato;

 che, in particolare, la totale irrilevanza - dopo il decorso del termine di decadenza dall'azione di risoluzione contrattuale di cui all'art. 80, primo comma, della legge n. 392 del 1978 - dell'inadempimento parziale del conduttore, il quale abbia utilizzato l'immobile in modo diverso da quello pattuito, ma in misura minusvalente, è giustificata dalla specialità del rapporto locativo e dalle connesse peculiari esigenze (anche sociali) di certezza, stabilità ed univocità della disciplina;

 che il regime giuridico alternativo, ipotizzato dal rimettente sulla base della generica combinazione delle (confliggenti) discipline corrispondenti ai diversi usi effettivi dell'immobile locato, costituirebbe semmai uno dei tanti modelli normativi astrattamente possibili, che solo il legislatore potrebbe nella sua discrezionalità adottare;

 che, pertanto, la sollevata questione - sotto tutti i profili - è manifestamente infondata.

 Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 80, secondo comma della legge 27 luglio 1978, n. 392 (Disciplina delle locazioni di immobili urbani), sollevata - in riferimento all'art. 3 della Costituzione - dal Giudice unico del Tribunale di Ancona, sezione distaccata di Jesi, con l’ordinanza di cui in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 ottobre 2000.

Cesare MIRABELLI, Presidente

Cesare RUPERTO, Redattore

Depositata in cancelleria il 3 novembre 2000.