Ordinanza n. 381/2000
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ANNO 2000

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare MIRABELLI, Presidente

- Francesco GUIZZI

- Fernando SANTOSUOSSO

- Massimo VARI

- Riccardo CHIEPPA

- Gustavo ZAGREBELSKY

- Valerio ONIDA

- Carlo MEZZANOTTE

- Fernanda CONTRI

- Guido NEPPI MODONA

- Piero Alberto CAPOTOSTI

- Annibale MARINI

- Franco BILE

- Giovanni Maria FLICK

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 6, della legge della Regione Siciliana approvata il 6 agosto 1999, recante “Modifiche della legge regionale 1° marzo 1995, n. 19, ed altre disposizioni concernenti giacimenti di materiali da cava”, promosso con ricorso del Commissario dello Stato per la Regione Siciliana, notificato il 13 agosto 1999, depositato in cancelleria il 20 successivo ed iscritto al n. 34 del registro ricorsi 1999.

 Visto l’atto di costituzione della Regione Siciliana;

 udito nella camera di consiglio dell’8 giugno 2000 il Giudice relatore Valerio Onida.

Ritenuto che il Commissario dello Stato per la Regione Siciliana, con ricorso notificato il 13 agosto e depositato il successivo 20 agosto 1999, ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3, 97, 81, quarto comma, della Costituzione, dell’art. 1, comma 6, della legge della Regione Siciliana approvata il 6 agosto 1999 (disegno di legge n. 475), recante “Modifiche della legge regionale 1° marzo 1995, n. 19, ed altre disposizioni concernenti giacimenti di materiali da cava”;

che l’art. 1 della legge, modificando la precedente legge regionale n. 19 del 1995, dopo aver riaperto e prorogato per 90 giorni dall’entrata in vigore della legge il termine per richiedere la prosecuzione dell’esercizio di cave non regolarmente autorizzate, dispone al comma 6, denunciato con il ricorso, che le sanzioni previste dall’art. 7 della legge regionale n. 19 del 1995 – articolo che modificava l’articolo 29, secondo comma, della legge regionale n. 127 del 1980 – sinora irrogate per lo svolgimento di attività estrattive in difetto di autorizzazione, o per la loro prosecuzione dopo la notifica del provvedimento di decadenza o di revoca, siano ridotte del 60%, e che, in ogni caso, non possano superare l’importo di 30 milioni di lire;

che, ad avviso del ricorrente, la norma impugnata è in contrasto con l’art. 97 della Costituzione, poiché la decurtazione delle sanzioni irrogate dal 1995 ad oggi priva l’amministrazione di notevoli risorse finanziarie senza alcuna utilità per la collettività; dà vita ad una disparità di trattamento, in quanto premia una ristretta categoria di contravventori, senza esplicita connessione con la sanatoria disposta; è in contrasto con l’art. 81, quarto comma, della Costituzione, in quanto non prevede alcuna copertura finanziaria per gli oneri che comporta sotto il profilo delle minori entrate;

che nel giudizio si è costituita la Regione Siciliana, chiedendo che le questioni siano dichiarate infondate;

che con successiva memoria del 30 novembre 1999 il Commissario dello Stato, rilevato che il Presidente della Regione Siciliana ha promulgato come legge regionale 6 ottobre 1999, n. 25 (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana n. 48 dell’8 ottobre 1999) la delibera legislativa oggetto del ricorso, omettendo la disposizione dell’art. 1, comma 6, impugnata, ha chiesto sia dichiarata cessata la materia del contendere.

Considerato che, dopo la proposizione del ricorso, la legge approvata dall’Assemblea regionale Siciliana il 6 agosto 1999, recante “Modifiche della legge regionale 1° marzo 1995, n. 19, ed altre disposizioni concernenti giacimenti di materiali da cava”, è stata promulgata dal Presidente della Regione con omissione del comma 6 dell’art. 1 oggetto di censura, sicché risulta definitivamente preclusa la possibilità che sia conferita efficacia alla disposizione in esso contenuta;

che, in conformità della costante giurisprudenza di questa Corte (da ultimo, sentenze nn. 162 e 225 del 2000), deve pertanto ritenersi cessata la materia del contendere nel presente giudizio.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara cessata la materia del contendere in ordine al ricorso di cui in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 luglio 2000.

Cesare MIRABELLI, Presidente

Valerio ONIDA, Redattore

Depositata in cancelleria il 27 luglio 2000.