Sentenza n. 407/2000

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SENTENZA N. 407

ANNO 2000

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare MIRABELLI, Presidente

- Francesco GUIZZI   

- Fernando SANTOSUOSSO 

- Massimo VARI         

- Riccardo CHIEPPA  

- Gustavo ZAGREBELSKY  

- Valerio ONIDA        

- Carlo MEZZANOTTE         

- Fernanda CONTRI   

- Guido NEPPI MODONA    

- Piero Alberto CAPOTOSTI 

- Annibale MARINI    

- Franco BILE 

- Giovanni Maria FLICK        

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 525 del codice di procedura civile, promosso con ordinanza emessa il 30 dicembre 1998 dal Pretore di Milano nel procedimento civile vertente tra la ditta Alessio Inguanta ed altro e la Multi Express s.a.s. ed altra, iscritta al n. 493 del registro ordinanze 1999 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 39, prima serie speciale, dell’anno 1999.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 7 giugno 2000 il Giudice relatore Fernando Santosuosso.

Ritenuto in fatto

1.— Nel corso di un giudizio di esecuzione mobiliare, il Pretore di Milano, con ordinanza del 30 dicembre 1998 (pervenuta a questa Corte il 30 agosto 1999), ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 525 cod. proc. civ. in riferimento all'art. 24 della Costituzione.

Osserva il rimettente che la disposizione denunciata – non prevedendo che il ricorso per intervento nella procedura esecutiva, il cui credito sia fondato su scrittura privata, debba essere notificato al debitore esecutato, ancorchè a conoscenza della procedura suddetta, rimasto assente all'udienza fissata per l'autorizzazione alla vendita o per l'assegnazione (ex art. 525, secondo comma, cod. proc. civ.) o a quella fissata per la dichiarazione del terzo (ex art. 547 cod. proc. civ.) – violerebbe il diritto di difesa. In questa evenienza, infatti, il debitore potrebbe vedere il ricavato della vendita dei suoi beni o dei suoi crediti, eventualmente dichiarati dal terzo ex art. 547 cod. proc. civ., assegnati in parte o anche per l'intero, se asseritamente privilegiati, a presunti creditori il cui diritto, sfornito di titolo esecutivo, sia stato fatto valere sulla base di scritture private al debitore mai rese note.

Tutto ciò premesso, osserva il giudice a quo che il principio ispiratore delle pronunce di questa Corte in ordine all'art. 292 cod. proc. civ. in materia di produzione di scritture private nel giudizio contumaciale sembra dover trovare spazio in ogni procedimento giurisdizionale nel quale, pur in assenza dell'istituto della contumacia, sia consentito l'accesso, in assenza di una parte, a documenti dei quali questa, ove informata, potrebbe disconoscere l'autenticità.

In conclusione, quindi, la mancata previsione della notificazione al debitore esecutato del deposito del ricorso per intervento di un creditore non munito di titolo esecutivo, ma esclusivamente di scritture private della cui esistenza il debitore non sia mai stato in precedenza informato, costituirebbe violazione del diritto di difesa ex art. 24 Cost.

2.— Nel presente giudizio di legittimità costituzionale é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che, con riserva di dedurre, ha chiesto che la questione sia dichiarata inammissibile o infondata. In prossimità della camera di consiglio, la difesa erariale ha presentato memoria insistendo nelle precedenti conclusioni; a suo parere non risultano reali lesioni del diritto di difesa del debitore che può, indipendentemente dalla partecipazione all’udienza, far valere l’eventuale insussistenza del credito fondato su scrittura privata della quale non abbia avuto tempestiva conoscenza. Ed infatti, ciò risulterebbe dall’esame della giurisprudenza di legittimità secondo cui la posizione del debitore esecutato, come anche quella degli altri creditori (che possono subire pregiudizio dall’intervento), resta comunque affidata alla possibilità di far valere in sede di distribuzione le contestazioni sull’esistenza o l’ammontare del credito, ex art. 512 cod. proc. civ., profilandosi in quella sede una situazione di liticonsorzio necessario ex art 102 cod. proc. civ. tra i soggetti interessati; ciascuno di essi, perciò, deve essere convenuto in giudizio indipendentemente dalla circostanza che abbia o meno partecipato alla discussione sul progetto di distribuzione.

