Ordinanza n. 343/2000

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ORDINANZA N. 343

ANNO 2000

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare MIRABELLI, Presidente

- Francesco GUIZZI

- Fernando SANTOSUOSSO

- Massimo VARI

- Cesare RUPERTO

- Riccardo CHIEPPA

- Gustavo ZAGREBELSKY

- Valerio ONIDA

- Carlo MEZZANOTTE

- Fernanda CONTRI

- Guido NEPPI MODONA

- Piero Alberto CAPOTOSTI

- Annibale MARINI

- Franco BILE

- Giovanni Maria FLICK

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 1 e 2 della legge 4 maggio 1998, n. 133 (Incentivi ai magistrati trasferiti o destinati d’ufficio a sedi disagiate e introduzione delle tabelle infradistrettuali), promosso con ordinanza emessa il 10 settembre 1999 dal Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, sezione staccata di Catania, sul ricorso proposto da Fazi Maria Gabriella contro il Ministero di grazia e giustizia, iscritta al n. 742 del registro ordinanze 1999 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 4, prima serie speciale, dell'anno 2000.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 21 giugno 2000 il Giudice relatore Massimo Vari.

Ritenuto che, con ordinanza del 10 settembre 1999, il Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, sezione staccata di Catania, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 36 e 97 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt. 1 e 2 della legge 4 maggio 1998, n. 133 (Incentivi ai magistrati trasferiti o destinati d’ufficio a sedi disagiate e introduzione delle tabelle infradistrettuali), "nella parte in cui limitano i previsti incentivi a favore dei magistrati trasferiti d’ufficio nelle sedi disagiate, provenienti da un’altra regione e da una distanza superiore ai centocinquanta chilometri";

che il giudice a quo premette, in punto di fatto, che la ricorrente, magistrato di tribunale trasferito, su domanda, dalla Procura della Repubblica presso la Pretura circondariale di Enna alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Caltanissetta, aveva richiesto, con istanza dell’11 maggio 1999, al Ministero di grazia e giustizia, il riconoscimento dei benefici di cui all’art. 2 della predetta legge, in quanto la nuova sede di servizio risultava inclusa fra quelle "disagiate";

che l'ordinanza, sull’assunto che la ratio della disciplina posta dalla legge n. 133 del 1998 sia quella dell’attribuzione di incentivi in ragione della "sussistenza di particolari difficoltà nello svolgimento della ordinaria attività giudiziaria, imputabile alla elevata quantità ed alla particolare difficoltà degli affari trattati", ritiene contraria al principio dell’art. 3 della Costituzione l’irragionevole discriminazione nei confronti dei magistrati trasferiti nelle sedi disagiate a domanda, nonché provenienti da sedi poste nelle vicinanze;

che, in particolare, ad avviso del rimettente, l'esistenza o meno della domanda di trasferimento, come pure la distanza della precedente sede di servizio da quella disagiata, non sono elementi idonei a far venire meno l’identica natura del servizio prestato da magistrati appartenenti al medesimo ruolo della magistratura ordinaria;

che, al riguardo, secondo il giudice a quo, va, da un lato, considerato che, anche per il trasferimento di ufficio, stante il principio stabilito dall’art. 107 della Costituzione, occorre generalmente il previo consenso dell’interessato e, dall’altro, che gli incentivi riconosciuti ai magistrati trasferiti d’ufficio in sedi disagiate hanno natura retributiva, in quanto sono corrisposti con continuità, raccordandosi, peraltro, proprio al carattere maggiormente disagevole dell’attività svolta nelle predette sedi;

che il principio di eguaglianza risulterebbe violato, secondo l’ordinanza, anche sotto il profilo del diverso trattamento economico stabilito dalla legge per il personale dipendente dal Ministero degli affari esteri destinato alle c.d. residenze disagiate, ai sensi dell’art. 144 del d.P.R. n. 18 del 1967, ipotesi in riferimento alla quale il legislatore non pone alcuna distinzione, per i destinatari dei benefici economici previsti, a seconda che siano o meno trasferiti d’ufficio, ovvero in funzione della distanza della sede di provenienza;

che, secondo il rimettente, il diverso trattamento, sotto il profilo della retribuzione, fra magistrati appartenenti al medesimo ruolo ed incaricati di identiche funzioni, comporterebbe violazione anche dell’art. 36 della Costituzione;

che, infine, le norme denunciate sarebbero lesive del principio di buon andamento della pubblica amministrazione, stabilito dall’art. 97 della Costituzione, inteso come criterio di congruenza e non arbitrarietà della disciplina posta in essere in relazione al fine perseguito dal legislatore;

che, sotto quest’ultimo profilo, sarebbe incongruo, secondo il giudice a quo, escludere dalla fruizione dei previsti benefici i magistrati che espressamente chiedano di essere destinati nelle sedi disagiate, nonostante che siano tenuti ad un periodo di permanenza nelle sedi stesse superiore rispetto a quello previsto per i magistrati trasferiti d’ufficio;

che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, il quale ha concluso per la declaratoria di inammissibilità o, comunque, di infondatezza della sollevata questione.

