Ordinanza n. 325/2000

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ORDINANZA N. 325

ANNO 2000

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Francesco GUIZZI, Presidente

- Fernando SANTOSUOSSO

- Massimo VARI

- Cesare RUPERTO

- Riccardo CHIEPPA

- Valerio ONIDA

- Carlo MEZZANOTTE

- Fernanda CONTRI

- Guido NEPPI MODONA

- Piero Alberto CAPOTOSTI

- Annibale MARINI

- Franco BILE

- Giovanni Maria FLICK

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. da 1 a 9 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218 (Disposizioni in materia di accertamento con adesione e di conciliazione giudiziale), promosso con ordinanza emessa il 29 settembre 1999 dalla Commissione tributaria provinciale di Como, sezione n. 1, sui ricorsi riuniti proposti da alcuni contribuenti contro l’Ufficio imposte dirette di Cantù, iscritta al n. 654 del registro ordinanze 1999 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 48, prima serie speciale, dell’anno 1999.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 24 maggio 2000 il Giudice relatore Massimo Vari.

Ritenuto che ¾ nel corso di un giudizio di impugnazione di avvisi di accertamento emessi dall’Ufficio delle imposte dirette di Cantù, con i quali era stato accertato l'omesso versamento della ritenuta sugli utili extrabilancio distribuiti da una società e rettificato in aumento il reddito personale di un socio di questa ¾ la Commissione tributaria di Como ha sollevato questione di legittimità costituzionale "degli artt. 1-9 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218 (Disposizioni in materia di accertamento con adesione e di conciliazione giudiziale) e, segnatamente, degli artt. 5, primo comma, lettera a) e 6, primo comma";

che il rimettente dubita della costituzionalità delle denunciate disposizioni, osservando che esse:

¾ "con riferimento agli artt. 2, 23 e 53 della Costituzione, non prevedono parametri normativi di riferimento per la determinazione dell’obbligazione tributaria concordata e consentono la definizione della controversia senza che sia stata esercitata l’azione accertatrice, né espletata attività istruttoria";

¾ "con riferimento agli artt. 23 e 97 della Costituzione, demandano alle valutazioni del funzionario la definizione delle imposte con conseguente non punibilità dei reati, senza limiti ed in via permanente";

che è intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, per sentir dichiarare l’inammissibilità e, comunque, la manifesta infondatezza della questione.

Considerato che, secondo quanto si desume dalle sommarie indicazioni fornite sul punto dall'ordinanza, la controversia pendente innanzi al giudice a quo sembrerebbe riguardare avvisi di accertamento emessi dall’Ufficio tributario con riferimento agli anni 1992 e 1993, in occasione di una verifica fiscale successiva ad un già intervenuto accertamento con adesione senza che, peraltro, vengano precisate le disposizioni sulla base delle quali il predetto accertamento con adesione è stato concluso;

che, in ogni caso, il giudice a quo non fornisce sufficienti indicazioni circa i concreti elementi della fattispecie portata al suo esame né esplicita adeguatamente le ragioni per cui la sollevata questione di legittimità costituzionale ¾ che investe l’istituto dell’accertamento con adesione disciplinato dal decreto legislativo n. 218 del 1997, con riguardo agli artt. da 1 a 9 e "segnatamente" come risulta dall'ordinanza, agli artt. 5, comma 1, lettera a), e 6, comma 1 ¾ sia da reputare rilevante ai fini della controversia innanzi a lui pendente, nel senso che questa (il cui oggetto è la legittimità degli avvisi di accertamento emessi dall'ufficio tributario) non possa essere decisa indipendentemente dalla risoluzione della questione stessa;

che, avendo il giudice a quo l'obbligo di dar conto della rilevanza della sollevata questione, la evidenziata carenza di motivazione preclude a questa Corte la necessaria verifica sulla sussistenza delle condizioni per dare valido ingresso allo scrutinio di costituzionalità;

che, pertanto, la questione è da ritenere manifestamente inammissibile.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. da 1 a 9 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218 (Disposizioni in materia di accertamento con adesione e di conciliazione giudiziale), ed, in particolare, degli artt. 5, primo comma, lettera a, e 6, primo comma, sollevata con riferimento agli artt. 2, 23, 53 e 97 della Costituzione dalla Commissione tributaria provinciale di Como - sezione n. 1, con l'ordinanza di cui in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'11 luglio 2000.

Francesco GUIZZI, Presidente

Massimo VARI, Redattore

Depositata in cancelleria il 21 luglio 2000.