Ordinanza n. 373/2000

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ORDINANZA N. 373

ANNO 2000

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare MIRABELLI, Presidente

- Francesco GUIZZI

- Massimo VARI 

- Cesare RUPERTO 

- Riccardo CHIEPPA 

- Gustavo ZAGREBELSKY 

- Valerio ONIDA 

- Fernanda CONTRI 

- Guido NEPPI MODONA 

- Piero Alberto CAPOTOSTI 

- Annibale MARINI 

- Franco BILE 

- Giovanni Maria FLICK 

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 223 d.lgs. 19 febbraio 1998, n. 51 (Norme in materia di istituzione del giudice unico di primo grado), promossi con ordinanze emesse il 20 gennaio 2000 della Corte di Assise di Agrigento nel procedimento penale a carico di MIGLIORE Massimiliano ed altri iscritta al n. 258 del registro ordinanze 2000 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 22, prima serie speciale, dell’anno 2000 e il 20 marzo 2000 della Corte di Assise di Palermo nel procedimento penale a carico di GANCI Raffaele iscritta al n. 293 del registro ordinanze 2000 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 23, prima serie speciale, dell’anno 2000.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 6 luglio 2000 il Giudice relatore Giovanni Maria Flick.

Ritenuto che, con ordinanze di analogo tenore, la Corte d’assise di Agrigento e la Corte d’assise di Palermo – rispettivamente in data 20 gennaio 2000 e 20 marzo 2000 - hanno sollevato, con riferimento all’art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 223 del d.lgs. 19 febbraio 1998 n. 51 (Norme in materia di istituzione del giudice unico di primo grado) come modificato dall’art. 56 della legge 16 dicembre 1999 n. 479, nella parte in cui tale norma non prevede che – anche nei giudizi di primo grado in corso, instaurati successivamente alla data di efficacia del d.lgs. n. 51 del 1998 e sino all’entrata in vigore della legge 16 dicembre 1999 n. 479, limitatamente ai reati puniti astrattamente con la pena dell’ergastolo - l’imputato abbia facoltà di chiedere il giudizio abbreviato prima dell’inizio dell’istruzione dibattimentale;

 che, secondo le argomentazioni del tutto analoghe svolte dai remittenti, in esito all’estensione di ammissibilità del giudizio abbreviato anche per i reati punibili con la pena dell’ergastolo ad opera dell’art. 30 della legge 16 dicembre 1999 n. 479, la norma denunciata sarebbe fonte di discriminazione: ciò in quanto, una volta caducata la preclusione di tipo edittale, nei giudizi di primo grado in corso alla data di efficacia del citato decreto (2 giugno 1999), allorché non sia ancora iniziata l’istruttoria dibattimentale, gli imputati avrebbero facoltà di chiedere il giudizio abbreviato ancorché i reati loro ascritti comportino l’applicazione della pena dell’ergastolo, laddove, nei giudizi di primo grado in corso, ma instaurati successivamente alla data predetta, non vi sarebbe analoga possibilità, anche se - parimenti - non sia ancora iniziata l’istruttoria dibattimentale;

 che, dunque, la mancata previsione, con riguardo ai procedimenti punibili con la pena dell’ergastolo instaurati successivamente alla data di efficacia del d.lgs. 19 febbraio 1998 n. 51, della facoltà per l’imputato di chiedere, sino alla data di entrata in vigore della legge 16 dicembre 1999 n. 479, il rito abbreviato prima dell’inizio dell’istruttoria dibattimentale realizzerebbe una disparità di trattamento, in quanto la possibilità di accedere ad un rito alternativo, con le sensibili diminuzioni sanzionatorie in ipotesi di condanna, verrebbe a dipendere esclusivamente da un dato temporale assolutamente casuale, estraneo alle scelte delle parti ed irragionevolmente discriminatorio rispetto ad imputati che si trovino in identica posizione processuale (giudizio di primo grado in corso ed istruzione dibattimentale non ancora iniziata).

 Considerato che la legge 5 giugno 2000 n. 144 (conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 7 aprile 2000 n. 82, recante: “Modificazioni alla disciplina dei termini di custodia cautelare nella fase del giudizio abbreviato”) ha apportato sensibili innovazioni al quadro normativo di riferimento della questione sollevata, con lo specifico disposto dell’ art. 4-ter, comma 2;

 che, pertanto, gli atti devono essere restituiti ai giudici rimettenti, perché verifichino se la questione sollevata possa ritenersi tuttora rilevante nei giudizi a quibus.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

ordina la restituzione degli atti ai giudici rimettenti.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 luglio 2000.

Cesare MIRABELLI, Presidente

Giovanni Maria FLICK, Redattore

Depositata in cancelleria il 26 luglio 2000.