Ordinanza n. 386/2000

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ORDINANZA N. 386

ANNO 2000

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare MIRABELLI, Presidente

- Francesco GUIZZI 

- Massimo VARI 

- Cesare RUPERTO 

- Riccardo CHIEPPA 

- Gustavo ZAGREBELSKY 

- Valerio ONIDA 

- Carlo MEZZANOTTE 

- Fernanda CONTRI 

- Guido NEPPI MODONA 

- Piero Alberto CAPOTOSTI 

- Annibale MARINI 

- Franco BILE 

- Giovanni Maria FLICK 

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 83/11 della legge 23 dicembre 1966, n. 1147 [recte: dell’articolo 83/11 del d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570 (Testo unico delle leggi per la composizione e la elezione degli organi delle amministrazioni comunali), introdotto dall’articolo 2 della legge 23 dicembre 1966, n. 1147 (Modificazioni alle norme sul contenzioso elettorale amministrativo)], promosso con ordinanza emessa il 17 dicembre 1999 dal Tribunale amministrativo regionale per il Friuli-Venezia Giulia, iscritta al n. 79 del registro ordinanze 2000 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 10, prima serie speciale, dell’anno 2000.

Visto l’atto di costituzione del ricorrente nel giudizio principale, nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 5 luglio 2000 il Giudice relatore Carlo Mezzanotte.

Ritenuto che il Tribunale amministrativo regionale per il Friuli-Venezia Giulia, con ordinanza emessa il 17 dicembre 1999, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’articolo 83/11 della legge 23 dicembre 1966, n. 1147 [recte: dell’articolo 83/11 del d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570 (Testo unico delle leggi per la composizione e la elezione degli organi delle amministrazioni comunali), introdotto dall’articolo 2 della legge 23 dicembre 1966, n. 1147 (Modificazioni alle norme sul contenzioso elettorale amministrativo)], in relazione all’articolo 24 della Costituzione, in quanto fa decorrere il termine a ricorrere, anche nelle controversie riguardanti la collocazione in graduatoria dei candidati non eletti, dalla data della proclamazione degli eletti e non dall’effettiva conoscenza dell’atto lesivo da parte del candidato;

che il remittente è investito di un ricorso in materia elettorale, proposto, ai sensi degli artt. 83/11 e 84 del d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, ma ampiamente fuori termine, da un candidato non eletto, per l’annullamento e la rettifica delle operazioni elettorali relative alle elezioni del Presidente della Provincia di Udine e del Consiglio provinciale svoltesi il 13 giugno 1999;

che il tribunale amministrativo regionale riferisce che la questione è stata eccepita nel giudizio principale dal ricorrente, il quale, ben consapevole di aver prodotto tardivamente ricorso, ha prospettato l’illegittimità costituzionale dell’art. 83/11 della legge 23 dicembre 1966, n. 1147 (recte: del d.P.R. n. 570 del 1960), rilevando che la tassatività del termine a ricorrere di 30 giorni dalla proclamazione degli eletti comporterebbe la violazione del diritto di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi, sancito dall’art. 24 della Costituzione, nel caso di mancata piena conoscenza da parte dell’interessato del contenuto del provvedimento lesivo;

che il giudice a quo fa propria la questione così prospettata, rilevando inoltre che il ricorrente è un candidato risultato non eletto, per cui la lesione dei suoi interessi non emergerebbe dalla pubblicità data ai risultati elettorali tramite la pubblicazione del manifesto contenente i nomi degli eletti;

che, ad avviso del tribunale amministrativo regionale, nel caso in esame, tutto interno alla graduatoria dei non eletti, la brevità e la perentorietà del termine non sarebbero quindi giustificate “dalla superiore esigenza di garantire la certezza giuridica della composizione degli organi elettivi”;

che, quanto alla rilevanza della questione, il giudice a quo evidenzia come solo la dichiarazione di illegittimità costituzionale della norma censurata consentirebbe al ricorrente di agire in giudizio;

che nel giudizio si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall’Avvocatura generale dello Stato, e ha chiesto che la questione sia dichiarata inammissibile o infondata;

che, fuori termine, si è costituito anche il ricorrente nel giudizio a quo, chiedendo che questa Corte dichiari l’illegittimità costituzionale della norma censurata.