Considerato che la denunciata disciplina persegue il fine di ovviare alla situazione di carenza dei magistrati in sedi giudiziarie, c.d. disagiate, individuate annualmente dal Consiglio superiore della magistratura tra quelle che si trovino in una delle regioni indicate dalla legge (Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna), ove si sia verificata la mancata copertura di posti messi a concorso nell’ultima pubblicazione, e che, inoltre, presentino almeno due dei requisiti del pari indicati dalla legge; e cioè vacanze superiori al 15 per cento dell'organico, elevato numero di affari penali con particolare riguardo a quelli relativi alla criminalità organizzata ed elevato numero di affari civili in rapporto alla media del distretto e alla consistenza degli organici;

che tale fine viene perseguito dalla legge attraverso il riconoscimento di incentivi sia di carattere economico, rappresentati dalla particolare indennità prevista dall’art. 2, sia di natura giuridica, consistenti in una più vantaggiosa valutazione del servizio prestato, ai fini dell'assegnazione a successive sedi;

che non appare irragionevole che detto peculiare trattamento sia riservato ai magistrati trasferiti d’ufficio, posto che, nell’ambito del procedimento di copertura dei posti vacanti, è proprio la mancanza di domande a fungere da elemento indicativo di sedi in cui nessuno aspira a trasferirsi "sua sponte" e a realizzare, quindi, le premesse per l’operatività del meccanismo degli incentivi;

che, al tempo stesso, la prevista acquisizione del consenso o disponibilità del magistrato ripete la sua ragione di essere, nel quadro delle particolari garanzie riservate al medesimo (art. 107 della Costituzione), dalla opportunità di prevenire eventuali contestazioni nei confronti del provvedimento di trasferimento;

che quanto, invece, al già specificato criterio geografico, di preferenza per i magistrati che provengono, secondo il dettato legislativo, da regioni diverse da quelle nelle quali si trovino le sedi disagiate e da una distanza, eccezione fatta per la Sardegna, superiore ai 150 chilometri, esso trova spiegazione nella finalità di accrescere in dette sedi il numero di magistrati complessivamente in servizio, sul presupposto che trasferimenti da distanza inferiore o nell’ambito della stessa Regione finirebbero, invece, per determinare scoperture in uffici parimenti sensibili;

che, peraltro, il principio di uguaglianza non può reputarsi inciso nemmeno per effetto del trattamento riservato dal legislatore ai dipendenti di altre amministrazioni, in particolare al personale del Ministero degli affari esteri destinato alle c.d. residenze disagiate, trattandosi di situazioni non omogenee e, quindi, tra loro non comparabili;

che non sussiste neppure l'asserita lesione dell’art. 36 della Costituzione, in quanto, a prescindere dalla natura risarcitoria o retributiva della indennità corrisposta per il trasferimento d’ufficio nella sede disagiata, non si può negare al legislatore, nel rispetto del limite costituzionale della necessaria adeguatezza della retribuzione a garantire a tutti una esistenza libera e dignitosa, la facoltà di prevedere, allorché sussistano specifiche esigenze, un diverso e più vantaggioso trattamento economico riservato solo a taluni degli appartenenti ad una certa categoria di soggetti;

che, una volta acclarata la non irragionevolezza delle denunciate disposizioni, non può reputarsi vulnerato neanche il parametro dell’art. 97 della Costituzione, tenuto conto, altresì, che le norme in esame, lungi dal disattendere l’obiettivo del buon andamento nell’organizzazione degli uffici, mirano proprio alla sua realizzazione, proponendosi di ovviare alla constatata difficoltà di ricoprire le sedi di cui trattasi;

che, pertanto, la questione è manifestamente infondata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi innanzi alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 1 e 2 della legge 4 maggio 1998, n. 133 (Incentivi ai magistrati trasferiti o destinati d’ufficio a sedi disagiate e introduzione delle tabelle infradistrettuali), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 36 e 97 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, sezione staccata di Catania, con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 luglio 2000.

Cesare MIRABELLI, Presidente

Massimo VARI, Redattore

Depositata in cancelleria il 24 luglio 2000.