Ordinanza n. 315/2000

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ORDINANZA N. 315

ANNO 2000

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Prof. Cesare MIRABELLI, Presidente

- Prof. Francesco GUIZZI

- Prof. Fernando SANTOSUOSSO 

- Avv. Massimo VARI 

- Dott. Cesare RUPERTO 

- Dott. Riccardo CHIEPPA 

- Prof. Valerio ONIDA 

- Prof. Carlo MEZZANOTTE 

- Avv. Fernanda CONTRI

- Prof. Guido NEPPI MODONA 

- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI 

- Prof. Annibale MARINI 

- Dott. Franco BILE 

- Prof. Giovanni Maria FLICK 

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di ammissibilità del conflitto tra poteri dello Stato sorto a seguito della delibera della Camera dei deputati del 23 marzo 1999 relativa alla insindacabilità delle opinioni espresse dall’on. Vittorio Sgarbi nei confronti del dott. Giancarlo Caselli, promosso dalla Corte di appello di Roma, sezione IV penale, con ricorso depositato il 21 febbraio 2000 ed iscritto al n. 146 del registro ammissibilità conflitti.

Udito nella camera di consiglio del 24 maggio 2000 il Giudice relatore Cesare Mirabelli.

Ritenuto che con ordinanza del 25 ottobre 1999, depositata nella cancelleria della Corte il 21 febbraio 2000, la Corte d’appello di Roma, sezione IV penale, investita di un giudizio penale per il reato di diffamazione aggravata a carico del deputato Vittorio Sgarbi, ha sollevato conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti della Camera dei deputati in rela­zione alla delibera adottata dalla Assemblea nella seduta del 23 marzo 1999 (documento IV - quater, n. 65), la quale ha dichiarato che i fatti per i quali è in corso il procedimento penale concernono opinioni espresse nell’esercizio delle funzioni parlamentari, in quanto tali insindacabili (art.68, primo comma, della Costituzione);

che, ad avviso della Corte d’appello, non si ravviserebbe alcun collegamento funzionale tra le espressioni contestate come diffamatorie al deputato Sgarbi e la sua attività parlamentare; non sarebbe, difatti, riscontrabile alcuna connessione con atti tipici della funzione parlamentare, né risulterebbe possibile individuare nel comportamento, oggetto delle imputazioni penali, un qualche intento divulgativo di una scelta o di un'attività politico-parlamentare;

che la Corte d’appello ritiene pertanto che la deliberazione della Camera abbia inciso sulle attribuzioni dell’autorità giudiziaria.

Considerato che si deve, in questa fase, deliberare esclusivamente se il ricorso sia ammissibile, valutando, senza contraddittorio tra le parti, se sussistono i requisiti soggettivo ed oggettivo di un conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, impregiudicata ogni definitiva decisione anche in ordine all’ammissibilità (art. 37, terzo e quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87);

che, quanto al requisito soggettivo, la Corte d’appello di Roma è legittimata a sollevare il conflitto, essendo competente a dichiarare definitivamente, per il processo del quale è investita, la volontà del potere cui appartiene, in ragione dell’esercizio delle funzioni giurisdizionali svolte in posizione di indipendenza costituzionalmente garantita;

che, parimenti, la Camera dei deputati, che ha deliberato la dichiarazione di insindacabilità delle opinioni espresse da un proprio membro, è legittimata ad essere parte del conflitto, essendo competente a dichiarare definitivamente la volontà del potere che rappresenta;

che, per quanto attiene al profilo oggettivo del conflitto, la Corte d’appello di Roma denuncia la menomazione della propria sfera di attribuzione, garantita da norme costituzionali, in conseguenza della deliberazione della Camera dei deputati, denunciata come illegittima, che qualifica le opinioni espresse da un proprio membro come rientranti nell’esercizio delle funzioni parlamentari, sicché per esse opererebbe la garanzia di insindacabilità stabilita dall’art. 68, primo comma, della Costituzione;

che, pertanto, esiste la materia di un conflitto la cui risoluzione spetta alla competenza della Corte.

Per Questi Motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara ammissibile, ai sensi dell’art. 37 della legge 11 marzo 1953, n. 87, il conflitto di attribuzione proposto dalla Corte d’appello di Roma, sezione IV penale, nei confronti della Camera dei deputati con il ricorso indicato in epigrafe;

dispone:

a) che la cancelleria della Corte dia comunicazione della presente ordinanza alla Corte d’appello di Roma, sezione IV penale, ricorrente;

b) che il ricorso e la presente ordinanza siano, a cura del ricorrente, notificati alla Camera dei deputati entro il termine di sessanta giorni dalla comunicazione, per essere successivamente depositati, con la prova delle eseguite notificazioni, nella cancelleria della Corte entro il termine di venti giorni dalle notificazioni stesse (art. 26, terzo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale).

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'11 luglio 2000.

Cesare MIRABELLI, Presidente e Redattore

Depositata in cancelleria il 20 luglio 2000.