Ordinanza n. 380/2000
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ANNO 2000

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare MIRABELLI, Presidente

- Fernando SANTOSUOSSO 

- Massimo VARI 

- Cesare RUPERTO 

- Riccardo CHIEPPA 

- Gustavo ZAGREBELSKY 

- Valerio ONIDA 

- Carlo MEZZANOTTE 

- Fernanda CONTRI 

- Piero Alberto CAPOTOSTI 

- Annibale MARINI 

- Franco BILE 

- Giovanni Maria FLICK 

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 120, comma 1 del decreto legislativo 30 aprile 1982, n. 285, promosso con ordinanza emessa l'8 luglio 1998 dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione prima, sul ricorso proposto da S. D. P. ed altri contro il Ministero di Grazia e Giustizia, iscritta al n. 78 del registro ordinanze 1999 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 8, prima serie speciale, dell'anno 1999.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 5 aprile 2000 il Giudice relatore Piero Alberto Capotosti.

Ritenuto che il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione prima, con "sentenza" emessa l'8 luglio 1998, in un giudizio avente ad oggetto l'ottemperanza ad una sentenza con cui è stato accertato il diritto di alcuni dipendenti dell'Amministrazione penitenziaria all'attribuzione del trattamento spettante al primo dirigente, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 120, comma 1, del decreto legislativo 30 aprile 1982, n. 285, in riferimento agli artt. 3 e 35 della Costituzione;

che, in motivazione, il giudice rimettente denuncia il contrasto dell'art. 41, comma 5, terzo periodo, della legge 27 dicembre 1997, n. 449 (Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica), nella parte in cui vieta di attribuire il trattamento economico riconosciuto con sentenza passata in giudicato, con gli artt. 24, 121, 102, 104 e 113 della Costituzione, in quanto la norma censurata, non contenendo una regola astratta, espressione della funzione legislativa, ma un provvedimento concreto, volto ad impedire l'attuazione del giudicato, lederebbe la garanzia costituzionale della tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi, nonché il principio della separazione dei poteri;

che con successivo decreto, emesso il 21 dicembre 1998, il Tribunale amministrativo regionale ha proceduto alla correzione del precedente provvedimento, mutandone la denominazione in quella di «ordinanza», sostituendo nella motivazione il riferimento all'art. 121 con quello all’art. 101 della Costituzione, e modificando il dispositivo, la cui nuova formulazione ha per oggetto la questione di legittimità costituzionale dell'art. 41, comma 5, terzo periodo, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, nella parte in cui vieta di attribuire il trattamento economico riconosciuto con sentenza passata in giudicato, in riferimento agli artt. 24, 101, 102, 104 e 113 della Costituzione;

che nel giudizio dinanzi alla Corte è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, con il patrocinio dell'Avvocatura generale dello Stato, il quale ha eccepito l'inammissibilità della questione, osservando che il giudice a quo, dopo aver sospeso il giudizio, ha utilizzato impropriamente il procedimento di correzione degli errori materiali per sollevare una questione di legittimità costituzionale assolutamente diversa da quella originariamente proposta, ed opponendo nel merito l'infondatezza di entrambe le questioni, la prima per mancanza di qualsiasi riferimento ad una situazione assunta quale tertium comparationis, la seconda in quanto al legislatore non è costituzionalmente interdetta l’emanazione di disposizioni volte a modificare la disciplina dei rapporti di durata in senso sfavorevole ai destinatari;

che non si sono invece costituite le parti del giudizio principale.

Considerato che la questione di legittimità costituzionale sollevata dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio nel dispositivo del provvedimento di rimessione ha ad oggetto l'art. 120, comma 1, del decreto legislativo 30 aprile 1982, n. 285, in riferimento agli artt. 3 e 35 della Costituzione, laddove, nella motivazione del medesimo provvedimento, si denuncia il contrasto dell’art. 41, comma 5, terzo periodo, della legge 27 dicembre 1997, n. 449 con gli artt. 24, 121, 102, 104 e 113 della Costituzione;

che le due parti del provvedimento si presentano assolutamente difformi, in quanto hanno ad oggetto la denuncia di illegittimità costituzionale di differenti disposizioni di legge, la prima delle quali oltre tutto inesistente, ed individuano, quali parametri del giudizio demandato alla Corte, norme costituzionali diverse, una delle quali è stata peraltro anche oggetto di successiva modificazione, sicché non risulta possibile, neppure in via interpretativa, dare prevalenza ad una parte del provvedimento rispetto ad un’altra;

che la rilevata difformità non può ritenersi sanata dal successivo ricorso al procedimento di correzione degli errori materiali, la cui utilizzazione, presupponendo una inesattezza rilevabile ictu oculi dal contesto dell’atto e inidonea, per sua natura, a modificare il contenuto essenziale della decisione, non è ammissibile quando, come nella fattispecie in esame, sussista un contrasto radicale tra dispositivo e motivazione, che non consenta di individuare l’esatta portata del provvedimento giudiziale;

che il predetto contrasto, risolvendosi in un’assoluta incertezza in ordine ai termini essenziali della questione sollevata dal giudice rimettente, non superabile neppure attraverso un’interpretazione complessiva del provvedimento, la quale presuppone una sostanziale coerenza tra le diverse parti dello stesso, non ravvisabile nel caso di specie, comporta la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale (cfr. ordinanza n. 317 del 1999, sentenza n. 448 del 1997).

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 120, comma 1, del decreto legislativo 30 aprile 1982, n. 285, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 35 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione prima, con il provvedimento in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 luglio 2000.

Cesare MIRABELLI, Presidente

Piero Alberto CAPOTOSTI, Redattore

Depositata in cancelleria il 27 luglio 2000.