Ordinanza n. 326/2000

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ORDINANZA N. 326

ANNO 2000

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare MIRABELLI, Presidente

- Francesco GUIZZI  

- Fernando SANTOSUOSSO

- Massimo VARI   

- Riccardo CHIEPPA  

- Gustavo ZAGREBELSKY 

- Valerio ONIDA  

- Carlo MEZZANOTTE 

- Fernanda CONTRI  

- Guido NEPPI MODONA 

- Piero Alberto CAPOTOSTI  

- Annibale MARINI  

- Franco BILE   

- Giovanni Maria FLICK   

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 33 della legge 18 aprile 1975, n. 110 (Norme integrative della disciplina vigente per il controllo delle armi, delle munizioni e degli esplosivi), come modificato dall’art. 10-bis del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152 (Provvedimenti urgenti in tema di lotta alla criminalità organizzata e di trasparenza e buon andamento dell’attività amministrativa), convertito, con modificazioni, nella legge 12 luglio 1991, n. 203, promosso con ordinanza emessa il 28 febbraio 1997 dal Pretore di Firenze nel procedimento di esecuzione proposto dall’INPS contro Mangani Maurizio, iscritta al n. 326 del registro ordinanze 1999 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 23, prima serie speciale, dell’anno 1999.

 Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

 udito nella camera di consiglio del 7 giugno 2000 il Giudice relatore Francesco Guizzi.

 Ritenuto che nel corso di una procedura esecutiva, promossa dall’ INPS nei confronti di M. M., titolare dell’omonima ditta, per un credito complessivo di oltre cento milioni, l’ufficiale giudiziario pignorava vari beni mobili presso il domicilio del debitore, fra i quali tre fucili da caccia stimati complessivamente un milione di lire;

 che si procedeva quindi alla vendita all’incanto dei beni pignorati, ma non dei tre fucili, perché non vendibili nelle pubbliche aste, ai sensi dell’art. 33 della legge n. 110 del 1975 e successive modificazioni;

 che, nel corso dell’udienza fissata per la comparizione delle parti, l’INPS eccepiva l’illegittimità costituzionale del citato art. 33, e il Pretore di Firenze sollevava, con riferimento agli artt. 3, primo comma, e 24, primo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 33 della legge 18 aprile 1975, n. 110 (Norme integrative della disciplina vigente per il controllo delle armi, delle munizioni e degli esplosivi), sostituito dall’art. 10-bis del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152 (Provvedimenti urgenti in tema di lotta alla criminalità organizzata e di trasparenza e buon andamento dell’attività amministrativa), convertito, con modificazioni, nella legge 12 luglio 1991, n. 203;

 che, secondo il giudice a quo, la questione sarebbe rilevante nel procedimento esecutivo, in quanto l’applicazione della disposizione censurata comporterebbe l’inefficacia del pignoramento dei fucili, con conseguente sottrazione di tali oggetti alla procedura e la restituzione al debitore esecutato;

 che essa non sarebbe manifestamente infondata, sia per l’irragionevole disparità di trattamento che la disposizione comporterebbe, sia per la violazione del diritto di azione del creditore procedente;

 che, con riguardo alla prima doglianza, il giudice rimettente osserva che l’art. 35, terzo comma, del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773 (Approvazione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza), consente la vendita e la cessione di armi a privati muniti di permesso di porto d’armi ovvero di speciale nulla osta all’acquisto, rilasciato dal Questore, mentre - incoerentemente - l’art. 33 della legge n. 110 del 1975 stabilirebbe un divieto assoluto di vendita nelle pubbliche aste delle armi comuni da sparo, disponendo una sanzione penale in caso di violazione;

 che siffatta disparità di trattamento sarebbe ingiustificata, poiché assoggetterebbe gli stessi beni (le armi comuni da sparo) a due diversi regimi di circolazione, creando un’arbitraria discriminazione fra creditori muniti di titolo esecutivo, con pregiudizio di coloro che hanno, quali propri debitori, i titolari di quei beni;

 che tali creditori, in mancanza della cooperazione spontanea dell’obbligato, vedrebbero disconosciuto il proprio diritto a ottenere coattivamente la soddisfazione concreta del credito, con lesione dell’art. 24, primo comma, della Costituzione;

 che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura dello Stato, concludendo per l’inammissibilità e l’infondatezza, perché questa Corte avrebbe da tempo ricompreso nell’esercizio dei poteri discrezionali del legislatore l’individuazione dei beni impignorabili (ordinanze nn. 492 del 1990 e 60 del 1971), mentre la norma non vieterebbe l’esecuzione forzata mediante vendita da parte di un commissionario abilitato a tale commercio (art. 532 del codice di procedura civile), con le cautele prescritte dalla legge.

 Considerato che l’art. 33 della legge n. 110 del 1975, sostituito dall’art. 10-bis del decreto-legge n. 152 del 1991, convertito con modificazioni nella legge 12 luglio 1991, n. 203, in apparente contrasto con l’art. 35 del testo unico di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto n. 773 del 1931, contiene, ora, il rovescio della sua originaria formulazione, poiché punisce la vendita delle armi comuni da sparo nelle pubbliche aste con la pena dell’arresto da tre mesi a tre anni e con l’ammenda da lire duecentomila a un milione;

 che, tuttavia, siffatto divieto, pur non consentendo la vendita coattiva mediante asta pubblica, non esclude altre e diverse modalità di legittima liquidazione dei beni pignorati, ricavata in via di interpretazione dal giudice del merito;

 che, pertanto, è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale sollevata dal rimettente.

 Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 33 della legge 18 aprile 1975, n. 110 (Norme integrative della disciplina vigente per il controllo delle armi, delle munizioni e degli esplosivi), sostituito dall’art. 10-bis del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152 (Provvedimenti urgenti in tema di lotta alla criminalità organizzata e di trasparenza e buon andamento dell’attività amministrativa), convertito, con modificazioni, nella legge 12 luglio 1991, n. 203, sollevata, con riferimento agli artt. 3, primo comma, e 24, primo comma, della Costituzione, dal Pretore di Firenze con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'11 luglio 2000.

Cesare MIRABELLI, Presidente

Francesco GUIZZI, Redattore

Depositata in cancelleria il 21 luglio 2000.