Considerato che il Tribunale amministrativo regionale per il Friuli-Venezia Giulia ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’articolo 83/11 della legge 23 dicembre 1966, n. 1147 [recte: dell’articolo 83/11 del d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, introdotto dall’art. 2 della legge 23 dicembre 1996, n. 1147], sul contenzioso elettorale amministrativo, nella parte in cui fa decorrere il termine di trenta giorni per il ricorso, anche nelle controversie riguardanti la collocazione in graduatoria dei candidati non eletti, dalla data della proclamazione degli eletti e non dall’effettiva conoscenza da parte del candidato del vizio che inficia l’atto lesivo;

che, ad avviso del remittente, tale previsione violerebbe l’articolo 24 della Costituzione poiché la lesione dell’interesse del candidato non sarebbe rilevabile sulla base dei risultati elettorali pubblicati nel manifesto contenente i nomi dei candidati eletti, ma dalla piena conoscenza di tutte le operazioni elettorali che precedono la proclamazione;

che per di più, sempre secondo il remittente, l’esigenza di garantire la certezza giuridica della composizione degli organi elettivi non avrebbe ragione di esser fatta valere quando si tratti di controversie fra non eletti per il miglioramento della rispettiva posizione in graduatoria;

che è principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte che, in presenza di termini stabiliti a pena di decadenza, non può parlarsi di vulnerazione del diritto di difesa quando il momento iniziale di decorrenza del termine sia certo e gli oneri di attività dei quali venga gravato l’interessato non eccedano la normale diligenza (sentenze nn. 179 del 1999, 111 del 1998, 446 del 1997 e 223 del 1996);

che, con riferimento all’atto di proclamazione degli eletti, mentre il momento iniziale di decorrenza del termine per ricorrere è indubitabilmente certo, anche la rilevazione dei vizi dai quali la proclamazione possa risultare affetta non comporta per l’interessato oneri eccedenti la normale diligenza e diversi da quelli propri di tutti i procedimenti giurisdizionali in materia elettorale, ai quali è sempre connaturata l’esigenza di speditezza dell’accertamento e di stabilità del risultato;

che, ai fini della conoscenza delle operazioni elettorali e dei risultati degli scrutini, nelle elezioni per i Consigli provinciali, ciascun gruppo di candidati può designare, presso ogni seggio, presso i singoli uffici elettorali circoscrizionali e presso l’ufficio elettorale centrale (art. 14, comma 5, della legge 8 marzo 1951, n. 122), propri rappresentanti, ai quali si presume che il candidato appartenente al gruppo possa rivolgersi per attingere notizie circa la correttezza delle operazioni di scrutinio e della relativa verbalizzazione;

che inoltre è operante, in materia, il principio generale recepito dalla legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi), secondo il quale chiunque abbia interesse, per la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti, ha diritto di accesso ai documenti amministrativi;

che, pertanto, i verbali dell’ufficio elettorale circoscrizionale e dell’ufficio elettorale centrale (artt. 22 e 24 della legge n. 122 del 1951), copia dei quali è peraltro inviata alla Prefettura, devono ritenersi accessibili anche ai candidati, innegabilmente titolari di un interesse qualificato;

che, quanto alla asserita inadeguatezza del termine di trenta giorni dalla proclamazione degli eletti per il ricorso in sede giurisdizionale, deve ribadirsi che tale termine, pur ridotto della metà rispetto a quello ordinario stabilito per l’impugnazione degli atti della pubblica amministrazione, non è privo di giustificazione, in ragione dell’interesse, che non può esser disconosciuto in procedimenti di tal genere, alla rapida composizione degli organi elettivi;

che il termine di 30 giorni non può essere ritenuto incongruo neppure in relazione alle controversie nelle quali il ricorrente si limiti, come nella specie, a lamentare la mancata attribuzione di suffragi effettivamente conseguiti e non anche l’erronea attribuzione di voti ad altri candidati che lo precedono nella graduatoria, giacché tali vicende contenziose incidono potenzialmente sulla posizione degli eletti e quindi sulla stessa composizione dell’organo elettivo;

che inoltre il parametro costituzionale evocato dal remittente non impone di stabilire diverse decorrenze del termine per ricorrere a seconda che la posizione del ricorrente interferisca o meno con quella degli eletti, perché, se così fosse, la procedibilità del ricorso, in contrasto con elementari regole processuali, verrebbe a dipendere da un anticipato accertamento giudiziale sul numero dei voti non attribuiti al ricorrente e, quindi, sul merito della controversia;

che la disposizione censurata, sotto nessuno dei profili denunciati, può essere tacciata del vizio che le attribuisce l’ordinanza di rimessione;

che la questione va pertanto dichiarata manifestamente infondata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’articolo 83/11 del d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570 (Testo unico delle leggi per la composizione e la elezione degli organi delle amministrazioni comunali), introdotto dall’articolo 2 della legge 23 dicembre 1996, n. 1147 (Modificazioni alle norme sul contenzioso elettorale amministrativo), sollevata, in riferimento all’articolo 24 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per il Friuli-Venezia Giulia con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 luglio 2000.

Cesare MIRABELLI, Presidente

Carlo MEZZANOTTE, Redattore

Depositata in cancelleria il 27 luglio 2000.