Ordinanza n. 438/2000

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ORDINANZA N. 438

ANNO 2000

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare MIRABELLI, Presidente

- Francesco GUIZZI

- Fernando SANTOSUOSSO

- Massimo VARI

- Cesare RUPERTO

- Riccardo CHIEPPA

- Gustavo ZAGREBELSKY

- Valerio ONIDA

- Carlo MEZZANOTTE

- Fernanda CONTRI

- Guido NEPPI MODONA

- Piero Alberto CAPOTOSTI

- Annibale MARINI

- Franco BILE

- Giovanni Maria FLICK

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 4 della legge 6 dicembre 1966, n. 1077 (Estensione ai dipendenti civili non di ruolo delle Amministrazioni dello Stato delle norme sul trattamento di quiescenza e di previdenza vigenti per i dipendenti di ruolo), promosso con ordinanza emessa il 21 dicembre 1998 dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sul ricorso proposto da Lagotti Ambretta contro il Ministero della pubblica istruzione ed altro, iscritta al n. 611 del registro ordinanze 1999 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 44, prima serie speciale, dell'anno 1999.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 27 settembre 2000 il Giudice relatore Massimo Vari.

Ritenuto che il Tribunale amministrativo regionale del Lazio ¾ con ordinanza del 21 dicembre 1998, emessa nel corso del giudizio promosso da una docente non di ruolo di una scuola media statale, con incarico infrannuale, al fine di ottenere l’annullamento dei provvedimenti con i quali le veniva negato, rispettivamente, il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio dell’infermità contratta a seguito di infortunio in itinere e la concessione dell’equo indennizzo ¾ ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 32 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 4 della legge 6 dicembre 1966, n. 1077 (Estensione ai dipendenti civili non di ruolo delle Amministrazioni dello Stato delle norme sul trattamento di quiescenza e di previdenza vigenti per i dipendenti di ruolo), “nella parte in cui non prevede la concessione dell’equo indennizzo nei confronti dei docenti precari delle scuole statali con incarico inferiore ad un anno o che avrebbero potuto ottenere un incarico annuale, ... qualora non avessero subito l’infortunio”;

che l’ordinanza rammenta, in punto di fatto, che la ricorrente nel giudizio principale, a seguito di sinistro automobilistico, patito “mentre si recava a prestare la propria attività lavorativa”, è stata riconosciuta affetta da infermità ¾ concretante “una menomazione dell’integrità fisica e, quindi, un danno alla salute, tutelata dall’art. 32 della Costituzione” ¾ “ascrivibile alla 6° categoria della tabella A allegata alla legge n. 648 del 18 agosto 1950 e successive modificazioni”, ma, nonostante ciò, l’istanza volta a conseguire l’equo indennizzo è stata respinta sulla base del menzionato art. 4 della legge n. 1077 del 1966, “perché titolare di un incarico precario di insegnamento di durata infrannuale anziché superiore ad un anno”;

che, ad avviso del rimettente, la disposizione denunciata, nel prevedere la concessione dell’equo indennizzo ed il rimborso delle spese connesse “solo per i docenti non di ruolo con incarico di durata non inferiore ad un anno e nell’escludere i docenti precari con incarico infrannuale in base al solo parametro temporale”, si pone in contrasto con gli artt. 3 e 32 della Costituzione, “per violazione dei principi di ragionevolezza e di tutela della salute”;

che, in particolare, il giudice a quo, nel rilevare che il censurato art. 4 trascura che le funzioni dei docenti sono identiche, potendo, oltretutto, il docente con incarico infrannuale “ottenere la proroga o il rinnovo dello stesso, od un nuovo incarico”, osserva che, pertanto, possono “verificarsi situazioni incongruenti”, come quella del docente precario con incarico non inferiore ad un anno, il quale può ottenere la concessione dell’equo indennizzo per infortunio subito il primo giorno di lavoro, laddove il docente con incarico infrannuale “può subire lo stesso incidente, dopo diversi mesi di servizio anche se di durata inferiore ad un anno, senza ottenere lo stesso beneficio”;

che, infine, il rimettente sostiene che “la ricorrente, qualora non avesse subito l’infortunio, avrebbe ottenuto un incarico considerato corrispondente ad un anno scolastico”, circostanza, questa, comprovata “dalla durata dell’incarico conferito alla docente chiamata a sostituirla, a seguito dell’infortunio subito”;

che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, il quale ha concluso per sentir dichiarare inammissibile o, comunque, infondata o manifestamente infondata la sollevata questione, insistendo nelle medesime conclusioni anche con memoria illustrativa successivamente depositata.

Considerato che, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 4 della legge 6 dicembre 1966, n. 1077 è stata già esaminata dalla Corte, che l'ha dichiarata manifestamente infondata con ordinanza n. 710 del 1988;

che, in quell’occasione, si è avuto modo di affermare che la diversità di disciplina, ai fini del riconoscimento dell’equo indennizzo, posta dalla disposizione denunciata tra dipendenti statali non di ruolo in relazione alla durata dell’incarico, trova "fondamento nella non omogeneità delle situazioni poste a confronto e nella esigenza di attribuire tutela, agli effetti che qui rilevano, soltanto alle attività destinate a svolgersi per un periodo di tempo di apprezzabile durata, discrezionalmente stabilito dal legislatore”;

che, pertanto, a prescindere dal rilievo di mero fatto sull’incarico annuale che la ricorrente nel giudizio a quo avrebbe ottenuto “qualora non avesse subito l’infortunio”, come tale insuscettibile di dar luogo ad un problema di costituzionalità (vedi, tra le molte, sentenze n. 417 del 1996 e n. 295 del 1995), non appaiono prospettati dal rimettente, sotto l’esaminato profilo di censura, motivi nuovi o diversi che possano indurre a mutar d’avviso rispetto al menzionato precedente orientamento;

che, peraltro, l’ordinanza, con motivazione assai scarna, muovendo dall'assunto che nella specie vi è stata una "menomazione dell'integrità fisica" e, quindi, un "danno alla salute", ritiene che la disposizione censurata si ponga in contrasto anche con l’art. 32 della Costituzione;

che, tuttavia, l'evocazione di tale ultimo parametro non appare pertinente, giacché l’istituto dell’equo indennizzo si inserisce nel sistema previdenziale per le invalidità subite dai pubblici dipendenti, distinguendosi così dall'ordinaria tutela risarcitoria per il pregiudizio all'integrità fisica, alla quale il rimettente, sia pure in estrema sintesi, sembra alludere nel richiamare la categoria del danno alla salute;

che, dunque, la questione va dichiarata, sotto ogni profilo, manifestamente infondata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 4 della legge 6 dicembre 1966, n. 1077 (Estensione ai dipendenti civili non di ruolo delle Amministrazioni dello Stato delle norme sul trattamento di quiescenza e di previdenza vigenti per i dipendenti di ruolo), sollevata, in riferimento agli art. 3 e 32 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 ottobre 2000.

Cesare MIRABELLI, Presidente

Massimo VARI, Redattore

Depositata in cancelleria il 25 ottobre 2000.