L’Avvocatura infine sottolinea che le pronunce di questa Corte n. 250 del 1986 e n. 317 del 1989 afferivano ad una situazione diversa da quella oggetto della presente questione, in quanto caratterizzata dal determinarsi di uno specifico effetto processuale: l’acquisizione di un’efficacia probatoria privilegiata in conseguenza della contumacia della parte alla quale la scrittura é attribuita o al mancato disconoscimento della stessa nella prima risposta ad opera della parte costituita.

Considerato in diritto

1.— Il Pretore di Milano ha sollevato, in riferimento all’art. 24 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 525 cod. proc. civ., nella parte in cui non prevede che il ricorso per l’intervento nella procedura esecutiva del creditore, munito di scrittura, debba essere notificato al debitore esecutato che, pur consapevole della pendenza della procedura, sia rimasto assente all’udienza fissata per l’autorizzazione alla vendita o per l’assegnazione o a quella fissata per la dichiarazione del terzo.

2.— La questione non é fondata.

E’ opportuno ricordare che il processo esecutivo ha sue caratteristiche che lo distinguono da quello ordinario di cognizione in quanto destinato ad assicurare la realizzazione della già accertata pretesa giuridica rappresentata dal titolo esecutivo. Dal che consegue l’impossibilità di giungere ad una assimilazione tra la situazione che caratterizza la presente questione di legittimità costituzionale con quella di cui all’art. 292 cod. proc. civ. come vorrebbe, invece, il giudice a quo.

Occorre anche osservare che l’art. 525 cod. proc civ., disciplinante le condizioni ed il tempo dell’intervento dei creditori nella procedura esecutiva, deve essere interpretato nell’ambito dell’intero sistema del processo esecutivo, nel quale si rinvengono diverse disposizioni in cui si sviluppa il contraddittorio tra le parti con garanzia per il reciproco diritto di difesa. Ed infatti, nell’ambito della disciplina dell’espropriazione forzata in generale, l’art. 485 cod. proc. civ. attribuisce al giudice il potere di convocare davanti a sè le parti del processo esecutivo (tra cui il debitore esecutato) e gli altri soggetti interessati. A quell’udienza, quindi, il debitore potrà venire a conoscenza di eventuali interventi di creditori ed esercitare la sua difesa spiegando anche opposizione.

Inoltre l’art. 530 cod. proc. civ., inserito nel contesto sull’assegnazione e la vendita nell’ambito dell’espropriazione mobiliare presso il debitore, prevede un’udienza per l’audizione delle parti successiva all’istanza di vendita e assegnazione e anteriore al conseguente provvedimento. In detta udienza le parti possono fare osservazioni e proporre le opposizioni agli atti esecutivi nei limiti indicati nel secondo comma della medesima disposizione.

Da ultimo, e non meno importante, la disposizione dell’art. 512 cod. proc. civ., richiamata dalla difesa erariale, costituisce, in sede di distribuzione di quanto realizzato esecutivamente, uno specifico momento di contraddittorio: anche in quella occasione, invero, può sorgere controversia sulle rispettive posizioni, con la consequenziale apertura di istruttoria.

Il legislatore ha quindi configurato il processo esecutivo modulando le esigenze difensive delle parti in relazione alle caratteristiche di questo rito. D’altronde anche sul debitore esecutato incombe, ovviamente, come su ogni parte processuale, l’onere della diligenza necessaria all’esercizio della propria attività difensiva.

Dalle proposizioni che precedono discende l’infondatezza della presente questione di legittimità costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 525 del codice di procedura civile, sollevata, in riferimento all’art. 24 della Costituzione, dal Pretore di Milano con l’ordinanza di cui in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13 luglio 2000.

Cesare MIRABELLI, Presidente

Fernando SANTOSUOSSO, Redattore

Depositata in cancelleria il 31 luglio 2000.