Ordinanza n. 446/2000

 CONSULTA ONLINE 

ORDINANZA N. 446

ANNO 2000

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare MIRABELLI, Presidente

- Francesco GUIZZI 

- Fernando SANTOSUOSSO 

- Massimo VARI 

- Cesare RUPERTO 

- Riccardo CHIEPPA 

- Gustavo ZAGREBELSKY 

- Valerio ONIDA 

- Carlo MEZZANOTTE 

- Fernanda CONTRI 

- Guido NEPPI MODONA 

- Piero Alberto CAPOTOSTI 

- Annibale MARINI 

- Franco BILE 

- Giovanni Maria FLICK 

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 10, comma 2, della legge della Regione Siciliana 15 settembre 1997, n. 35 (Nuove norme per l’elezione diretta del sindaco, del presidente della provincia, del consiglio comunale e del consiglio provinciale), promosso con ordinanza emessa il 15 marzo 2000 dal Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, sezione staccata di Catania, sul ricorso proposto da S.O. contro il Comune di Patti ed altri, iscritta al n. 327 del registro ordinanze 2000 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 25, prima serie speciale, dell’anno 2000.

Udito nella camera di consiglio del 12 ottobre 2000 il Giudice relatore Piero Alberto Capotosti.

Ritenuto che il Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, sezione staccata di Catania, nel corso di un giudizio di impugnazione della deliberazione del consiglio comunale di Patti recante approvazione della mozione di sfiducia nei confronti del sindaco, con ordinanza del 15 marzo 2000, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 10, comma 2, della legge della Regione Siciliana 15 settembre 1997, n. 35 (Nuove norme per l’elezione diretta del sindaco, del presidente della provincia, del consiglio comunale e del consiglio provinciale) per contrasto con gli articoli 1, 48 e 97 della Costituzione;

che la norma impugnata, ad avviso del giudice rimettente, stabilendo che l’approvazione della mozione di sfiducia da parte del consiglio comunale determina la cessazione dalla carica del sindaco direttamente eletto dal corpo elettorale comunale, violerebbe il principio della sovranità popolare, poiché, all’interno del sistema elettorale vigente nella Regione Siciliana, nel quale l’elettore - secondo il meccanismo del voto c.d. disgiunto - ha facoltà di attribuire il voto anche ad un candidato sindaco non collegato alla lista da lui prescelta, si verrebbe a creare un rapporto diretto fra il corpo elettorale ed il sindaco, che proprio la mozione di sfiducia altererebbe ingiustificatamente;

che la disposizione impugnata, secondo il Tar per la Sicilia, contrasterebbe anche con l’art. 97 della Costituzione, consentendo che la mozione di sfiducia venga utilizzata quale strumento di condizionamento nei confronti dell’esecutivo, con ripercussioni negative sul “valore della stabilità delle istituzioni pubbliche”, secondo il quale “il patto tra corpo elettorale ed organi eletti” deve esplicarsi nei tempi prefissati, “senza interruzioni che si ripercuotono in termini di inefficienza e deresponsabilizzazione dei soggetti investiti da cariche pubbliche”;

che, sempre secondo il giudice a quo, la disciplina contestata neanche potrebbe trovare fondamento nella legge costituzionale 22 novembre 1999, n. 1 (Disposizioni concernenti l’elezione diretta del Presidente della Giunta regionale e l’autonomia statutaria delle Regioni), dato che, in quest'ultima, a differenza che in quella impugnata, l’istituto della sfiducia consiliare al Presidente della Regione sarebbe connesso ad un sistema elettorale nel quale l’elettore “opera una scelta nella lista dei candidati da eleggere al Consiglio, che deve coincidere con la scelta del Presidente della Giunta alla cui carica è eletto il capolista”, creandosi così un “necessario collegamento” fra i due organi, che “deve permanere durante la legislatura e può essere superato soltanto attraverso una nuova consultazione elettorale originata dalla mozione di sfiducia”.

Considerato che il Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, sezione staccata di Catania, dubita della legittimità costituzionale dell’art. 10, comma 2, della legge della Regione Siciliana n. 35 del 1997, perché ritiene contrastante con il principio della sovranità popolare e del buon andamento della pubblica amministrazione la previsione che la approvazione di una mozione di sfiducia da parte del consiglio comunale comporti la cessazione dalla carica del sindaco direttamente eletto dal corpo elettorale comunale;

che questa Corte, con ordinanza n. 305 del 2000, ha dichiarato manifestamente infondata una identica questione di costituzionalità, sollevata dal medesimo giudice rimettente, sul presupposto che la scelta del legislatore regionale rientra nell'ambito della discrezionalità attribuitagli dalla Costituzione nella disciplina della forma di governo dell'ente locale;

che non sono stati prospettati, a conforto delle censure, argomenti ulteriori, rispetto a quelli esaminati dalla Corte con l'ordinanza n. 305 del 2000, i quali possano indurre ad una modifica del giudizio formulato con la predetta decisione;

che la questione, pertanto, va dichiarata manifestamente infondata.

Visti gli articoli 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

Per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di costituzionalità dell’art. 10, comma 2, della legge della Regione Siciliana 15 settembre 1997, n. 35 (Nuove norme per l’elezione diretta del sindaco, del presidente della provincia, del consiglio comunale e del consiglio provinciale), sollevata, in riferimento agli articoli 1, 48 e 97 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, sezione staccata di Catania, con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 ottobre 2000.

Cesare MIRABELLI, Presidente

Piero Alberto CAPOTOSTI, Redattore

Depositata in cancelleria il 27 ottobre 2000.